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Giovedì, 25 Aprile 2024
Triste bilancio

Effetto Covid sulle pensioni: nel 2020 l'Inps ha risparmiato un miliardo

L'eccesso di mortalità causato dal virus ha falcidiato gli assegni nel 2020, ma il trend andrà avanti: il risparmio nel prossimo decennio potrebbe sfiorare i 12 miliardi di euro

Il triste bilancio della pandemia si ripercuote anche sulle casse dell'Inps che, proprio a causa dell'eccesso di mortalità provocato dal Covid, ha risparmiato nel 2020 oltre un miliardo di euro. Un trend che dovrebbe continuare anche nel futuro: nel prossimo decennio il risparmio potrebbe sfiorare i 12 miliardi di euro.

Pensioni, l'effetto Covid per l'Inps

A confermarlo sono i dati contenuti nel Nono Rapporto sul Bilancio del sistema previdenziale italiano di Itinerari Previdenziali: all'1/1/2021 risultavano in pagamento presso l'Inps 423.009 prestazioni previdenziali con durata quarantennale, erogate cioè a persone andate in pensione nel lontano 1980 o ancora prima; l'anno precedente erano 502.327. Il decremento è del 16%, pari a 79.318 prestazioni eliminate, molte delle quali a causa del nuovo coronavirus, i cui esiti si sono manifestati più severamente nei confronti degli over 65.

Come evidenzia il Rapporto, il 96,3% dell'eccesso di mortalità registrato nel 2020 ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate e che percepivano in media circa 1,17 pensioni Ivs (invalidità, vecchiaia, superstite -non disponibili i dati sulle prestazioni assistenziali eliminate).

Considerando per compensazione l'erogazione delle nuove reversibilità, la pubblicazione quantifica dunque in 1,11 miliardi di euro il risparmio, tristemente prodotto nel 2020 da Sars-CoV-2 a favore delle casse Inps, e in circa 11,9 miliardi la minor spesa nel decennio (2020-2029).

Il sistema soffre ma "regge"

Secondo il Nono Rapporto del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, la pandemia ha interrotto il trend di miglioramento di alcuni fondamentali indicatori di tenuta del sistema previdenziale: per la prima volta in 20 anni peggiora il rapporto attivi/pensionati, che nel 2020 scende a quota 1,4238. Nel complesso, però, il sistema italiano regge il confronto con Covid-19, con buone prospettive di ''recupero'' già nel breve termine.

Il Rapporto evidenzia anche che nel 2020 aumentano, seppur di poco, i pensionati, che salgono fino a 16.041.202 unità; si riducono di 537mila unità gli occupati, portando dal 59,1% del 2019 al 58,1% del 2020 il tasso di occupazione totale; cala di riflesso, e principalmente proprio per effetto dell'emergenza sanitaria, il rapporto tra occupati e pensionati, che si ferma a 1,4238, registrando un ribasso di quasi 2,4 punti percentuali (-2,33%) rispetto alla precedente rilevazione.

Numeri, quelli presentati questa mattina in diretta streaming dalla Sala ''Caduti di Nassirya'' del Senato della Repubblica, "che scattano una fotografia fortemente condizionata dal costo della pandemia in termini sia di risorse sia di vite umane", sottolineano gli esperti di Itinerari Previdenziali.

Dopo un trend positivo avviatosi nel 2009 e proseguito in modo costante fino al 2018 per effetto delle ultime riforme previdenziali, che hanno innalzato gradualmente requisiti anagrafici e contributivi, il numero di pensionati si mostra di nuovo in risalita: erano infatti 16.035.165 nel 2019, e diventano 16.041.202 nel 2020 (+6.037 unità). Un incremento comunque inferiore a quanto ci si aspettasse a seguito dell'entrata in vigore di Quota 100 e della conferma di altri provvedimenti finalizzati all'anticipo pensionistico (Ape sociale, Opzione Donna), e in parte motivabile con la contestuale e numericamente significativa cancellazione di molte prestazioni a lunga decorrenza.

Nel 2020 il numero degli occupati scende dai 23.376.000 del 2019 ai 22.839.000 del 2019, con una diminuzione del tasso di occupazione totale di un punto percentuale (dal 59,1% al 58,1%). Si riducono anche il tasso di occupazione femminile, dal 50,1% al 49%, e quello degli over 55, che cala al 54,2%, mentre aumenta significativamente - a causa di lockdown e misure di contenimento dei contagi - il ricorso alla Cassa Integrazione e ad altri ammortizzatori sociali in costanza o in assenza del rapporto di lavoro.

Tra Cig, Naspi e altre misure a supporto dei lavoratori e delle loro famiglie, l'ammontare complessivo degli interventi di sostegno al reddito è stato di poco inferiore ai 42 miliardi: basti pensare, sempre con riferimento al 2020, che i beneficiari di Naspi sono stati circa 3.200.000 per una spesa complessiva di 16,7 miliardi tra prestazioni e contributi figurativi (erano 15 i miliardi spesi l'anno precedente), mentre i beneficiari della Cig nelle sue varie forme sono passati dai circa 600mila del 2019 ai 7 milioni - la gran parte con causale Covid-19 - del 2020, per una spesa totale tra trattamenti e contributivi figurativi pari a 17 miliardi e 500 milioni di euro.

Il costo "insostenibile" dell'assistenza

"Sempre più insostenibile" il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale, che sale a 144,748 miliardi di euro. Rispetto al 2012 l'aumento sul 2020 è di 55,76 miliardi (+62,6%); era comunque già pari a 25,5 miliardi (+29%) nel 2019. Dal 2008 l'incremento strutturale è stato di oltre 41 miliardi, con un tasso di crescita annuo oltre il 4% e di 3 volte superiore all'incremento della spesa per pensioni. Nel complesso, nel 2020 l'Italia ha destinato alle prestazioni sociali (pensioni, sanità e assistenza) 510,258 miliardi, quasi 22 in più del 2019 (+4,5%): l'incidenza della spesa per welfare sulla spesa totale scende però dal 56% al 54%. Un calo imputabile all'enorme aumento delle risorse destinate, a causa dell'emergenza sanitaria, agli interventi a sostegno dell'economia.

Trascurando le pensioni, sostenute da contributi di scopo, per finanziare i 123,474 miliardi della spesa sanitaria, i 144,758 di spesa assistenziale e gli 11,3 di welfare degli enti locali, sono occorse nel 2020 pressoché tutte le imposte dirette: la pandemia aggrava così una tendenza a generare nuovo debito che, già negli scorsi anni, penalizzava gli investimenti a favore di produttività e sviluppo del Paese, aggiunge il Rapporto.

Assistenza, il "tallone d'Achille" del sistema

Al di là degli scossoni provocati dal Covid-19, è l'assistenza il vero "tallone d'Achille della spesa per protezione sociale italiana". Il documento individua alcuni strumenti attraverso cui intervenire efficacemente a sostegno del nostro welfare state. "Innanzitutto, appare necessaria la realizzazione di una banca dati dell'assistenza accompagnata - ha sottolineato il presidente di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla presentando il Rapporto- e la realizzazione definitiva dell'anagrafe generale dei lavoratori attivi, indispensabili anche per favorire l'attuazione di politiche attive: è la Tav del lavoro e, senza questa infrastruttura, le Regioni avranno difficoltà a operare".

"In assenza di serie politiche attive per il lavoro e di strumenti di collocamento, come insegna la lunga storia italiana, le decontribuzioni - per il Sud, per le nuove assunzioni, per gli apprendisti, e così via - non producono risultati, favorendo incrementi dell'occupazione che si spengono alla fine delle agevolazioni. Sarebbe semmai preferibile una politica attiva basata anche sul credito d'imposta, che premia i lavoratori e le imprese dinamiche e non le attivita` di mera sussistenza e assistite, come già sperimentato con successo in passato", aggiunge Brambilla.

Quanto invece alla previdenza in senso stretto, non pare esserci motivo di dubitare della sostenibilità delle pensioni italiane, a patto di lavorare negli anni a venire su una revisione del sistema equa, stabile e soprattutto duratura. "Di recente - chiosa Brambilla- la discussione politica si è concentrata quasi esclusivamente sulle formule per accedere con anticipo al pensionamento".

"Con il risultato -aggiunge Brambilla- di introdurre sì flessibilità nella fin troppo rigida legge Monti-Fornero, ma anche di vanificare tra una salvaguardia vera e propria e una ''camuffata'' (dall'Ape sociale a Opzione Donna, passando per la stessa Quota 100) buona parte di quei risparmi che la riforma mirava a ottenere, tutelando ora quella e ora l'altra categoria senza un disegno preciso alle spalle". "È allora giunto il momento di darsi regole certe per almeno i prossimi 10 anni" auspica il presidente di Itinerari Previdenziale indicando come: "1) limitando le anticipazioni a pochi ma efficaci strumenti, come fondi esubero, isopensione e contratti di solidarietà, 2) premiando l'anzianità contributiva (da sganciare dall'aspettativa di vita) e 3) soprattutto equiparando le regole di pensionamento dei cosiddetti contributivi puri a quelle degli altri lavoratori".

"Non si possono infatti più trascurare le ingiuste regole che non garantiscono a quanti hanno iniziato a lavorare nel gennaio 1996 né l'integrazione al trattamento minimo, a sua volta da commisurare all'anzianità contributiva, né la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia anticipata in assenza di una rendita pari ad almeno 2,8 l'importo dell'assegno sociale. Stiamo parlando di circa 1.300 euro, davvero difficili da maturare in un contesto lavorativo come quello attuale", conclude.

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