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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Pensioni con Quota 41 "per tutti": l'ipotesi prende corpo, cosa cambia

Con Quota 100 ormai quasi ai saluti, è tempo di pensare a che cosa succederà l'anno prossimo, a partire da gennaio. Il cerchio si stringe, è ora di passare dai mesi e mesi di ipotesi e indiscrezioni ai fatti, o quantomeno a un cronoprogramma credibile per evitare lo scalone di 5 anni. Orlando: "A breve avremo tutti gli elementi"

Pensioni, con Quota 100 ormai quasi ai saluti, è tempo di pensare a che cosa succederà l'anno prossimo, a partire da gennaio. Il cerchio si stringe, è ora di passare dai mesi e mesi di ipotesi e indiscrezioni ai fatti, o quantomeno a un cronoprogramma credibile.

Pensioni dopo Quota 100: nei prossimi giorni tutto sarà più chiaro

All'esito "dell'imprescindibile" lavoro di "approfondimento" delle commissioni riattivate presso il ministero del Lavoro, nel "mese di maggio", "avremo gli elementi per valutare correttamente il peso e la composizione della spesa pensionistica e assistenziale, presente e futura, quindi, anche la questione che riguarda le future generazioni, e per supportare congruamente le politiche pubbliche di sicurezza sociale". A quel punto si potrà "avviare un confronto con le parti sociali, con gli altri ministeri interessati e in sede collegiale di Governo, al fine di individuare i percorsi più adeguati e con principi di condivisione per intervenire sul sistema pensionistico". Lo ha detto il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, rispondendo ad una interrogazione, durante il question time alla Camera, sulle iniziative che intende mettere in campo il governo in materia di accesso alla pensione allo scadere di 'Quota 100'.

"Oggi, dopo aver impostato il lavoro su riforma degli ammortizzatori e sulle politiche attive per il lavoro, possiamo dire che ci sono quindi le condizioni per aprire un confronto sul tema della previdenza - ha aggiunto Orlando - Credo che le proposte di intervento che saranno prossimamente individuate e condivise non possano essere più di carattere sperimentale e transitorio, ma dovranno essere orientate, in termini di sostenibilità ed equità e di una prospettiva di lungo periodo. Dovranno avere carattere strutturale".

"Il governo non ha idea di cosa accadrà dopo Quota 100"

"Il 31 dicembre scade Quota 100, che prevede di andare in pensione a 62 anni con una contribuzione minima di 38 anni - ricordano  i deputati di Fratelli d'Italia Carmela Ella Bucalo e Walter Rizzetto - La questione delle pensioni è annosa soprattutto per le giovani generazioni sottoposte al sistema contributivo, laddove i contributi spesso non sono versati in maniera regolare a causa dei cambi di impiego. In vista di questa imminente scadenza, il governo non ha alcuna idea di quale sarà il prossimo sistema pensionistico italiano. Fratelli d'Italia sta lavorando in commissione Lavoro per estendere Opzione Donna e per un'Ape sociale che possa essere strutturale nel tempo. Dopo 41 anni di lavoro e di contributi, un cittadino ha diritto di andare in pensione. Questo esecutivo ha poche idee e anche confuse. La maggioranza non riesce a trovare una quadra sulle pensioni in un momento in cui gli italiani hanno bisogno di risposte concrete nell'immediato".

In realtà sul rinnovo di Opzione Donna e Ape sociale non sembrano esserci ostacoli di sorta. Le ipotesi per le pensioni dal 2022 sono tante: Quota 102, Quota 92 (a fronte di un ricalcolo interamente contributivo della pensione), Quota 41, la flessibilità dai 62 anni di età chiesta dai sindacati. Senza contare il potenziamento del contratto di espansione che, di fatto, consente mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia o anticipata.

Pensioni con scivolo di 5 anni per dipendenti pubblici e privati

C’è anche la proposta avanzata dal Ministro Brunetta che riguarda fondamentalmente i dipendenti della pubblica amministrazione, lo scivolo di 5 anni. Si tratterebbe di permettere ai dipendenti pubblici di accedere alla pensione a 62 anni con possibili penalizzazione sull’assegno (calcolo interamente contributivo?) che dovrebbe in qualche modo andare a ricalcare l’isopensione, oggi consentita ai soli dipendenti del settore privato, essendo l’anticipo interamente a carico del datore di lavoro. Inserendo le penalizzazioni, in ogni caso, si pensa che a pagare l’anticipo potrebbe essere il dipendente stesso ed in questo modo non ricadrebbero sulle casse dello Stato.

E poi c'è il potenziamento del contratto di espansione che, di fatto, consentirebbe di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia o anticipata. Già introdotto dal Decreto Crescita nel 2019 ma solo per aziende di grandi dimensioni (oltre 1.000 lavoratori, e con un anticipo di soli due anni), l’ultima manovra ne ha ampliato la platea coinvolgendo anche le medie imprese (organico di almeno 250 lavoratori). Ora con il Decreto Sostegni bis arrivea un ulteriore step abbassando la soglia per l’accesso ai contratti di espansione a 100 dipendenti e ampliando ancora la platea di possibili beneficiari di circa 15 mila aziende e circa 27 mila dipendenti nel 2021 (altrettanti nel 2022). Il contratto di espansione dà la possibilità di ridurre l’orario di lavoro, opzione della quale potranno beneficiare i dipendenti privi dei requisiti per  accedere allo scivolo: per loro una speciale cassa integrazione a costo zero per l’azienda con riduzione massima dell’orario pari al 30%. Secondo i sindacati la proposta è eccessivamente costosa. Staremo a vedere.

"Il Dl Sostegni bis va nella direzione giusta e da noi auspicata perchè contiene misure specifiche per il lavoro, dal contratto di ricollocazione, a quelli di solidarietà e di espansione. Si tratta di un intervento strutturale, di dimensioni e qualità eccezionali per far fronte all'emergenza e preparare una solida ripartenza"  dichiara Romina Mura (Pd), presidente della Commissione Lavoro della Camera. "Nel decreto - conclude Mura - entrano misure specifiche per i settori del commercio e del turismo, e va evidenziato il contratto di espansione per imprese fino a 100 dipendenti. Uno strumento nato per le grandi imprese che volevano avviare processi di reindustrializzazione e di riorganizzazione per andare nella direzione dello sviluppo tecnologico".

Pensioni: che cos'è lo scivolo con il contratto di espansione

Spieghiamo che cos'è il contratto di espansione: consente di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia ma anche anticipata. Serve un accordo da siglare presso il Ministero del Lavoro tra azienda e sindacati, che deve contenere anche un certo numero di nuove assunzioni e deve essere finalizzato alla reindustrializzazione e riorganizzazione in ottica di sviluppo tecnologico dell’attività. L’obiettivo è quello di favorire la ristrutturazione delle imprese in crisi e il ricambio generazionale.

Il meccanismo funziona in questo modo: il lavoratore che si trova a meno di cinque anni dalla pensione chiude il rapporto con l'azienda e riceve in cambio la cosiddetta indennità di accompagnamento alla pensione. Ovvero una somma che gli viene corrisposta per tredici mensilità all'anno fino al compimento dei 67 anni e alla maturazione dei requisiti per lasciare il lavoro e maturare la pensione. A pagare sarà l'Inps ma a fornire i soldi sarà l'azienda di provenienza con cadenza mensile e garantita da una fidejussione. Non la cosa più semplice del mondo, sia chiaro. Ma un chiaro vantaggio per l'azienda è che dalla cifra versata al lavoratore viene sottratta la Naspi che gli dovrebbe essere corrisposta in caso di perdita del posto. Così un lavoratore che guadagna 36mila euro l'anno costerebbe all'azienda 100mila euro in cinque anni. Per il lavoratore c'è invece anche la possibilità di trovare un altro lavoro. 

Pensioni, le poche certezze su cosa accadrà nel 2022

Ipotesi, come detto. Per ora nulla più. Se il 31 dicembre "scade" Quota 100, che consente di anticipare la pensione a 62 anni di età con 38 di contributi fino al 31 dicembre 2021, dal primo gennaio si tornerebbe alle regole di prima e quindi allo "scalone" di cinque anni di età. Di colpo il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età. Lo scalone è un problema vero, da affrontare quanto prima. Facciamo un esempio lampante. Alla fine del 2021, senza un’eventuale armonizzazione, per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque anni dei requisiti di pensionamento. Un intervento è quindi essenziale

Facciamo un esempio: Ivano e Giuseppe hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo nel gennaio del 1960. Ivano andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Giuseppe dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029. Insomma così non va, è evidente. Uno scalone del genere andrebbe persino oltre quello della vecchia riforma Maroni (legge 243/2004), quando fu introdotta una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre del 2007 e chi lo avrebbe fatto il primo gennaio del 2008. All'epoca per evitare che a circa 130mila lavoratori venisse impedito di andare in pensione subito si fece la riforma Damiano, con un aumento della spesa pensionistica spaventosa, circa 65 miliardi, in un decennio.

La sintesi si può trovare intorno a Quota 41?

Per adesso resta sullo sfondo Quota 41, che è comunque l’ipotesi più apprezzata dalle parti sociali, che prevederebbe la possibilità di pensionamento una volta raggiunti i 41 anni di contributi, per tutti i tipi di lavori. Piace poco ai lavoratori l'idea (che al momento resta tale, con qualsiasi "Quota") di un ricalcolo basato sulla proporzione tra coefficiente della pensione a 67 anni e coefficiente di uscita a 63 o 64 anni. Con coinvolgimento degli anni di versamento contributivo precedenti al 1996 e alla Riforma Dini. Cosa che avrebbe importanti benefici sulle casse Inps, e pochi invece per chi dopo aver lavorato tanti anni avrebbe diritto a godersi la pensione per cui ha versato per decenni i contributi.

Mario Draghi sa bene che il tema pensioni è una priorità già nel primo giro di consultazioni che lo avevano poi portato a sciogliere la riserva il premier aveva indicato una prima tappa sicura nella rotta da seguire: il superamento di Quota 100, come aveva rivelato il capogruppo del Carroccio a Montecitorio, Riccardo Molinari. Il tema è quindi aperamente in cima all'agenda di Draghi e in autunno sarà obbligatorio trovare una quadra tra la variegata maggioranza di governo e le parti sociali. Semplificare la matassa pensioni è un'impresa complessa, e proprio in un'ottica di semplificazione si torna spesso anche in questi giorni a parlare di Quota 41, in un modo o nell'altro. Quota 41 "per tutti" è di fatto la proposta fortemente voluta dai sindacati. "Bene la proposta della piattaforma sindacale per quota 41 per non tornare alla legge Fornero" ha ribadito da tempo il Sottosegretario all’Economia, Claudio Durigon (Lega). "Anche noi pensavamo a Quota 41, non posso che essere d’accordo con la proposta dei sindacati per non tornare alla legge Fornero" sottolinea il sottosegretario leghista, spiegando che "Quota 100 nasceva come una norma per la flessibilità in uscita che ha bloccato l’aspettativa di vita prevista dalla legge Fornero". Adesso "aspettiamo il tavolo convocato dal ministro del Lavoro Orlando e le proposte che arriveranno", afferma Durigon. "Se vogliamo uscire dalla crisi innescata dal Covid serve una riforma strutturale con una visione pensionistica. La crisi - conclude - farà parecchi licenziamenti quindi saranno necessari strumenti di flessibilità in uscita".

La Quota 41 proposta prevede la pensione anticipata con 41 anni di contributi senza un requisito anagrafico. Accompagnata da strumenti che consentano una certa flessibilità può essere la chiave di volta. Attenzione. Per qualcuno Quota 41 esiste già. Dopo anni di discussione e lotte sindacali per re-introdurre un tetto massimo contributivo di 41 anni per uomini e donne, ovvero la cosiddetta Quota 41, l’articolo 1 co. 199 della Legge di Bilancio 2017 ha dato il via libera per questo tipo di intervento che concede particolari agevolazioni in termini di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro almeno in favore di categorie di lavoratori che abbiano condizioni lavorative ed economiche particolarmente disagiate. Il pianp sarebbe quello di allargare la platea.

I punti fermi dei sindacati: Quota 41 o flessibilità dai 62 anni

Pasquale Tridico, il "capo" dell'Inps, a proposito dello spostamento dal 2022 dell'uscita da 62 a 67 anni, osservava la scorsa settimana che "non è corretto portare sempre il discorso sullo scalone. Dopo Quota 100 non c'è la fine del mondo, ci sono diverse misure di flessibilità da ampliare: l'Ape sociale, i precoci, gli usuranti". Il presidente Tridico in pratica, come vi abbiamo già raccontato, ha in tasca una proposta che ha una sua logica. Uno spunto messo sul tavolo del lungo dibattito che ci si appresta a iniziare. La proposta di Tridico è quella di andare in pensione dai 62-63 anni solo con la quota che si è maturata dal punto di vista contributivo. Il lavoratore uscirebbe dunque con l'assegno calcolato con il contributivo e aspetterebbe i 67 anni per ottenere l'altra quota, che è quella retributiva. Parallelamente sarebbero confermati o introdotti in caso di necessità strumenti ad hoc per tutelare i fragili, come gli oncologici e gli immunodepressi, che nella fase post Covid devono poter andare in pensione prima".

I sindacati ritengono un punto fermo di un'eventuale riforma delle pensioni la possibiità di andare in pensione a 62 anni a prescindere dai contributi. Ma le sigle sindacali ritengono che anche quando un lavoratore arriva a 41 anni di contributi, a prescindere dall'età, debba avere la possibilità di andare in pensione. La proposta dei sindacati di fatto è quasi esclusivamente incentrata sulla flessibilità. Ma "se pagassimo subito tutta la pensione, indipendentemente dai contributi, a 62-63 anni, verrebbe meno la sostenibilità finanziaria - avverte Tridico - La mia è una proposta aperta ad altri innesti, che il ministro Orlando sta valutando, come la staffetta generazionale o le uscite parziali con il part-time. Ma non possiamo tornare indietro rispetto al modello contributivo. Il sistema previdenziale italiano è stato scolpito da due grandi riforme: la Dini del '95 e la Fornero nel 2011. È quello il nostro impianto ed è proprio qui dentro che dobbiamo incrementare i livelli di flessibilità, tenendo presente che abbiamo bisogno di equità e sostenibilità".

Tante voci, tante idee. Ora serve la sintesi.

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