rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Si tratta

In pensione a 62 anni? Chi lascerà il lavoro dal 1º gennaio 2023

Lunedì è il giorno della verifica politica per la riforma. Quello delle pensioni è il primo grande scoglio del governo Draghi nel 2022. Si incontrano i ministri Orlando e Franco e i leader di Cgil, Cisl e Uil. Cosa può cambiare davvero

Lunedì 7 febbraio è il giorno chiave. Per la riforma delle pensioni si incontreranno i ministri Andrea Orlando e Daniele Franco e i leader di Cgil, Cisl e Uil. I sindacati hanno rilanciato la loro proposta, da cui non si smuobono, ovvero la possibilità di andare in pensione già a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Lo scoglio è sempre la "data di uscita" dal lavoro. Il governo non appare propenso a discostarsi troppo dalla soglia anagrafica minima dei 64 anni fissata dalla legge Fornero per i lavoratori totalmente contributivi e dalla stessa Quota 102 (insieme a 38 anni di versamenti) introdotta per il solo 2022 dall’ultima legge di bilancio. In alto mare i nuovi meccanismi di adeguamento all’aspettativa di vita, a cominciare dai trattamenti dei lavoratori impegnati in mansioni gravose, e la revisione dei coefficienti di trasformazione. Insomma, la riforma entra nel vivo. Lunedì è il giorno della verifica politica.

La flessibilità in uscita

Il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, spiega che il sindacato ha ribadito le richieste "sulla flessibilità in uscita, augurandoci risposte adeguate da parte del governo, e sulla previdenza complementare, su cui abbiamo registrato la disponibilità dell’esecutivo". Per Ghiselli la strada da percorrere è quella di "una riforma strutturale del sistema". Dopo aver affrontato i temi relativi a donne, pensione di garanzia per i giovani e previdenza complementare, ieri il discorso si è concentrato sul tema più caldo: la flessibilità in uscita. Il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga, chiede di elininare "le soglie economiche che condizionano l`accesso alla pensione e di dare stabilità delle regole confermando la richiesta di consentire il pensionamento a partire dai 62 anni di età e anche in presenza di 41 anni di contributi a prescindere da qualsiasi requisito anagrafico". Insomma, 62 anni come limite intorno al quale ruota tutta la riforma. 

L’obiettivo è quello di definire le linee guida dei nuovi interventi sulla previdenza, da far scattare nel 2023, in tempo utile per il Def di aprile. Per il governo Draghi è il primo vero nodo, sul quale la maggioranza è chiamata a trovare una sintesi non semplice. L'esecutivo Draghi è disponibile a individuare soluzione condivise. Ma considera quella del contributivo per tutti la via maestra da seguire, soprattutto nel caso dei trattamenti anticipati, e non appare disposto a far lievitare ulteriormente la spesa pensionistica.

Sullo sfondo c'è l'inflazione galoppante. Con l'inflazione al 4,8% torna di attualità la rivendicazione che arriva "da sinistra" di una nuova scala mobile, secondo cui salari e pensioni dovrebbero salire automaticamente con l'aumento del costo della vita. Dal 1945 al 1992 era previsto per legge.

Pensioni: chi ci può andare nel 2022

Il 31 dicembre è finita dopo tre anni di sperimentazione Quota 100 dopo tre anni, si passa a Quota 102 per chi somma 64 anni di età e 38 di contributi. Ma Quota 102 è roba "per pochi". Al massimo 16.800 lavoratori. Le prime uscite per Quota 102 saranno a maggio ed agosto, per via delle finestre di legge di tre e sei mesi previste per dipendenti privati e pubblici che raggiungono i requisiti. Opzione Donna è stata super confermata. Si tratta di una opzione che permette l'uscita anticipata alle lavoratrici dipendenti e autonome che hanno compiuto 58 o 59 anni, rispettivamente, nel 2021 e possono contare su 35 anni di contributi. Le finestre sono molto lunghe, 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e ben 18 mesi per le autonome: le donne, nate entro il 1963 o 1962, lasceranno il lavoro tra la fine di quest’anno e il prossimo. La platea interessata è di 17 mila donne.

L'Ape sociale è stata confermata per il 2022 e allargata a più mansioni gravose: da 15 a 23 categorie. Poco pià di 20mila gli "apisti" quest'anno. Calano da 36 a 32 anni i contributi richiesti a edili e ceramisti per poter richiedere l’Ape e uscire così dal lavoro a 63 anni.

Per chi invece accede al pensionamento con la legge Fornero nessun cambiamento è atteso per il 2022, né nelle modalità di accesso né nel sistema di calcolo applicato per l’assegno previdenziale. Quest'anno tra Quota 102, Opzione Donna e Ape sociale allargata, i lavoratori in potenziale uscita anticipata nel 2022 saranno 55mila circa.

Pensioni: chi ci potrà andare nel 2023?

I sindacati non si smuovono, da mesi, dalla flessibilità in uscita per tutti a partire dai 62 anni di età o 41 anni di contributi. I paletti di Draghi (ma presumibilmente di chiunque sarà premier) sono anticipi pensionistici in cambio del ricalcolo contributivo: pensione in base a quanto si è versato dunque. Il problema è che con il ricalcolo contributivo l'assegno per molti lavoratori con carriere discontinue, periodi di cassa integrazione, precariato, basso salario è destinato a essere al limite della soglia di povertà. I sindacati chiedono anche una pensione di garanzia che permetta ai giovani con importanti buchi contributivi di avere pensioni dignitose, equità per i lavori gravosi e le donne. Tanta carne al fuoco: il tempo per organizzare una riforma vera che superi la Fornero c'è. Si preannunciano mesi di duro confronto.

Va chiarito un punto: qualsiasi riforma sarà solo e soltanto nel solco del sistema contributivo: si intende con metodo retributivo il calcolo dell’assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni, mentre con metodo contributivo si tiene in considerazione l’ammontare dei contributi effettivamente versati. Le stime più pessimistiche riportano che per il 60% di chi è entrato nel mondo del lavoro a metà degli anni ‘90, l’importo sarà sotto la soglia di povertà considerando anche che non è prevista un’integrazione al minimo. La riforma delle pensioni Fornero del 2011-2012 ha già predisposto numerose modifiche al sistema previdenziale italiano, segnando il passaggio definitivo dal metodo retributivo a quello contributivo.

La Fornero, porta con sé  – dal punto di vista del metodo di calcolo – l’estensione del sistema contributivo (che basa l’importo sui contributi versati durante l’intera carriera lavorativa) anche a coloro che, avendo maturato a dicembre 1995 almeno 18 anni di contributi, potevano usufruire del più favorevole regime retributivo (che collega l’importo all’ammontare degli ultimi salari percepiti). Questi cambiamenti strutturali, dal retributivo al contributivo, hanno comportato una consistente diminuzione del rapporto tra l’importo della pensione e l’ultimo reddito da lavoro percepito (il cosiddetto tasso di sostituzione) rispetto a quello fino ad allora corrisposto dal regime retributivo.

Ape Sociale e piano Tridico

Per il 2023 nessuna realistica possibilità di successo per l’ipotesi di pensionamenti anticipati con 62 anni, svincolati dal ricalcolo contributivo dell’assegno, che è contenuta nella piattaforma unitaria sulla previdenza consegnata dai sindacati a Palazzo Chigi. Invece ci sarà una condivisione di partenza sull'approccio che ipotizza dal 2023 uscite anticipate totalmente contributive e sull’allargamento del bacino dell’Ape sociale. Un segnale di questo tipo è arrivato con l’ok del governo all'emendamento alla manovra che fa scendere da 36 a 32 anni la soglia contributiva per l’accesso all’Ape sociale dei lavoratori edili e inserisce i ceramisti tra le mansioni usuranti per le quali è possibile utilizzare l’Anticipo pensionistico.

L'anticipo pensionistice "Ape Sociale" è una possibile trave portante della riforma. Non dispiace a nessuno: oggi consente il prepensionamento, senza alcun onere economico, a specifiche categorie di lavoratori che abbiano raggiunto una certa età anagrafica (più altri requisiti).  L'Ape sociale, dove Ape sta per anticipo pensionistico, è un’indennità erogata da parte dello Stato destinata a soggetti - al momento basata su 63 o più anni di età in particolari condizioni di difficoltà, per esempio perché hanno svolto per anni lavori gravosi o perché assistono un coniuge con una disabilità o ancora perché si sono ritrovati disoccupati senza la possibilità di diventare a tutti gli effetti pensionati per motivi di età  - che hanno necessità di un aiuto economico prima di poter accedere alla pensione di anzianità.  La misura dell’Ape sociale, introdotta nel 2017, con la manovra è stata prorogata anche al 2022. Dal 2023 potrebbe essere estesa a molti più lavoratori.

Ci sono anche tante altre voci e indiscrezioni. Per la riforma previdenziale il presidente dell'Inps Tridico continua a proporre una soluzione di compromesso che si basa sullo scambio tra flessibilità e ricalcolo contributivo dell'assegno. Non è di certo una novità, è da tempo che il presidente dell'istituto sostiene questa proposta senza tuttavia trovare troppi consensi. Si potrebbe in tal caso anticipare l'uscita a 64 anni ottenendo solo la quota contributiva dell'assegno. Poi dai 67 anni si riceverebbe anche la parte retributiva: una soluzione per ora passata sottotraccia ma che diventerebbe forse accettabile anche per i sindacati se quel "64 anni" diventasse "62 o 63 anni". Satremo a vedere.

Taglio dell'assegno per lasciare prima il lavoro

Altra ipotesi che circola con forza in questi giorni è quella di  permettere, partendo da una età minima (che non viene indicata, potrebbe forse essere 63 anni), l’uscita anticipata subendo una riduzione della quota retributiva della pensione (ad esempio, intorno al 3% per ogni anno di anticipo rispetto all’età legale) che compensi, in modo equo, il vantaggio della percezione della pensione per un numero maggiore di anni. Sarebbe una svolta vera, nel solco - inevitabile - del passaggio verso lo schema di calcolo contributivo. Sarebbe una modifica radicale perché di fatto permetterebbe a tutti, indipendentemente dalla loro carriera pregressa e senza impatto eccessivamente forte  per i conti pubblici nel lungo periodo, di lasciare il lavoro prima della soglia stabilita dalla Fornero.

E' una proposta diversa da quella di Pasquale Tridico, che suggeriva di consentire l’anticipo della sola quota contributiva dell’assegno rimandando alla soglia di vecchiaia l’erogazione della fetta retributiva. 

Previdenza complementare

E' una delle questione sul tavolo. L'attenzione è sulla riapertura di un semestre di silenzio assenso e di una campagna di informazione per incentivare le adesioni. Cos’è il silenzio-assenso?​ Il silenzio assenso di adesione al Fondo Contrattuale consente a tutti i lavoratori interessati di conoscere i vantaggi e le regole per aderire volontariamente alla realizzazione del proprio Portafoglio Complementare, con il Contributo aggiuntivo del datore di lavoro.

La previdenza integrativa mostra alcuni segni di vitalità nonostante il perdurare dell'emergenza Covid. A fine 2021 gli iscritti sono risultati 403mila in più dell'anno precedente, con una crescita complessiva del 4,3% e punte del 6,6% nei fondi aperti e del 6% registrata nell'area di quelli negoziali. Mentre le risorse destinate alle prestazioni solo lievitate di 14,7 miliardi rispetto al 2020 toccando quota 212,6 miliardi. A fotografare queste performance è il monitoraggio dell'andamento 2021 condotto dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip). Dall'analisi dei “principali dati statistici” effettuata dall'Authority presieduta da Mario Padula, emerge che i rendimenti, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, si sono attestati al 4,9% per i fondi negoziali e al 6,4% per fondi aperti, all'11,1% nei Piani individuali pensionistici (Pip) di ramo III e all'1,3% nelle gestioni separate di ramo I.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

In pensione a 62 anni? Chi lascerà il lavoro dal 1º gennaio 2023

Today è in caricamento