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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia Italia

Sveglia Italia! Nel Belpaese si lavora ancora troppo poco e male

In Italia si lavora poco e male. L'agenzia di rating statunitense Standard and Poor's vede l'economia italiana in ripresa dopo 6 anni di stagnazione, i margini delle grandi imprese sono migliorati e le bancarotte sono scese, ma fanno paura inflazione e produttività

L'economia dell'Italia "è in ripresa dopo 6 anni di stagnazione ma la strada per il recupero potrebbe essere ancora lunga". Lo afferma un rapporto di Standard and Poor's pubblicato su RatingsDirect. "La crescita degli investimenti - spiega il rapporto - sta giocando un ruolo importante nella ripresa, aiutata dagli incentivi fiscali, anche se la crescita resta il 20% più bassa dei livelli del 2007". 

Secondo S&P a sostenere la ripresa sono diversi fattori: le "migliorate condizioni del credito, che fanno seguito al salvataggio di diverse banche, e il graduale miglioramento dell'occupazione". Tuttavia "l'aumento molto basso della produttività fa pensare che il recupero richiederà molto tempo". 

"La ripresa si sta allargando a tutti i settori dell'economia - spiega Jean-Michel Six, capo economista di S&P Global - ciò che è particolarmente confortante è che gli investimenti ora stanno giocando un ruolo importante, dopo una pausa all'inzio del 2017, soprattutto grazie agli incentivi fiscali".

La fiducia degli investitori, spiega S&P nel suo rapporto, è in ripresa, i margini delle grandi imprese sono migliorati e le bancarotte sono scese del 15,6% annuale nel secondo trimestre, il minimo dal 2009. Tuttavia gli investimenti hanno ancora molta strada da fare per tornare ai livelli pre-crisi. La crescita economica resta il 20% più bassa rispetto al 2007.

Due fattori, secondo l'agenzia di rating, "spingono a un cauto ottimismo". Il primo è che le banche italiane appaiono a un "punto di svolta". I salvataggi di Stato del Monte dei Paschi di Siena e delle due banche venete e la ristrutturazione di Unicredit dovrebbero agevolare le condizioni del credito. Inoltre il mercato del lavoro sta "gradualmente" progredendo. L'occupazione è tornata ai livelli del 2008 e nel primo semestre sono stati creati circa 150.000 posti di lavoro.

Tra i fattori che invece giocano un ruolo negativo per la ripresa dell'Italia, S&P cita il ritorno dell'inflazione, "per quanto modesto", il quale potrebbe intaccare la crescita del reddito e dunque la domanda di consumi. Per quanto riguarda l'export, difficilmente, spiega l'agenzia, potrà dare un contributo positivo alla crescita del Pil. In particolare a causa dell'"aumento molto basso della produttività del lavoro, nonostante le riforme implementate negli anni scorsi".

"La contrazione della spesa in conto capitale a parire dal 2007 ha influenzato negativamente la competitività complessiva dell'Italia, limitando la sua capacità di beneficiare dell'attuale trend al rialzo del commercio mondiale".

Ovvero senza investimenti statali nel classico contributo a "fondo perduto" l'economia italiana è destinata a restare al palo. 

Istat, produttività sotto media Ue tra 1995 e 2016

A tracciare il quadro di un paese che lavora poco e male è il quadro disegnato dall'Inps: negli ultimi 21 anni - tra il 1995 e il 2016 - la produttività del lavoro in Italia è aumentata a un tasso medio annuo dello 0,3%, dato "decisamente inferiore alla media Ue (1,6%)".

Come rileva l'Istat nel report Misure produttività 1995-2016 i tassi di crescita in linea con la media europea sono stati registrati dalla Germania (1,5%), dalla Francia (1,4%) e dal Regno Unito (1,5%). Anche la Spagna ha registrato un tasso di crescita più alto di quello dell'Italia per quanto sempre inferiore (0,5%) rispetto alla media europea.

La produttività del lavoro, che misura la quantità di prodotto ottenuto con l’impiego di un’unità di lavoro, rappresenta l’indicatore della capacità di un sistema produttivo di generare ricchezza e, indirettamente, redditi. 

Il divario dell'Italia rispetto alle altre economie europee - si legge nel rapporto - è risultato particolarmente ampio in termini di evoluzione del valore aggiunto, il quale è cresciuto a ritmi meno sostenuti che negli altri paesi europei.

La dinamica delle ore lavorate è stata invece più simile, presentando una crescita molto contenuta in Italia come in altre economie europee; solo in Spagna si è registrata una forte crescita delle ore di lavoro. In particolare, negli ultimi 21 anni i settori di attività economica che hanno registrato i tassi di crescita della produttività del lavoro più elevati sono i servizi d'informazione e comunicazione (+2,5% medio annuo), l'agricoltura (+1,7%) e le attività finanziarie e assicurative (+1,3%). Variazioni negative si registrano per il settore delle attività professionali (-2,4%), per quello delle costruzioni (-1,0%) e per l'istruzione, sanità e servizi sociali (-0,9%). Il comparto dell'industria in senso stretto ha segnato un incremento medio annuo dell'1,0%.

Bankitalia: a settembre debito sale a 2.283 miliardi

A settembre il debito delle amministrazioni pubbliche è stato pari a 2.283,7 miliardi, in aumento di 4,4 miliardi rispetto al mese precedente. Lo rileva Bankitalia. L'incremento ha riflesso il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (16,5 miliardi), in parte compensato dalla diminuzione delle disponibilità liquide del Tesoro (per 11,3 miliardi, a 52,1; erano pari a 39,3 miliardi a settembre 2016) e dall'effetto degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso,della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di cambio (complessivamente hanno contenuto il debito di 0,7 miliardi). 

Con riferimento ai sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 4,5 miliardi; il debito delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,1 miliardi e quello degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.

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