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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Pensioni: tutte le ipotesi per lasciare il lavoro con la riforma

Adesso ci sono 12 mesi di Quota 102, Ape sociale rafforzata, proroga di Opzione donna e taglio dei contributi per edili e ceramisti: sono queste in sintesi le principali novità in materia di pensioni. Ma poi nel 2023?

Per il dopo Quota 100 ci sono 12 mesi di Quota 102, l'Ape sociale rafforzata, la proroga di Opzione donna e il taglio dei contributi per edili e ceramisti: sono queste in sintesi le principali novità in materia di pensioni per l'anno nuovo che sta per iniziare. La vera riforma è tutta da scrivere.

Verso la riforma delle pensioni

Ma il futuro delle pensioni come sarà? La strada verso la riforma delle pensioni che dovrebbe scattare nel 2023 è appena iniziata. Cgil, Cisl e Uil chiedono di superare la legge Fornero con la possibilità di pensionamento anticipato a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi a qualsiasi età. Ma in tal caso ci sarebbero penalizzazioni e il calcolo dell’assegno di pensione sarebbe interamente contributivo.

I paletti di Draghi e Orlando non possono che essere flessibilità in cambio del ricalcolo contributivo: pensione in base a quanto si è versato dunque. Si intende con metodo retributivo il calcolo dell’assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni, mentre con metodo contributivo si tiene in considerazione l’ammontare dei contributi effettivamente versati. Il problema è che con il ricalcolo contributivo l'assegno per molti lavoratori con carriere discontinue, periodi di cassa integrazione, precariato, basso salario è destinato a essere al limite della soglia di povertà. I sindacati chiedono anche una pensione di garanzia che permetta ai giovani con importanti buchi contributivi di avere pensioni dignitose, equità per i lavori gravosi e le donne. Tanta carne al fuoco: il tempo per organizzare una riforma vera che superi la Fornero c'è. Si preannunciano mesi di duro confronto.

Pensioni con 64+20, l'ipotesi del Tesoro

I tecnici del Mef, come indicato nel dossier finale della Commissione tecnica sulla riforma previdenziale, hanno inserito tra le varie ipotesi la possibilità di accesso alla pensione, calcolata con metodo contributivo, con almeno 64 anni d’età e (almeno) 20 di contribuzione. Una via d’uscita già prevista dalla legge Fornero ma soltanto per i lavoratori totalmente "contributivi", ovvero le persone che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995

Quota 104 e 62+25

Altra ipotesi allo studio è quella con la quale verrebbe stabilita una soglia anagrafica minima a 62 anni, accompagnata da un requisito contributivo più alto. Non più 20 anni di contributi versati dal lavoratore ma 25. La Lega aveva poi ipotizzato una Quota 104, ossia l’uscita anticipata con almeno 63 anni d’età e 41 di contributi. Piano che si avvicina anche alla proposta dei sindacati di una Quota 41 che prevede l’uscita del lavoratore dal mercato con 41 anni di contributi senza alcun vincolo anagrafico.

Ipotesi Tridico: anticipo pensione tra 62 e 64 anni

C’è poi la proposta messa sul tavolo da sei mesi almeno dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Prevede l’anticipo della pensione tra i 62 e 64 anni d’età della sola quota contributiva dell’assegno. Mentre la restante parte dell’assegno, calcolato con sistema retributivo, verrà dato al lavoratore al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 67 anni. Il tutto con almeno 20 anni di contributi versati. L’ipotesi sarebbe per il presidente dell'Inps "sostenibile" dal punto di vista finanziario con un aggravio di circa 2,5 miliardi per i primi 3 anni e risparmi a partire dal 2028.

Sul tavolo c'è anche il meccanismo simile di Opzione Tutti. Prevederebbe la pensione (relativamente) quando si vuole, ma finché non si raggiunge l’età della legge Fornero si prende soltanto quanto versato. Il prodotto è un ricalcolo della somma mensile per quanti sono nel sistema misto e hanno meno di diciotto anni lavorati prima del 31 dicembre 1995. Il meccanismo è lo stesso di Opzione Donna: uscita a 58-59 anni ma con un terzo in meno dell’assegno. Ad esempio, chi esce con 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995 avrà quindi una pensione pari a 674 euro mensili invece degli 870 che gli spetterebbero. Con un 40% di riduzione sulla quota retributiva e un 22,6% sulla pensione totale. Chi ha dieci anni di contributi avrebbe in teoria diritto a un assegno di 846 euro e invece ne riceverebbe 731, perdendone 115 (al mese, non pochi). Infine, chi ha cinque anni di contributi prima del 1995 dovrebbe ricevere 803 euro ma invece ne porterà a casa 748, con un taglio all'incirca del 7%.

Dal 2023 di fatto il rischio di un ritorno della legge Fornero con la pensione a 67 anni è reale. Serve un intervento. Sullo sfondo, resta il vero punto critico di tutta la faccenda. Una riforma previdenziale tutta basata solo sui contributi versati (addio retributivo) produrrebbe un taglio dell'assegno importante e, secondo i sindacati, iniquo. E' importante realizzare un sistema previdenziale più flessibile che consenta alle persone di accedere in anticipo alla pensione rispetto ai 67 anni attualmente previsti, ma senza imporre condizioni vessatorie.

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