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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il cantiere previdenziale

Pensioni: perché il problema di Draghi si chiama Salvini

Nel recovery plan sparisce ogni riferimento alla fine di Quota 100 e il segretario della Lega alza di nuovo l'asticella puntando ad intestarsi la nuova riforma. Il tema per ora non rientra tra le priorità dell'esecutivo, ma i nodi sono destinati a venire al pettine

Da una parte Lega e sindacati, dall’altra, in ordine sparso, gli altri partiti di maggioranza. E infine, a tracciare la rotta, il presidente del consiglio Mario Draghi a cui spetterà il difficile compito di provare a mettere insieme posizioni diverse, a prima vista inconciliabili. Sulle pensioni la maggioranza rischia di finire in pezzi. Matteo Salvini è stato chiaro: "Per me quota cento va potenziata, il nostro obiettivo finale è che dopo 41 anni di lavoro, poter scegliere di andare in pensione deve essere un diritto". Di più: "La Lega si opporrà in ogni maniera all'innalzamento dell'età pensionabile e a nuove tasse" ha fatto sapere il segretario della Lega lanciando il guanto di sfida agli altri partiti della coalizione e allo stesso premier. Il tema è divisivo. Nelle ultime settimane, la maggioranza è stata impegnata nella stesura del recovery plan e dunque giocoforza il destino di Quota 100 è finito in secondo piano. Ma i nodi sono destinati a venire al pettine.

Proprio quanto successo con il piano nazionale di ripresa e resilienza è indicativo. Il riferimento alla riforma imminente presente nella prima bozza  ("la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti") è infatti sparito nella versione finale che il presidente del consiglio ha presentato alle Camere. Perché? Di sicuro per Mario Draghi sarà difficile mettere d’accordo tutti, ma anche la posizione di Salvini è delicata. Sul tema il leader della Lega si è esposto molto (e non da oggi) e corre il rischio di doversi rimangiare le promesse fatte ai suoi elettori. Certo è che Salvini punta ad intestarsi la riforma che verrà, ma a quale costo? 

Pensioni, le ipotesi sul dopo Quota 100

Iniziamo col dire che la riforma proposta dalla Lega (quota 41 a prescindere dall’età) ha un costo che supera quello dell’attuale Quota 100. E dunque resterà quasi certamente un miraggio. In realtà lo stesso Carroccio negli ultimi giorni ha un po’ messo le mani avanti facendo capire di non aspettarsi miracoli, l’obiettivo minimo resta invece quello di evitare un innalzamento dell’età rispetto al sistema attuale. Per il M5S sarà cruciale "garantire una maggiore flessibilità in uscita per i lavoratori e istituire una pensione di garanzia per i giovani", mentre il Pd spinge soprattutto per abbassare l’età pensionistica alle categorie usuranti. Una proposta c’è già e e prevede una riduzione degli anni di contribuzione tenendo conto delle difficoltà del mercato del lavoro e consentendo di uscire a 62 anni con 30 anni di contributi. L’ipotesi più battuta resta Quota 102. Con questa riforma si potrebbe andare in pensione a 64 anni di età anagrafica (indicizzata alla aspettativa di vita) con un minimo di 38 anni di contributi di cui non più di 2 anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari). Ma ad oggi né Salvini né i ministri del Carroccio hanno dato segnali di voler ragionare su questa ipotesi. Mentre però la Lega non rinuncia a fare la voce grossa con gli alleati, la posizione degli altri partiti della coalizione è piuttosto defilata. E ad oggi non si capisce in che modo il premier possa riuscire a tenere tutto insieme. 

La proposta di Tridico, uno scivolo a 62-63 anni per le categorie fragili

Intanto ieri il presidente dell’INPS Pasquale Tridico,  intervenendo al Festival del lavoro dei consulenti del lavoro, ha riproposto l'idea del doppio binario. L'ipotesi formulata prevede un anticipo pensionistico solo per la parte contributiva: 62/63 anni di età e 20 anni di contributi. Il resto (la quota retributiva) lo si ottiene a 67 anni. Tridico ha parlato anche di "una misura per uno scivolo a 62-63 anni per i fragili, per gli immunodepressi, per gli oncologici, per i quali stiamo già prevedendo delle misure". 

"Si permetterebbe a 62-63 anni di uscire dal lavoro con la parte contributiva mentre quella retributiva si otterrebbe al raggiungimento dei 67 anni" ha chiarito il presidente dell'Inps. Una simile ipotesi secondo Tridico "garantirebbe il principio della sostenibilità dei conti e si potrebbe legare anche a idee di permanenza sul lavoro a orario ridotto visto che il ministro Orlando ha parlato di staffetta generazionale". Quanto a Quota 100 "è stata un'opzione, anche se rigida, per l'accesso alla pensione che per 286mila persone ha trovato soddisfazione. Io non sono d'accordo con il dibattito che dice che a fine quota 100 avremo uno scalone perchè quota 100 ha costituito già esso stesso uno scalino. Non abbiamo uno scalone. Abbiamo già diversi elementi insieme a quota 100, con i precoci ad esempio. Su quella via dovremo continuare a investire individuando una platea di soggetti fragili".

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