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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Pensioni con due quote: cosa può cambiare dal 1º gennaio 2022

Tridico (Inps) insiste: "La mia proposta di pensione flessibile (e sostenibile) resta l'uscita a 63 anni col calcolo della sola quota contributiva con la restante quota retributiva che scatta a 67". Il rischio scalone dal 31 dicembre in poi non è stato ancora scongiurato

Pensioni: il rebus post-Quota 100 è ancora irrisolto. "Forme di flessibilità ne abbiamo diverse. La mia proposta di pensione flessibile (e sostenibile) resta l'uscita a 63 anni col calcolo della sola quota contributiva con la restante quota retributiva che scatta a 67. Poi vedo che lo studio appena concluso da parte della commissione istituita dal ministero del Lavoro, a cui anche l'Inps ha fornito un importante contributo, va nella giusta direzione ed approfondisce il tema delle categorie gravose a cui estendere l'Ape sociale". Ad affermarlo, in un'intervista a 'La Stampa', è oggi il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico. Non una novità assoluta, come vedremo. I sindacati da tempo chiedono flessibilità a partire dai 62 anni. A questa età una persona dovrebbe poter decidere di andare in pensione a prescindere dai contributi. Ma lo stesso dovrebbe succedere quando un lavoratore arriva a 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, secondo le principali sigle. Il confronto sulle pensioni tra governo, parti sociali e Inps è in stallo: la riforma delle pensioni è un vero rebus al momento. Secondo i sindacati la pensione a 62 anni andrebbe accompagnata da un rafforzamento degli strumenti esistenti per agevolare alcune categorie di lavoratori, in primis Ape sociale (rafforzata) e Opzione donna, magari introducendone ad hoc per determinate mansioni.

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Pensione in due quote: retributiva e contributiva

Una ipotesi di riforma del sistema pensionistico che vada incontro al problema di assegni destinati a diventare sempre più bassi potrebbe essere quella di una divisione della quota pensione in due quote: retributiva e contributiva. Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico lo ribadisce da mesi. La prima volta illustrò il suo piano in primavera in un intervento al seminario 'Pensioni, 30 anni di riforme'. L'ipotesi prevede un anticipo pensionistico solo per la parte contributiva: 62/63 anni e 20 anni di contributi. Il resto (la quota retributiva) lo si ottiene a 67 anni. In pratica si potrebbe prevedere, parola di Tridico, "1 anno in meno per ogni figlio per madri lavoratrici, oppure aumento del coefficiente di trasformazione corrispondentemente e 1 anno in meno per ogni 10 anni di lavori usuranti/gravosi, oppure aumento del coefficiente di trasformazione corrispondentemente (semplificando la certificazione)". Inoltre il "blocco delle aspettative di vita per coorti".

L'Ape sociale diventa "super" per andare in pensione prima?

L'anticipo pensionistico per la parte contributiva si potrebbe quindi dare a 62-63 anni mentre il resto (la quota retributiva) la si otterrebbe solo anni dopo, a 67 anni.  Tridico quindi punta in sintesi su finestre di uscita per i lavoratori fragili, facilitazioni per i disoccupati anziani, in situazione di particolare vulnerabilità; e lavori gravosi, ad esempio edili addetti a lavorazioni acrobatiche e ponteggi (dove alta è l'incidenza degli infortuni). Tra i capitoli di una riforma di lungo periodo,invece, la pensione di garanzia per i giovani, l'incremento della flessibilità strutturale in uscita e gli incentivi per la formazione (riscatto pieno/gratuito per la laurea).

Cosa succede dopo Quota 100: rischio scalone

Il 31 dicembre scade Quota 100. Non è chiaro cosa succederà quando non saranno più ammessi i pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Non è nota la strategia del governo Draghi sul tema pensioni. Il tavolo con le parti sociali annunciato dal ministro Orlando è stato interlocutorio. Il rischio scalone c'è ed è concreto. Lo scalone comporterebbe un aumento dei requisiti per il pensionamento di ben sei anni nella notte fra il 31 dicembre 2021 e il 1 gennaio 2022, come quello introdotto nel 2011 dal governo Monti. Ma al momento non vi è una emergenza economica paragonabile a quella del 2011 per giustificare in qualche modo una disparità di trattamento immediata e pesante.

Da un giorno all'altro, dalla notte alla mattina (letteralmente) il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età. Impensabile che il governo non faccia qualcosa. Si andrebbe altrimenti verso scenari molto complessi. Dal 31 dicembre 2021, senza un’eventuale armonizzazione, per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento. Ecco un caso limite: Mario e Giovanni hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo nel gennaio del 1960. Mario andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Giovanni dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029. Tale scalone andrebbe persino oltre quello della vecchia riforma Maroni (legge 243/2004), quando fu introdotta una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre del 2007 e chi lo avrebbe fatto il primo gennaio del 2008.

Da inizio anno a oggi, sono stati 9 mesi di tante proposte messe sul tavolo da esperti, parti sociali, partiti politici e chi più ne ha più ne metta per riformare le pensioni. Un rebus quasi insolubile finora. Da Quota 41 (pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età) a Quota 102 (63 anni di età e 39 di contributi oppure 64 anni di età e 38 di contributi), si è detto di tutto. Tuttavia sono misure costosissime sulla carta. Alcuni hanno calcolato addirittura mezzo punto di Pil all’anno. Si va verso scenari più fragmentati, ed è per questo che la ricetta di Tridico torna d'attualità.

Bonomi (Confindustria): "Quota 100 un furto"

Quota 100 è stata "un furto ai danni dei soggetti fragili del nostro welfare squilibrato e può e deve davvero bastare così". E' il giudizio del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che dal palco dell'assemblea annuale aggiungendo che "l'intervento sulla previdenza non può risolversi in una quota 100 travestita, applicata magari ai 63enni invece che ai 62enni".

"Se volete un confronto su agevolazioni per i soli lavori usuranti, parliamone pure - ha detto - ma usuranti davvero, non l'ennesima salvaguardia dopo la raffica adottata in questi ultimi anni, che nulla aveva più a che fare né con gli esodati della Fornero né con lavori realmente usuranti. Quel che sembra a noi è che gli oneri del sistema contributivo andrebbero riorientati finalmente al sostegno e all'inclusività delle vittime ricorrenti delle crisi italiane: cioè giovani, donne e lavoratori a tempo, invece che essere bruciati sull'altare del fine elettoralistico di prepensionare chi un lavoro ce l'ha", conclude Bonomi.

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