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Martedì, 16 Aprile 2024
Pagamenti digitali

Quanto costa davvero il Pos ai negozianti

I costi delle commissioni sui pagamenti con carte di credito e bancomat sono un problema soprattutto per tabaccherie, gestori di pompe di carburanti, edicole e tutte le altre attività caratterizzate da piccoli margini sul venduto. Confesercenti chiede di rendere gratuite le transazioni fino a 30 euro per le attività sotto i 400mila euro di fatturato

Ma quanto costa davvero il Pos ai negozianti? L’uso di carte e bancomat è costato alle imprese nel 2022, tra commissioni e costi accessori, almeno 5 miliardi di euro. Un onere proporzionalmente più gravoso soprattutto per le attività di minori dimensioni, in particolare del commercio, che vedono restringersi i margini a causa dei costi delle commissioni.  La stima arriva da Confesercenti, in vista del Tavolo tecnico per il taglio delle commissioni sui pagamenti tramite Pos, convocato dal ministero dell’Economia per venerdì 17 marzo. Il tavolo è l’occasione per mettere finalmente il punto a una questione aperta da oltre dieci anni, l’obbligo è stato previsto per la prima volta dal Decreto Crescita 2.0 nel 2012, anni caratterizzati da rinvii, polemiche, provvedimenti contraddittori e promesse mai mantenute.

Le commissioni del Pos sono davvero così insostenibili?

L’Italia è diventato in questi dieci anni il Paese europeo con il più alto numero di Pos - 3,9 milioni - anche se il numero di operazioni rimane ancora sotto la media, segnala Confesercenti. Più alto invece, è l’importo medio delle transazioni - circa 50 euro - un dato che sottolinea come il problema sia soprattutto relativo alle micro-transazioni. Nel 2022 le transazioni con pagamenti digitali hanno raggiunto i 400 miliardi di euro, quasi il 40% del totale speso degli italiani. Nel 2023 sarà il 50%.

Un risultato ottenuto con grandi costi a carico degli esercenti: indagini Confesercenti, infatti, ci restituiscono un peso delle commissioni fino e oltre l’1,4% del transato per le attività minori. Dove l’incidenza dei pagamenti in moneta elettronica sul totale è in rapida crescita: in alcuni casi - come nell’abbigliamento – raggiunge anche l’80% delle vendite.

I costi delle commissioni sono un problema soprattutto per tabaccherie, gestori di pompe di carburanti, edicole e tutte le altre attività caratterizzate da piccoli margini sul venduto. E dopo tutto questo tempo, gli esercenti si attendono finalmente una soluzione al problema. L’obiettivo dichiarato del tavolo, infatti, è la riduzione dei costi della moneta di plastica per i circa 2,5 milioni di piccole attività con meno di 400mila euro di fatturato annuo. La speranza è che non si proceda a un semplice restyling dei provvedimenti attuali – il credito di imposta previsto ora è insufficiente - ma che si arrivi ad una vera riforma che favorisca la diffusione delle transazioni elettroniche attraverso una distribuzione più equa dei costi. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario che il governo svolga un ruolo attivo, non di semplice garante.

"Una maggiore diffusione della moneta elettronica favorirebbe la modernizzazione del sistema economico del paese, un obiettivo che Confesercenti condivide. Ottenerlo con un obbligo calato dall’alto crea però una distorsione a sfavore degli esercenti: per questo i provvedimenti di questo tipo sono solitamente accompagnati da agevolazioni, non solo da sanzioni. Al tavolo proporremo di costituire un osservatorio per rendere finalmente chiari i costi attuali della moneta elettronica. Ma anche di rendere gratuite le transazioni sotto i 30 euro per le attività sotto i 400mila euro di fatturato annuo, aiutarle a dotarsi di dispositivi contactless e di predisporre un nuovo più ampio credito di imposta, della durata di tre anni, su tutte le transazioni" conclude la Confesercenti.

Quanto costano davvero le commissioni sui pagamenti col Pos 

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