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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Pensioni con doppia quota: via dal lavoro a 63 anni dal 1º gennaio?

I principali partiti, in altre faccende affaccendati, e con altre emergenze da affrontare, hanno silenziosamente rimandato all'autunno ormai la decisione sul fronte pensionistico. C'è una sola ipotesi forte al momento per scongiurare il ritorno secco alla Fornero

La riforma delle pensioni è letteralmente sparita dal dibattito. I principali partiti, in altre faccende affaccendati, e con altre emergenze da affrontare, hanno silenziosamente rimandato all'autunno ormai la decisione sul fronte pensionistico. Decisione che non sarà semplice. Cosa accadrà dal 1 gennaio 2023 in poi? Senza nuovi interventi, alla scadenza di Quota 102, si torna integralmente alla Fornero con l’età per l’uscita dal lavoro a 67 anni. La pensione di vecchiaia (Legge Fornero) prevede il ritiro dal lavoro a 67 anni e un'anzianità contributiva minima di anni 20. Uno scalone difficilmente accettabile. Una soluzione sola si intravede, è il piano Tridico di cui si parla da un anno. Quota 41 per tutti, ovvero la pensione con 41 anni di contributi a qualsiasi età, non appare sostenibile per le casse dello Stato. Si torna così alle pensione "a due tempi", il piano Tridico.

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Solo a partire dal 2035 le pensioni saranno calcolate esclusivamente con il sistema contributivo. E quel modello prevede forme di flessibilità di uscita a partire da 64 anni con venti di versamenti contributivi e 2,8 volte l’assegno sociale. Prima si può imboccare la strada di una lunga e complessa fase di pensionamenti misti, una parte della pensione calcolata con il metodo retributivo e l’altra con il contributivo. Secondo Pasquale Tridico, 46 anni, professore di Economia a Roma Tre, presidente dell’Inps, è sostenibile l'ipotesi seguente:  possibilità di andare in pensione a 63/64 anni prendendo fino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia, cioè 67 anni, solo il rateo della pensione calcolata con il contributivo. Compiuti i 67 anni si prenderebbe anche l’altra parte calcolata con il retributivo.

Per Tridico "è una proposta di flessibilità, sostenibile finanziariamente e che lascia invariati i pilastri fondamentali del sistema contributivo. In sostanza si riceverebbe l’intera pensione in due tempi. Mi pare sia questo l’alveo entro il quale si possono fare proposte di flessibilità". In tal modo non si non ci saebbe flessibilità in uscita già a partire dai 62 anni (come vorrebbero alcuni grandi sindacati) e non ci sarebbe l'impatto sui conti pubblici di una misura come la Quota 41 che tanto piace alla Lega. La decisione spetta alla politica. La fragile maggioranza che sostiene il governo Draghi dovrà trovare un compromesso difficili, per di più con una campagna elettorale nazionale all'orizzonte nella quale il tema pensioni sarà come sempre al centro. 

Christopher Pissarides, premio Nobel dell’Economia nel 2010 grazie agli studi sul mercato del lavoro, di recente ha messo un macigno sopra le pensioni dai 62 anni di età. Ha detto quello che pensano in tanti: "Sessantadue anni è troppo presto adesso, che cosa fai dopo se vai in pensione a quell’età, magari cerchi un altro lavoro. Ormai si è in ottime condizioni di salute almeno fino a 70 anni. Si potrebbe pensare a un compromesso: dopo i 62 anni si dà la possibilità alle persone di ricevere una pensione parziale e di lavorare in modo flessibile, al massimo per quattro giorni la settimana". Ipotesi, difficile da trasformare in soluzioni strutturali.

La sensazione è che, proclami a parte, il piano Tridico è il più sostenibile: avrebbe un costo di poco superiore ai 400 milioni il primo anno, e consentirebbe l’anticipo a 63-64 anni della sola quota contributiva per poi recuperare la fetta retributiva al raggiungimento della soglia di vecchiaia. Una prima parte delle pensioni sarebbe liquidata subito, al raggiungimento dei 63-64 anni, ma a valere solo sui versamenti effettuati nel sistema contributivo. Cioè quelli maturati dal 1996 in poi. E una seconda parte della pensione al raggiungimento dei 67 anni, a valere sulla restante parte dei contributi versati prima del 1996, cioè nel sistema di calcolo retributivo. Conti alla mano, il vantaggio della proposta di riforma pensioni di Tridico è che lo Stato risparmierebbe più del 70% rispetto a quanto si è visto con quota 100.

Si potrebbe poi prevedere un anno in meno per ogni figlio per madri lavoratrici, oppure un aumento del coefficiente di trasformazione corrispondentemente e 1 anno in meno per ogni 10 anni di lavori usuranti/gravosi, oppure un aumento del coefficiente di trasformazione corrispondentemente (semplificando la certificazione). Si potrebbe poi perfezionare nei dettagli un sistema di finestre di uscita per i lavoratori fragili, facilitazioni per i disoccupati anziani, in situazione di particolare vulnerabilità; e lavori gravosi, ad esempio edili addetti a lavorazioni acrobatiche e ponteggi (dove alta è l'incidenza degli infortuni). La prima volta Tridico illustrò il suo piano nella primavera 2021 in un intervento al seminario 'Pensioni, 30 anni di riforme'. Dopo un anno e mezzo, altre alternative credibili non si intravedono.

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