Pensioni: la bella notizia sull'assegno per chi lascia il lavoro a 58 o 59 anni
Cosa cambia per quanto riguarda l'effetto penalizzazione legato all'anticipo vincolato al ricalcolo contributivo del trattamento mensile
Pensioni più povere alle donne. E un operaio ha un'aspettativa di vita di 5 anni inferiore a quella di un dirigente. Ma il rapporto annuale dell'Inps, presentato lo scorso mercoledì 13 settembre alla Camera dei deputati, non dice solo questo. C'è una bella notizia per alcune categorie di lavoratori che decidono di lasciare il lavoro in anticipo. Secondo il report dell'istituto nazionale di previdenza sociale, la via per rendere più flessibile in uscita il sistema pensionistico è quella degli anticipi vincolati al ricalcolo contributivo dell'assegno. Cosa significa? L'Inps fa riferimento a opzione donna, lo strumento che consente alle lavoratrici il pensionamento anticipato con appunto il ricalcolo del trattamento. Lo schema preso in considerazione nel dossier è quello in vigore nel 2022 (antecedente alla stretta scattata con l'ultima legge di bilancio). E vale a dire: 58 anni di età, o 59 per le lavoratrici autonome, e 35 di contributi.
Come si legge nel report, negli ultimi anni questo schema ha visto notevolmente ridursi l'effetto penalizzazione legato al ricalcolo contributivo sull'importo dell'assegno dal 23% del 2013 all'8% del 2022. Tradotto: andando in pensione prima del previsto sfruttando opzione donna, si perde meno sull'assegno mensile. Molto meno. Sempre secondo il documento, se questo regime dovesse essere confermato, la perdita dovuta al ricalcolo in prospettiva tenderà allo zero, "in quanto la quota retributiva derivante dai contributi antecedenti il 31 dicembre 1995 - data in cui si esaurisce il retributivo puro - perderà di peso". In realtà, spiega il Sole 24 ore, per le 174.535 lavoratrici che fino al 1° gennaio di quest'anno sono andate in pensione con opzione donna, l'assegno medio è risultato del 39,8% più basso rispetto alla media delle "anticipate" (1.171,19 euro contro 1.946,92 euro).
L'Inps, tuttavia, fa notare che questa differenza di importo è "in parte riconducibile al ricalcolo contributivo e in parte alla minore contribuzione rispetto alle anticipate, oltre al fatto che la propensione ad utilizzare l'opzione è maggiore tra le lavoratrici nelle classi di reddito più basse e quindi con minore contribuzione". Nel periodo compreso tra il 2013 e il 2022, "la perdita economica media stimata dovuta al solo ricalcolo contributivo è pari al 14,2% della pensione che sarebbe stata percepita se alla pensionata fosse stato applicato il regime (misto o retributivo) che le competeva". Questa penalizzazione, proseguono gli esperti Inps, è destinata ad azzerarsi.
"Rispetto ad altri strumenti per l'uscita anticipata, il ricalcolo contributivo del trattamento pensionistico meglio risponde ai requisiti di equità intergenerazionale e attuariale, e quindi di maggiore coerenza con le esigenze di sostenibilità del sistema", si legge sempre nel report. Nel complesso, l'Inps fotografa questo quadro: circa 16,1 milioni di pensionati e quasi 322 miliardi di spesa per 20,8 milioni di prestazioni con un divario marcato, pari al 36%, negli importi pensionistici tra uomini e donne. E c'è un avvertimento: l'istituto precisa che le regole attuali sull'accesso al pensionamento con il calcolo della pensione uguale per tutti penalizzano le classi meno abbienti, perché hanno una speranza di vita più bassa e favoriscono quelle con i redditi più alti.