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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Pensioni, tutto gira intorno a due ipotesi: Quota 41 o uscita a 62 anni

Il governo ha convocato i sindacati martedì. Il 2022 è tutto scritto, ma il futuro? Le ipotesi "grosse" si riducono a un paio, realisticamente: uscita dal lavoro a 62 anni con un taglio immediato quasi da contributivo dell'assegno (ma non una riduzione fino al 30 per cento come da alcune simulazioni). Oppure l'uscita dal lavoro per una lunga lista di mansioni a prescindere dall'età con almeno 41 anni di contributi

Pensioni, ora si fa sul serio. Il governo ha convocato i sindacati martedì sul tema delle pensioni. Lo ha detto il leader della Cgil, Maurizio Landini, in tv. "Noi abbiamo chiesto al Governo una serie d'incontri - ha spiegato - e siamo stati convocati martedì sulle pensioni. E' un punto importante, vedremo quale discussione si potrà fare. Allo stesso tempo c'è il problema del fisco, della lotta alla precarietà e di nuove politiche industriali e su questi temi misureremo il Governo". Il premier Mario Draghi incontra i leader di Cgil Cisl e Uil il 16 novembre alle 17.30 a palazzo Chigi per un confronto sulla riforma delle pensioni ma non è escluso un passaggio anche su altri temi della Manovra, come il fisco, riferiscono fonti sindacali.  Per il 2022 il destino delle pensioni sembra scritto, ma il confronto governo-parti sociali è solo all'inizio e i sindacati insistono su un'età precisa: 62 anni.

In pensione a 62 anni o Quota 41: i sindacati non mollano

"È dal giorno dell'insediamento del Governo Draghi che chiediamo di aprire un confronto sui temi previdenziali - dichiara Domenico Proietti, segretario confederale Uil. - Oggi il ministro del Lavoro dichiara la volontà di aprire tale confronto. La Uil pensa che ciò debba portare ad introdurre nella legge di Bilancio una flessibilità più diffusa di accesso alla pensione intorno a 62 anni, anche utilizzando le categorie dei lavori gravosi individuate dalla Commissione istituzionale. A riguardo occorre incrementare le risorse, diminuire da 36 a 30 gli anni di contribuzione per alcuni settori lavorativi. Contemporaneamente - continua Proietti - vanno mandati in pensione i lavoratori delle categorie gravose con 41 anni di contribuzione". L'opzione 41 per tutti costerebbe troppo alle casse pubbliche.

Le ipotesi "grosse" di fatto si riducono a un paio, realisticamente: uscita dal lavoro a 62 anni con un taglio quasi da contributivo dell’assegno (ma non sarebbe certo accettabile un taglio fino al 30 per cento come da alcune simulazioni, secondo le parti sociali). Oppure l'uscita dal lavoro per una  lista molto lunga di mansioni a prescindere dall’età con almeno 41 anni di contributi. 

I sindacati ieri hanno apprezzato la convocazione a palazzo Chigi, ma ovviamente non si accontentano della semplice apertura di un tavolo. Per loro Quota 102 è una beffa e chiedono di aumentare gli stanziamenti destinati alla previdenza ("troppo pochi i 600 milioni messi a bilancio"). Ma soprattutto riengono doverose garanzie concrete sull'effettivo allargamento della platea dei gravosi che dal 2022 potranno accedere all'Ape sociale. Rilanceranno le richieste contenute nella loro piattaforma puntando a modificare la legge Fornero ed a introdurre flessibilità in uscita a partire dai 62 anni (con qualche penalizzazione, ma non certo col ricalcolo contributivo secco), la possibilità di lasciare il lavoro dopo 41 anni a prescindere dall'età. Un piano ambizioso.

"Sarà un confronto importante e positivo – ha commentato il segretario generale Cisl, Luigi Sbarra – Sarà lungo perché la nostra piattaforma è articolata: si deve aprire questo cantiere di discussione per cambiare la legge Fornero".

Pensioni: cosa cambia davvero nel 2022

Le principali modifiche per il 2022 riguarderanno Quota 102, un ulteriore allargamento alle donne e a nuove mansioni gravose del perimetro dell’Anticipo pensionistico sociale (Ape sociale) e di quello per le uscite anticipate dei dipendenti delle Pmi, che al momento è limitato a quelle in crisi. Quota 102 dà la possibilità di uscire dal lavoro con almeno 64 anni d’età e 38 di contribuzione.

Opzione donna resta, confermatissima e in futuro potrebbe diventare strutturale. Sulla "salvaguardia pensionistica" delle lavoratrici ci sarebbe una maggioranza trasversale in Parlamento. Nel 2022 intanto non vedrà salire a 60 anni la soglia anagrafica d’accesso, a differenza di quanto era stato indicato nel testo d’ingresso del disegno di legge di bilancio a fine ottobre: sono tornati a 58 e 59 anni (per le lavoratrici autonome) anziché a 60-61.

La Lega punta forte sull’estensione a tutti i lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti del Fondo per le uscite anticipate, che però avrebbe una dotazione più bassa del previsto. Infine, ci potrebbe essere la proposta, sponsorizzata da Pd. Leu, M5S e sindacati, per introdurre una norma di principio per aprire la strada a una pensione di garanzia per i giovani.

Palazzo Chigi ha evitato di fissare una "Quota" per il 2023 nella transizione verso il ritorno alla legge Fornero. Si tratterà a lungo. Se è certo che dal 2023 si tornerà al percorso contributivo, per i giovani vorrà dire un assegno basso e ad un’età molto avanzata. Dal 2032 tutti i nuovi pensionati riceveranno assegni basati sul contributivo puro, ovvero prenderanno quanto avranno versato negli anni, avendo cominciato a lavorare dopo il 1996 cioè dall’entrata in vigore della riforma Dini. Si intende con metodo retributivo il calcolo dell’assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni, mentre con metodo contributivo si tiene in considerazione l’ammontare dei contributi effettivamente versati.

La riforma delle pensioni Fornero del 2011 ha predisposto numerose modifiche al sistema previdenziale italiano, segnando il passaggio definitivo dal metodo retributivo a quello contributivo. 

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