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Giovedì, 25 Aprile 2024
Caro benzina

Petrolio alle stelle: perché corre il prezzo e quanto ci costerà

La crisi energetica innescata dalla ripresa post-pandemia ha messo in ginocchio Cina e India, con pesanti ripercussioni anche per noi

Lo spettro della crisi energetica allunga la sua ombra sulla ripresa economica globale, rischiando di scatenare pesanti effetti a valanga anche sul portafoglio degli italiani. E’ il petrolio il ‘sorvegliato speciale’, con il Brent (il prodotto di riferimento europeo) in corsa da ormai sette settimane e il greggio americano lanciato sopra quota 81 dollari, prezzo più alto addirittura dal 2014.

Un’impennata sempre più alimentata dalla carenza mondiale di gas e carbone, che sta letteralmente mettendo in ginocchio i giganti asiatici ma anche l’Europa: in India alcuni Stati sono paralizzati dai blackout elettrici a causa della mancanza di carbone; in Cina il governo ha ordinato ai minatori di aumentarne la produzione.

E mentre gli analisti si interrogano fin dove arriverà la corsa dell’oro nero, il boom dei prezzi sta già contagiando l’economia reale, con importanti ripercussioni anche per i consumatori italiani. Dopo le stangate di luce e gas, l’effetto petrolio potrebbe costare alle famiglie circa 250 euro in più, complice il rincaro dei carburanti e l’aumento dei beni al consumo, specie quelli di prima necessità.

Effetto petrolio: stangata di 250 euro per le famiglie italiane

In Italia l’85% dei trasporti commerciali avviene in strada. Dunque, è l’allarme di Coldiretti , il conseguente rincaro dei carburanti “rischia di contagiare l'intera economia e ha un effetto valanga sulla spesa con un aumento dei costi di trasporto oltre che di produzione, trasformazione e conservazione lungo la filiera, dal campo alla tavola”.

L’ipotesi di un autunno di rincari al dettaglio, dalla pasta al pane, dal latte all’ortofrutta, “più che una preoccupazione, è una sicurezza”, anticipa a Quotidiano Nazionale Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio. “Se da agosto a settembre, l’indice Istat per alimentari e bevande è passato da un più 0,8 a un più 1,3% (3,8% gli ortaggi), con quello generale salito al 2,6%, è lecito prevedere – è l’analisi di Bella - che il caro-prezzi, trainato da energia e trasporti, possa superare il 3% e incidere anche sulla spesa con aumenti dal 2% al 2,5-3%, riducendo ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie e i loro risparmi. E se il Codacons aveva calcolato a settembre 72 euro di caro-carrello a famiglia, con un’inflazione poco sopra l’1%, se l’effetto fosse triplo, il maggiore esborso per gli alimentari toccherebbe i 250 euro.”

La crisi energetica scatenata dalla ripresa post-pandemia

Paradossalmente è stato proprio l’allentamento dell’emergenza Covid a scatenare la crisi energetica su scala globale. Dopo la forzata stasi dei lockdown nazionali, il fabbisogno di energia necessario per alimentare la ripresa ha spinto con forza la domanda, a fronte di un’offerta che faticava a tenere il ritmo.

Malgrado la pressione mondiale, tuttavia, l’Opec+ (l'organizzazione dei produttori di petrolio) ha deciso di mantenere la sua linea di prudenza: nel mese di novembre la produzione complessiva del gruppo si atterrà all'aumento prestabilito di soli 400mila barili al giorno. E proseguirà su questa linea – salvo ripensamenti – fino a settembre 2022.

I motivi sono semplici: l’arrivo dell’inverno, e di possibili nuove varianti del coronavirus, potrebbero far diminuire nuovamente la domanda, che già tende a calare fisiologicamente nel quarto trimestre dell’anno. Di qui la cautela dell’Opec che ha tutto da guadagnare dalla situazione: le rendite petrolifere sono ai massimi dal 2018 e, secondo la banca d’affari Goldman Sachs, il Brent potrebbe schizzare a 90 dollari al barile per la fine dell’anno.

Cina in ginocchio: un rischio per l’export globale?

La crisi energetica è un cane che si morde la coda. E il suo impatto è destinato a propagarsi a livello mondiale. In ginocchio per la mancanza di elettricità, la Cina ha ordinato a più di 70 miniere della Mongolia interna di aumentare la produzione di carbone di quasi 100 milioni di tonnellate; incremento pari al 3% del consumo totale di carbone ad uso termico del Paese.

Pechino, tuttavia, è anche il più grande esportatore al mondo di beni di ogni genere. I suoi problemi interni potrebbero ripercuotersi sulla supply chain globale, rallentando la ripresa e accelerando la spirale inflazionistica. “Gli aumenti dei prezzi sono ormai abbastanza diffusi, una conseguenza del profondo coinvolgimento della Cina nelle catene di approvvigionamento globale”, avverte su Il Sole24ore Craig Botham, capo economista cinese di Pantheon Macroeconomics. Non a caso, molte industrie internazionali sono già sotto pressione - dalla carta all’alimentare, dall’elettronica all’automotive - e continueranno a soffrire finché perdureranno le carenze di carburanti.

L’india e la dipendenza dal carbone, centrali elettriche a secco

Situazione non meno drammatica in India, sull’orlo della paralisi energetica. Secondo la Bbc, più della metà delle 135 centrali elettriche del paese sono quasi a secco, con scorte estremamente basse. Il governo ha assicurato di disporre di uno stock di 43 milioni di tonnellate, "pari al fabbisogno di 24 giorni", aggiungendo che "i timori di tagli alla fornitura sono del tutto infondati".

Tuttavia, la situazione continua a destare allarme. Nuova Delhi è il secondo più grande importatore di carbone al mondo, pur essendo al quarto posto per numero di miniere del combustibile fossile. Il carbone alimenta il 70% della produzione totale di energia e le piogge monsoniche, quest’anno durate più del normale, hanno reso ancora  più difficile l’estrazione nelle miniere a cielo aperto, interrompendo anche le catene di trasporto.

L’Europa corre ai ripari e scommette sulle energie rinnovabili

Anche l’Europa cerca di correre ai ripari, puntando sulle fonti alternative. “I prezzi dell’elettricità sono alti a causa dei prezzi del gas e dobbiamo esaminare la possibilità di separare questi due elementi all’interno del mercato perché abbiamo un’energia molto più economica, come ad esempio le rinnovabili”, ha recentemente annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

“Per il medio e lungo termine è molto chiaro che dobbiamo investire nel Green deal europeo, nell’energie rinnovabili: è la nostra produzione, siamo indipendenti, sono stabili nel prezzo e buoni per il futuro”, ha insistito von der Leyen, sottolineando che per il gas “dipendiamo per il 90% dalle importazioni e per il petrolio per il 97%, siamo quindi molto dipendenti dai fornitori esterni”.

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