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Venerdì, 19 Aprile 2024
Ipotesi

Pensioni, giallo fitto: chi potrà lasciare il lavoro dal 1º gennaio 2024

Quota 41, quota 103, ape sociale, opzione donna. Tante voci, ma zero certezze. Lo stallo della riforma delle pensioni è ormai un dato di fatto e un'accelerata nei prossimi mesi è improbabile. Solo a metà ottobre si parlerà di soluzioni concrete

Pensioni, la riforma è ormai un giallo: da protagonista assoluta della campagna elettorale la scorsa estate, a fantasma che aleggia sui palazzi romani. Esiste in Italia una misura che concili buonsenso, reali esigenze dei lavoratori e sostenibilità finanziaria? Lo stallo della riforma delle pensioni è ormai un dato di fatto e pensare a un'accelerata nei prossimi mesi è un mero esercizio di fantasia al momento. In autunno, quando si dovranno mettere le basi della nuova legge di bilancio (la seconda del governo Meloni), se ne saprà senz'altro di più (lo vediamo più avanti). Perché per allora l'esecutivo dovrà per forza mettere nero su bianca le novità in vista del 2024. Mancano però cinque lunghi mesi.

Pensioni: cosa succederà l'anno prossimo

L'influente sottosegretario al Lavoro leghista Claudio Durigon ritiene realistica sì una Quota 41 per tutti, ma chissà quando: è un obiettivo di legislatura, non si farà nel 2024. Nel Def, che delinea i contorni, seppur ancora vagamente, della prossima manovra, di soldi stanziati per "superare la Fornero" non c'è quasi traccia. La Lega ha assicurato che non si accontenterà della proroga della quota 103, ma dal 31 dicembre prossimo viene ormai quasi naturale ipotizzare una proroga secca del meccanismo di flessibilità di quest'anno, magari con minimi correttivi ("miglioramenti" li definisce Durigon), oltre ad Ape sociale e il canale di uscita dal lavoro per i cosiddetti "precoci".

L'appello dei sindacati per impostare tutta la riforma su un'uscita flessibile dal lavoro dai 62 anni è caduto nel vuoto. E quota 41, la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, costerebbe circa 4 miliardi di euro, a salire anno dopo anno. Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha fatto capire chiaramente che non esiste riforma compatibile con la nostra situazione demografica. Non solo: per la manovra autunnale il governo non potrà contare su risorse infinite e le priorità sono già state individuate, e non riguardano le pensioni: rendere strutturale il taglio del cuneo, avviare la riforma fiscale magari insieme a una detassazione delle tredicesime e adottare misure in ottica natalità.

Se quota 41 è dunque lontanissima, su quota 103 c'è da lavorare: scade a fine anno, e il governo dovrà comunque individuare una soluzione, probabilmente “ponte”, per il 2024. Tra le varie ipotesi c'è quella di una proroga della stessa Quota 103, magari in una versione leggermente rivisitata. Non oltre la metà di ottobre si avranno prospettive più chiare. Il ministro del Lavoro Calderone spera di affrontare con i sindacati la questione già a luglio riaprendo il tavolo sulla previdenza fermo da febbraio. Staremo a vedere.

Opzione donna rischia grosso

Senza ulteriori fondi il governo non farà nulla nemmeno su opzione donna. Moltissime sono infatti le lavoratrici che speravano che l'esecutivo ripristinasse i vecchi requisiti dell'opzione al femminile. "Confesso di non essere un estimatore di opzione donna - dice Durigon - perché credo che un taglio del 30% dell’assegno per uscire a 58 anni non faccia impazzire. È vero che la nuova modalità prevista per quest’anno purtroppo ha avuto poche adesioni, però oggettivamente visto che siamo di fronte a una riforma strutturale credo che dovremo cercare di trovare qui una risposta al problema", ha spiegato di recente. Insomma, sembra al capolinea.

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In campagna elettorale il centrodestra aveva promesso la fine della riforma Fornero, ma con il nostro andamento demografico riscriverla peggiorerebbe ancora il quadro nell'immediato. Il presidente (in uscita) dell'Inps Pasquale Tridico "non ci sono le condizioni" per abolire o cambiare a fondo la legge ora in vigore. Le varie quote 100, 102, 103 "non sono la soluzione - diceva il mese scorso -  Le quote irrigidiscono ancora di più il sistema e appesantiscono i conti. Se vogliamo trovare soluzioni non alternative ma parallele, dobbiamo pensare all'Ape sociale, all’anticipazione per i lavori gravosi e usuranti". Non c'è alcuna chance di successo per un'ipotesi organica di pensionamenti anticipati con 62 anni, per intenderci. Invece pare esserci, da tempo, una condivisione di partenza sull'approccio che ipotizza dal 2024 un graduale allargamento del bacino dell'Ape sociale, modulandola in base alle risorse che saranno realmente disponibili.

Ape sociale: perché ci sarà ancora 

A questo punto, l'Ape sociale resta l'anticipo pensionistico che può essere la base vera, se non di una riforma, di un approccio meno rigido rispetto a quanto previsto dalla Fornero: consente il prepensionamento, senza alcun onere economico, a specifiche categorie di lavoratori che abbiano raggiunto una certa età anagrafica (più altri requisiti).  L'indennità nel periodo di riposo, prima di ottenere la pensione vera e propria, è un sussidio mensile erogato da parte dello Stato ed è destinato a soggetti - al momento basata su 63 o più anni di età in particolari condizioni di difficoltà, per esempio perché hanno svolto per anni lavori gravosi o perché assistono un coniuge con una disabilità o ancora perché si sono ritrovati disoccupati senza la possibilità di diventare a tutti gli effetti pensionati per motivi di età  - che hanno necessità di un aiuto economico prima di poter accedere alla pensione di anzianità. La misura dell'Ape sociale è stata introdotta nel 2017 e nel tempo potrebbe essere estesa a più lavoratori rispetto al passato. Siamo nel campo delle ipotesi. La realtà per ora è ben differente.

Chi può andare in pensione oggi in Italia

I due canali normali, "ordinari", per andare in pensione oggi come oggi, che molto probabilmente resteranno identici o quasi anche nel 2024, sono sempre quelli disciplinati dalla riforma Fornero, ovvero la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata (una volta si chiamava pensione di anzianità). La pensione di vecchiaia è usata soprattutto dalle donne perché ha come requisito per l'accesso un numero contenuto di contributi versati. Le donne in Italia spesso hanno carriere discontinue, causa maternità, precarietà, lavoro di cura. Lo svantaggio è però l'età di uscita più alta di tutti gli altri canali, che viene aggiornata "a salire" periodicamente.

Nel 2023 si va in pensione di vecchiaia con almeno 20 anni di contributi e 67 anni di età. Il requisito anagrafico resterà invariato fino al 31 dicembre 2024, per via della pandemia che ha aumentato la mortalità e resi nulli i due adeguamenti previsti per il primo gennaio 2021 e il primo gennaio 2023. Per raggiungere il requisito contributivo si valuta la contribuzione versata di qualsiasi tipo: da lavoro, riscatto, volontaria e figurativa. La pensione anticipata è il canale per lasciare il lavoro, e godersi la meritata pensione, di solito scelto dagli uomini e in linea di massima da quanti hanno una carriera lavorativa lunga, senza fare una professione usurante né gravosa. Il requisito - fermo fino al 2026 e poi adeguato alla speranza di vita - è di 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini, senza contare in alcun modo l'età anagrafica: ininfluente.

Pensioni: la verità su quota 41 per tutti e le opzioni per chi ha i requisiti di quota 103

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