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Giovedì, 25 Aprile 2024
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In pensione con Quota 97 e Ape Sociale "super": le ipotesi per il dopo Quota 100 nel 2022

Quota 100 è sul rettilineo finale. Nonostante le boutade da campagna elettorale, non è mai stata presa in considerazione dal governo una sua permanenza. Si potrebbe rafforzare l'Ape Sociale e c'è chi ipotizza una Quota 97 con penalizzazioni

Pensioni, Quota 100 è sul rettilineo finale. Nonostante le boutade da campagna elettorale ("Il rinnovo di quota 100 costerebbe un decimo del rinnovo del reddito di cittadinanza", ha detto ieri Matteo Salvini) non è mai stata presa in considerazione dal governo una sua permanenza. Secondo l’Ocse, l'Italia dovrebbe "contenere la spesa pensionistica lasciando scadere il regime di pensionamento anticipato (Quota 100) e la cosiddetta Opzione Donna nel dicembre 2021, e ristabilire immediatamente la correlazione tra età pensionabile e speranza di vita". Se Quota 100 fosse adottata in modo permanente, la spesa per le pensioni porterebbe a bruciare 11 punti di pil tra il 2020 e il 2045. Insostenibile. Cosa succederà dunque? 

Riforma pensioni, ora il tempo stringe 

"Quella delle pensioni è una discussione che non si può più rinviare, dopo quota 100 è necessario adottare uno strumento adeguato perché lasciare lo schema troppo rigido, senza nessun tipo di intervento, rischia di penalizzare le donne e tutti quei lavoratori impegnati in lavori che ancora oggi non sono considerati gravosi". E' quanto ha affermato Giovanni Sgambati, segretario generale della Uil Campania, durante il dibattito 'E dopo quota 100', tenutosi a Salerno, alla presenza di Domenico Proietti, segretario confederale della Uil nazionale e Gerardo Pirone, segretario della Uil di Salerno. "Un patto con il governo è fondamentale - ha continuato Sgambati - ma non potrà fare a meno degli interventi necessari in ambito fiscale, che pur abbiamo chiesto; così come andrebbe attuata una richiesta che facciamo da anni, quella di una separazione dei conti della previdenza da quelli relativi all'assistenza".

Pensioni: il rischio scalone dal 1 gennaio 2022

Sul fronte pensioni il rischio scalone c'è ancora ed è concreto. Lo scalone comporterebbe un aumento dei requisiti per il pensionamento di ben sei anni nella notte fra il 31 dicembre 2021 e il 1 gennaio 2022, come quello introdotto nel 2011 dal governo Monti. Ma al momento non vi è una emergenza economica paragonabile a quella del 2011 per giustificare in qualche modo una disparità di trattamento immediata e pesante. Impensabile che dall'alba del 1 gennaio 2022 il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età, senza altri "scivoli" o agevolazioni ad ampio raggio. 

Dal 31 dicembre 2021, senza un’eventuale armonizzazione, per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento. Ecco un caso limite: Mario e Giovanni hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo nel gennaio del 1960. Mario andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Giovanni dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029. Tale scalone andrebbe persino oltre quello della vecchia riforma Maroni (legge 243/2004), quando fu introdotta una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre del 2007 e chi lo avrebbe fatto il primo gennaio del 2008.

Come superare Quota 100 dunque? L'economista Giulio Sapelli, intervistato dal Giornale, non pensa che l'Ape Social rafforzata possa essere una soluzione vera: "Si tratta di un’altra pezza. Noi dobbiamo fare una riforma complessiva del sistema". E aggiunge: "La storia ci ha insegnato che i provvedimenti fatti all’ultimo momento sono dannosi". Per sostituire Quota 100, il governo concederà probabilmente l'uscita anticipata a chi svolge un lavoro usurante. Per Sapelli "l'istituto Mondiale di Medicina del Lavoro ha fatto una lista di quelli che sono i cosiddetti lavori usuranti. Ormai c’è una pubblicistica mondiale, non dobbiamo inventarci niente. Bisognerebbe che il governo consultasse la lista senza metterci del suo".

Quota 97 per le pensioni

In pensione dal 2022 con una sorta di Quota 97? Una nuova proposta di riforma presentata alla Camera da Forza Italia a firma della ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Prevede l’uscita anticipata a 62 anni di età con 35 anni di contributi, ma con penalizzazioni pesanti sull'assegno, fino ad arrivare alla pensione di vecchiaia. In pratica dai 62 ai 66 anni (l’età per la pensione di vecchiaia è fissata oggi a 67 anni) si può andare in pensione a patto che si abbiano almeno 35 anni di contributi, ma a ogni anno di anticipo corrisponde una penalizzazione sull’assegno a carico dunque del lavoratore. Penalizzazione che potrebbe andare dal 2 per cento al 10 per cento, a seconda di quanti siani gli anni di anticipo: 

  • del 10% per l’uscita a 62 anni (Quota 97);
  • dell’8% per la pensione a 63 anni;
  • del 6% per l’uscita a 64 anni;
  • del 4% per chi esce a 65 anni;
  • del 2% per la pensione a 66 anni.

Un'ipotesi di corto respiro, va detto. Ma è da sottolineare come qualsiasi ipotesi di riforma delle pensioni che introduca una flessibilità a partire dai 62 anni - chiesta da più parti - comporterà probabilmente un ricalcolo dell'assegno.

Si potrà andare in pensione a 62-63 anni?

In pensione a 63 anni ma prendendo meno soldi

Altro spunto concreto è quello che arriva dagli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti, in vista del superamento di Quota 100. Esiste "un modo per riconciliare una maggiore flessibilità nell'età di pensionamento con la sostenibilità del sistema: si può andare in pensione quando si vuole, a partire da 63 anni, ma accettando una riduzione attuariale, che oggi si applica alla sola quota contributiva, sull'intero importo della pensione, cosi come proposto dall'Inps 6 anni fa", ragionano i due esperti. Oggi questo "significherebbe - spiegano gli economisti - una riduzione media di un punto e mezzo per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione offerta da quota 100; in futuro ancora meno dato che le generazioni che andranno in pensione nei prossimi anni avranno una quota contributiva più alta su cui la riduzione è già comunque applicata in caso di pensione anticipata".

"Non è mai una buona idea - spiegano Boeri e Perotti - cambiare radicalmente le regole del sistema pensionistico all'ultimo momento, perché chi è vicino alla pensione si vede stravolgere i programmi di una vita e non ha tempo per porvi rimedio. Eppure anche questa volta si arriva all'ultimo minuto a decidere che fare di 'Quota 100', cioè i pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d'età e 38 di contributi".

L'idea lanciata da Boeri e Perotti punterebbe a "ridurre le disparità di trattamento fra le pensioni contributive e le pensioni 'miste0, perché permetterebbe anche ai titolari di quest'ultime di andare in pensione prima, purché abbiano almeno 20 anni di contributi e una pensione superiore ad una soglia minima (attualmente circa 1.450 euro al mese) per non rischiare di finire in condizioni di indigenza, soprattutto quando incoraggiati fortemente dall'impresa a lasciare". La soglia a 1.450 euro "è nettamente al di sopra della soglia di povertà Istat. Si potrebbe abbassarla a mille euro, circa 2 volte la pensione minima, rendendo più ampia la platea potenzialmente interessata alla pensione anticipata". Il piano Boeri-Perotti è sensato perché non aumenterebbe il cammino del debito pubblico e i costi aggiuntivi dal 2022 in poi sarebbero pressoché interamente compensati da importi pensionistici leggermente più bassi. In sintesi: non ci sarebbero esodati dato che la possibilità di andare in pensione anticipatamente rimane, bensì con una leggera riduzione degli importi.

In pensione prima con la "super" Ape sociale

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