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Giovedì, 18 Aprile 2024
Futuro incerto

In pensione a 71 anni

Tra Quota 100 che scade e il possibile aumento dell'età pensionabile a 67 anni, nel "calderone" previdenziale c'è anche il problema delle nuove generazioni alle prese con un sistema in precario equilibrio e con un assegno futuro che potrebbe essere irrisorio. La provocazione di Cottarelli: "In Giappone vanno a 71 anni"

L'Italia non è un Paese per giovani, ormai è un dato di fatto. Se sul fronte lavorativo la situazione rimane stagnante, con una disoccupazione giovanile che era ai primi posti in Europa anche prima della pandemia, il futuro rimane ancora più incerto, soprattutto se si tira in ballo l'ostico tema delle pensioni. 

Addio Quota 100 e futuro incerto

Il dibattito sulla riforma previdenziale rimane fitto, ma ad oggi soltanto una cosa è certa: il 31 dicembre 2021 scadrà Quota 100, il sistema che permetteva di uscire dal lavoro con 62 anni d’età e 38 di contributi. Senza altre ''Quote'' e in assenza di nuovi sistemi, saremo costretti ad assistere al cosiddetto ''scalone'', ossia il repentino ritorno ai requisiti di pensionamento previsti dalla Riforma ''lacrime e sangue'' della Fornero. In questo scenario, ancora ovviamente ipotetico, dal 1° gennaio 2022 si andrà in pensione soltanto a partire dai 67 anni di età, con un ''salto'' di 4-5  anni per chi invece avrebbe maturato i requisiti per usufruire di Quota 100. Per molti lavoratori si andrebbe così a materializzare un vero e proprio incubo. Inoltre, considerando che la media europea è di circa 64 anni e 4 mesi per gli uomini e di 63 anni e 4 mesi per le donne, i cittadini italiani si ritroverebbero ad uscire da lavoro molto in ritardo rispetto ai coetanei oltre confine.

Un problema che però non riguarda soltanto gli attuali lavoratori, ma si abbatte, di riflesso, anche sui giovani e su chi si è affacciato sul mondo del lavoro dopo il 1995. L'Italia è uno dei Paesi europei caratterizzati dal fenomeno dei cervelli in fuga, con la disoccupazione giovanile che sfiora il 30% con punte che al Sud arrivano al 58% e la prospettiva di una pensione che, se mai ci sarà, sarà minima. Infatti, per chi avrà iniziato a lavorare a partire dal 1996, l'assegno pensionistico verrà calcolato soltanto con il metodo contributivo. In parole povere, l'importo sarà calcolato soltanto in base ai contributi versati, dando luogo ad una pesante penalizzazione rispetto al calcolo misto.

Aumentare l'età pensionabile?

L'età pensionabile aumenta di pari passo con l'aumentare dell'aspettativa di vita, ma anche questo continuo avanzare rischia di incidere, e non poco, sulla situazione attuale e futura delle nuove generazioni. Pensare ad un ulteriore aumento è possibile? A rilanciare l'idea, scatenando il dibattito, è stato l'economista Carlo Cottarelli, che su Twitter ha ricordato come in Giappone l'età pensionabile sia  71 anni per gli uomini e 69 per le donne, aggiungendo: ''Ricordiamocelo quando discuteremo l’uscita da Quota 100. Pensiamo ai nostri giovani''.

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Tralasciando le differenze economiche e demografiche tra Italia e Giappone, le parole dell'ex direttore del Fondo monetario internazionale hanno scatenato il putiferio, proprio perché a scriverle è stato un professionista andato in pensione a soli 59 anni e con un assegno da favola, come ammesso da lui stesso in un'intervista rilasciata nel 2014 al quotidiano Il Tempo.

Ma al di là delle polemiche, il pensiero di Cottarelli potrebbe anche essere condivisibile, almeno in linea teorica. Di fatto però si tratta di una strada che si allontana dalla realtà e dal trend seguito dagli altri Paesi europei. Cosa potrebbe succedere con un nuovo aumento dell'età pensionabile? Cosa succederà dopo Quota 100? Chi pagherà le pensioni dei giovani? Ne abbiamo parlato con Ezio Cigna, Responsabile dell'Ufficio Previdenza della Cgil: ''Sapevamo che Quota 100 sarebbe stato un sistema di cui avrebbero potuto beneficiare soltanto alcune persone, ma adesso serve una riforma strutturata che pensi al futuro. Una delle pecche che ci portiamo dietro della Fornero è proprio una riforma pensata per fare cassa dall'oggi al domani, senza pensare agli strumenti necessari per tenere in piedi tutto l'impianto negli anni successivi''.

Una pensione di garanzia per i giovani

I giovani al giorno d'oggi sono alle prese con lavoro precario, contratti discontinui e altre forme di collaborazione non continuativa, tutti fattori che rendono difficile costruire una ''vita'' contributiva. Per questo, come spiegato a Today da Cigna, serve un sistema che tenga conto anche dei periodi di ''buco'': ''Nella nostra piattaforma sulle pensioni abbiamo immaginato, oltre all'uscita a 62 anni o con 41 anni di contributi (senza limiti di età ndr.), anche all'introduzione di una pensione di garanzia per i più giovani e per chi svolge lavori poveri e discontinui. Al momento il sistema si tiene in equilibrio con chi lavora che paga gli assegni di chi è in pensione, ma senza un patto intergenerazionale tutto il sistema rischia di essere minato. C'è il rischio che versando i contributi non si arrivi a produrre l'assegno minimo. Se invece tra un lavoro e l'altro mi occupo di formazione o politiche attive, alla fine delle vita lavorativa queste attività possono essere considerate per riempire quei ''buchi'' e ricevere l'integrazione''.

Un'idea che fa parte di un progetto più ampio che la Cgil, insieme alle altre sigle sindacali, sta cercando di proporre al Governo, al momento con scarsi risultati: ''Dobbiamo tenere conto che l'impianto previdenziale sul quale abbiamo fondato il nostro welfare è da riformare, partendo dai giovani e passando per le donne, fino ai lavori gravosi. Con il precedente Governo era stato instaurato un dialogo, ma con quello attuale non c'è neanche il tavolo per mettersi a parlare. Il ministro del Lavoro ci ha convocato il 27 luglio scorso: quel giorno c'è stato un semplice incontro interlocutorio in cui si è impegnato a fare una verifica complessiva con il resto dell'esecutivo. Ma da quel giorno è calato il silenzio. Esistono solo due Commissioni attualmente al lavoro, una sui lavori gravosi e l'altra sulla divisione della spesa pensionistica, ma si tratta di tavoli tecnici, mentre noi chiediamo un incontro politico sui temi previdenziali, visto che andiamo verso la prossima Legge di Bilancio''.

''Arrivare alla scadenza di Quota 100 senza un'alternativa sarebbe un errore – conclude il Responsabile dell'Ufficio Previdenza della Cgil – e una grande responsabilità nei confronti del Paese. Sarebbe una sconfitta per tutti e vorrebbe dire consegnare il tema delle pensioni alla campagna elettorale per le politiche del prossimo anno, con il pericolo che venga utilizzato soltanto per sposare voti. Bisogna capire che la previdenza è un tema che la buona politica deve affrontare senza scorciatoie e la nostra preoccupazione è che in questa fase così cruciale il Governo non colga l'occasione''.

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