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Martedì, 16 Aprile 2024

Pensioni: c'è una voragine che fa paura

Il picco del 17,1% di spesa che si toccherà a breve spaventa esperti ed esecutivo, ma il peggio deve ancora arrivare: è il 2023 l'anno critico. I sindacati danno altri numeri

Pensioni, tema sempre caldo e sempre più critico. Le casse pubbliche reggono e reggeranno, ma prima o poi intervenire in maniera organico in campo pensionistico sarà inevitabile. Resta da capire come. Il picco del 17,1% di spesa per le pensioni che si toccherà quest’anno spaventa esperti ed esecutivo,  ma i sindacati non ci stanno e il segretario confederale della Uil Domenico Proietti ha già attaccato il governo sostenendo che "la stima del 17% di spesa pensionistica rispetto al Pil contenuta nella Nadef è fuori dalla realtà. Il governo su questo tema si fa male da solo presentando in Europa dati sbagliati. Tutti sanno che la spesa per pensioni in Italia è intorno al 12%, perfettamente in linea con quella degli altri paesi europei".

Pensioni, i numeri che spaventano il governo

I calcoli del quotidiano La Stampa sono contenuti oggi in un articolo di Paolo Baroni: "Di qui al 2023 dopo che il conto della previdenza è già salito quest’anno di 7 miliardi rispetto al 2019 (a quota 282,1 miliardi), è previsto che si sfondi quota 300 (302,2 per la precisione). In pratica tra le voci di spesa corrente questa, stando alla Nota di aggiornamento del Def (Nadef) appena approvata dal Consiglio dei ministri, è l’unica che cresce in maniera così forte"

Vero è che nei prossimi tre anni si prevede (soprattutto ci si augura) un significativo aumento del Pil (+6% nel 2021, +3,8 l’anno seguente e +2,5% nel 2023), ma questo non allevia più di tanto il peso della spesa previdenziale.

Colpa, «anche», di Quota 100, ha già messo in chiaro l’esecutivo con la Nadef, programma che si esaurirà con l’anno prossimo e che abbassando i requisiti per la quiescenza ha ingrossato in maniera significativa le fila dei pensionati.

Un risultato alimentato dal crollo del Pil e aggravato dalla decisione del primo governo Conte di introdurre «Quota 100», il meccanismo che permette ai 62enni con 38 anni di contributi il riposo in anticipo. È per questo che qualche giorno fa il premier – lo stesso che due anni fa si piegò al volere di Matteo Salvini – ha annunciato lo stop al privilegio a fine 2021.

Il combattivo presidente di Confindustria Carlo Bonomi torna a escludere la validità di una eventuale Quota 101. Si passerebbe dalla padella di Quota 100 alla brace, scaricando debiti su debiti sulle generazione future. Per rientrare in un sentiero di normalità bisognerà aspettare secondo alcuni calcoli il 2045, quando la spesa inizierà a scendere toccando il 15,6% nel 2050 e poi il 13,2 nel 2070. Far tornare i conti sarà un'impresa.

Come il Pil sottozero taglierà le nostre pensioni 

Fonte: La Stampa →
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