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Giovedì, 28 Marzo 2024
La fotografia

Solo l'8% dei beneficiari del reddito di cittadinanza lavora o fa formazione

I destinatari dei sostegni di contrasto alla povertà, il Rei e poi il Reddito di cittadinanza, hanno avuto solo in minima parte accesso a un servizio di attivazione verso l'occupazione

Il mercato del lavoro è vivace con una crescita sostenuta nel 2022 sia degli occupati stabili che delle dimissioni. Mentre l'aumento dei licenziamenti è legato al confronto con un anno nel quale vigeva ancora il blocco deciso per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia. Ma se i dati Inps sul 2022 fotografano un mercato del lavoro dinamico, questo andamento non si riflette nel miglioramento delle condizioni per i percettori del reddito di cittadinanza che continuano a restare nella grande maggioranza lontani dall'occupazione.

Secondo una ricerca dell'Inapp i destinatari dei sostegni di contrasto alla povertà, il reddito di inclusione e poi il reddito di cittadinanza, hanno avuto solo in minima parte, tra il 3% e l'8% a seconda della tipologia di servizio, accesso a un servizio di attivazione verso l'occupazione o la formazione.

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Ma chi sono i beneficiari del reddito di cittadinanza

Secondo il ritratto diffuso dall'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche i beneficiari del reddito di inclusione e del reddito di cittadinanza sono prevalentemente donne (60%), sui 49 anni, sole e/o con figli. Chi ha ricevuto questo tipo di sostegno è equamente distribuito nel nostro territorio, con una maggiore presenza nel sud (33,7%), mentre è bassissima la quota di chi proviene da paesi extraeuropei. Si tratta di soggetti caratterizzati da un livello di istruzione tendenzialmente basso e poco qualificati dal punto di vista della qualifica professionale (il 78% di coloro che dichiarano di essere occupati ha un basso profilo professionale). L'offerta di lavoro e di attività formative per i beneficiari del reddito di cittadinanza è il punto dolente messo in evidenza dalla gran parte dei rispondenti, sia sul versante sociale che su quello dei servizi per l'impiego. Infatti, quasi il 60% degli Ambiti territoriali sociali e dei centri per l'impiego individua come problematica tale dimensione attuativa della misura. Solo una quota minima di rispondenti, tra il 3 e l'8 % a seconda della tipologia di servizio, ritiene che la misura abbia prodotto risultati in termini di attivazione lavorativa e formativa.

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Circa la capacità di raggiungere i destinatari di tali misure (il cosiddetto tasso di take-up), i risultati mostrano l'importanza del lavoro di rete dei servizi con gli attori del territorio e di prossimità territoriale fatto con l'istituzione dei punti di accesso nell'ambito del Reddito d'inclusione, purtroppo vanificato con l'abolizione dei punti di accesso del successivo Reddito di cittadinanza. Migliorato, invece, il lavoro di rete dei servizi territoriali grazie anche all'azione di pianificazione, ormai definita dalla 328/00 da oltre vent'anni. Permangono alcune criticità, in particolare in merito ai tempi di lavorazione delle domande: in media trascorrono circa 4 mesi e mezzo tra l'autorizzazione ad ottenere il Reddito di cittadinanza rilasciata dall'Inps e la presa in carico del beneficiario da parte dei centri per l'impiego e dei servizi sociali comunali.

Solo la metà dei centri (51,6%) risulta in condizione di convocare entro i 30 giorni prescritti dalla norma i beneficiari della misura. I tempi di presa in carico da parte dei centri per l'impiego naturalmente risentono del volume di utenza che caratterizza i diversi territori sicché risultano più ridotti al Nord, dove l'attesa mediamente è di 3 mesi e mezzo, mentre al Sud si approssimano intorno ai 5 mesi e mezzo. Meno problematiche le fasi successive, ossia la stipula del patto, la definizione di un'agenda di appuntamenti e la verifica degli impegni e delle condizionalità posti a carico dei beneficiari.

Stop al reddito di cittadinanza, arriva il Mia

Il governo lavora alla modifica del reddito, e nelle prossime settimane il testo che dovrebbe dare una stretta soprattutto al sussidio per i single andrà in Consiglio dei ministri. Si lavora a un sistema che mantenga l'assegno per le famiglie nelle quali ci sono disabili, minori e anziani, ma lo riduca per poi toglierlo a quelle dove non ci sono queste categorie meritevoli di tutela. Con il Mia che riduce platea e importo del sussidio al reddito, Rdc, lo stato risparmierà oltre 2,5 miliardi l'anno come stima Susini Group, studio di Firenze per la consulenza del lavoro sulla misura allo studio del governo al posto del reddito di cittadinanza.

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"Con le nuove misure che verranno introdotte con la Mia saranno a rischio di percezione del sostegno oltre il 23% degli attuali beneficiari del reddito di cittadinanza", commenta Sandro Susini, fondatore di Susini Group. In base alle bozze circolate, i percettori del sussidio verranno divisi in due platee: nuclei con almeno un componente disabile o minorenne o con almeno 60 anni e nuclei senza componenti disabili o minorenni o con almeno 60 anni d'età, Ai primi il beneficio spetterà per una durata di 18 mesi ed è successivamente rinnovabile per 12 mesi, previo, ogni volta, uno stop di un mese. Per i secondi, invece, sarà prevista una durata di 12 mesi ed è rinnovabile una sola volta per 6 mesi, previo stop di un mese. Il sostegno economico sarà pari al massimo a 6.000,00 euro l'anno moltiplicato per la scala di equivalenza legata alla composizione del nucleo (2,1 il limite, 2,2 se in famiglia c'è un disabile) nel caso in cui ci siano disabili, minori o anziani over 60. Il beneficio sarà ridotto a 4.500,00 euro l'anno, pari a 375,00 mensili, nel caso in cui nel nucleo in condizione di povertà non vi sarà la presenza al suo interno di disabili, minori o anziani over 60.

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