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Mercoledì, 17 Aprile 2024
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Pensioni beffa, il testo è scritto male: chi rischia di non lasciare il lavoro nel 2022

Regime agevolato per i lavoratori edili, che nel 2022 possono accedere all’Ape sociale una volta raggiunti i 63 anni di età e i 32 anni di anzianità contributiva: c'è un problema non da poco che sta facendo saltare i piani. Ma per il 2023 l'anticipo resta la strada maestra

Sembrava una buona notizia, una norma chiara. Regime agevolato per i lavoratori edili, che nel 2022 possono accedere all’Ape sociale una volta raggiunti i 63 anni di età anagrafica e i 32 anni di anzianità contributiva. E' quel che prevede la legge di Bilancio 2022, che rafforza, inoltre, l’istituto con l’aggiunta di 8 nuove categorie di lavori gravosi, rispetto alle 15 già esistenti. Una strategia definita: investire su strumenti già presenti, finalizzati a garantire soluzioni di flessibilità in uscita solo per determinate categorie di lavoratrici e lavoratori, ma ampliandone sempre più il campo d’azione.

Ape sociale edili 2022: che pasticcio

Un auspicio meritevole, mandare un po' prima in pensione ultra sessantenni che si ritrovano a dover lavorare ancora sulle impalcature e nei cantieri, mestieri ad alto rischio di infortuni, usura, malattia professionale, aspettativa di vita (più bassa di 6,8 anni), oltre che morti sul lavoro. Senza contare il nero diffuso. C'è un problema non da poco, che depotenzia sul nascere, in parte, la novità. La norma che riduce da 36 a 32 gli anni di contribuzione necessari agli edili per accedere all’Ape sociale a partire dai 63 anni di età è scritta in modo così confuso che l'Inps non ha trovato ancora la via per farla diventare una circolare applicativa. L'ostacolo è parso chiaro sin da subito, ma nessuno ha capito come aggirarlo: non ci sono indicazioni di codici Istat da abbinare alle mansioni edili gravose, come per tutte le altre categorie agevolate.

Sono inclusi tutti gli "operai edili come indicati nel contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle imprese edili". Non bene, perché se ci si basa sul contratto e non sulla professione, qualche muratore sarà incluso nell'Ape sociale, qualcun altro sarà escluso. Basti pensare ai coibentisti, ai ponteggiatori e altri operai specializzati, che spesso "sono border line, contrattualizzati come metalmeccanici e in quanto tali inclusi nella vecchia Ape sociale con 36 anni di contributi, ma esclusi in quella con 32 anni. Così a rischio c'è il 10% dei lavoratori edili" secondo le stime riportate da Repubblica.

Per gli edili raggiungere i 36 anni di contributi era spesso una missione ai limiti dell'impossibile, "scontare" 4 anni è una scelta importante, ma senza circolare non si va da nessuna parte.  A questo punto l'Inps è al bivio. O allarga il raggio di azione a tutte le figure che compaiono nel contratto nazionale degli edili (dentro c'è di tutto, dai fabbri ai cuochi ed educatori in alcuni casi). Oppure restringere all'ambito dell'edilizia escludendo coloro che hanno contratti diversi da quello edile (in alcuni casi i ponteggiatori sono assunti come metalmeccanici). Un bel pasticcio, non c'è che dire.

Nei cantieri si applicano contratti di tutti i tipi. L'Ape sociale non può diventare un mezzo che crea disparità tra lavoratori, magari addirittura mettendoli in competizione. "Una via c'era - evidenzia però Repubblica - estendere la categoria Istat 6.1 che include tutte le mansioni edilizie, a prescindere dal contratto applicato ai singoli lavoratori, come si è fatto in questi anni con l’Ape sociale standard. Quando invece la norma è spuntata nel maxiemendamento del governo al Senato conteneva i codici Istat per i ceramisti - anche questi agevolati con i 32 anni - non per gli edili. Non è ben chiara la ratio". L'impatto con questo groviglio rischia di essere molto modesto come numeri.

Ape sociale "per tutti" nel 2023

L'Ape sociale in ogni caso è arrivata per restare. Non c'è alcuna chance di successo per l’ipotesi di pensionamenti anticipati con 62 anni, se svincolati dal ricalcolo contributivo dell’assegno, che è contenuta nella piattaforma unitaria sulla previdenza consegnata tempo fa dai sindacati a palazzo Chigi in vista della riforma. Invece pare esserci una condivisione di partenza sull'approccio che ipotizza dal 2023 uscite anticipate totalmente contributive e sull’allargamento del bacino dell’Ape sociale. 

L'Ape sociale è un anticipo pensionistico che può essere la base vera della riforma: consente il prepensionamento, senza alcun onere economico, a specifiche categorie di lavoratori che abbiano raggiunto una certa età anagrafica (più altri requisiti).  L’indennità è erogata da parte dello Stato ed è destinata a soggetti - al momento basata su 63 o più anni di età in particolari condizioni di difficoltà, per esempio perché hanno svolto per anni lavori gravosi o perché assistono un coniuge con una disabilità o ancora perché si sono ritrovati disoccupati senza la possibilità di diventare a tutti gli effetti pensionati per motivi di età  - che hanno necessità di un aiuto economico prima di poter accedere alla pensione di anzianità. La misura dell’Ape sociale, introdotta nel 2017, con la manovra è stata prorogata anche al 2022. Dal 2023 potrebbe essere estesa a molti più lavoratori rispetto al passato, diventando di fatto l'architrave della riforma. A breve ne sapremo di più.

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