rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Visioni

Disarmare il Recovery Plan

Una parte dei fondi del Recovery Plan andrà all'industria militare? L'appello al governo di una rete di associazioni, con 12 proposte concrete: "Prima di redigere la stesura finale del Piano da inviare a Bruxelles, sentire anche la voce della società civile". Il PNRR non può diventare un mero esercizio di contabilità. Servono "visioni" per un futuro diverso 

I tempi sono stretti, ma non può essere una scusa. Le risorse messe in campo per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possono essere un’occasione per realizzare politiche di “pace e disarmo” e farlo mettendoci quella liquidità in altre epoche così difficile da reperire. È questo l’obiettivo che si propone la Rete italiana Pace e Disarmo che ha elaborato un documento con 12 progetti come contributo al processo di formazione del programma “Next Generation Italia”. Le cose da fare possono essere tante: investire nel sistema sanitario pubblico universale, nella scuola, nella messa in sicurezza del nostro territorio, nell’industria e nella produzione pulita, sostenibile, civile e nel lavoro stabile, sicuro e con diritti, nell’economia disarmata, nella cooperazione e nella solidarietà, tanto dentro il nostro Paese quanto esternamente con partenariati a sostegno dei Paesi e delle popolazioni in difficoltà.

Stiamo parlando di una strategia complessiva che mobilita oltre 300 miliardi di euro, il cui fulcro è rappresentato dagli oltre 210 miliardi delle risorse del programma Next Generation Ue, integrate dai fondi stanziati con la programmazione di bilancio 2021-2026. Capire come e dove spendere questa pioggia di miliardi significa disegnare come sarà l'Italia "dei nostri figli", per usare un'espressione abusata ma quanto mai reale in questo caso.

Il disarmo dentro al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è il programma di investimenti che l'Italia deve presentare alla Commissione europea nell'ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19. Secondo un sondaggio commissionato dal Parlamento europeo, sette italiani su dieci sono ottimisti sul piano di ripresa dell'Unione Europea. Il Piano è attualmente all'esame del Senato della Repubblica. 

Ottimismo, futuro. Belle parole, ma non mancano i timori, inevitabilmente. Dopo le aperture a possibili destinazione “armate” dei fondi europei Next Generation EU la Rete Italiana Pace e Disarmo chiede un confronto. La richiesta della Rete che coordina oltre 70 organizzazioni della società civile italiana avviene dopo la prima fase di dibattito parlamentare sul piano di interventi legati ai fondi Next Generation EU. A partire da una bozza presentata dal Governo Conte, le Commissioni nelle scorse settimane hanno redatto una Relazione con una serie di pareri e richieste ora all’attenzione dell’Esecutivo. Tra le richieste aggiuntive, non previste nelle bozze iniziali, anche la possibile destinazione “armata” di parte degli stanziamenti: una anomalia ritenuta errata e problematica e rivelata per prima dalla Rete Italiana Pace e Disarmo stessa.

"Abbiamo seguito con attenzione il lavoro delle Commissioni di Camera e Senato - commenta Sergio Bassoli, coordinatore della Cabina di Regia della RiPD - e riteniamo che il Governo, prima di redigere la stesura finale del Piano da inviare a Bruxelles, debba sentire anche la voce della società civile, e in particolare quella delle associazioni del mondo pacifista, del volontariato, del servizio civile, del lavoro, del disarmo, della nonviolenza, della cooperazione e della cultura che noi rappresentiamo. Non possiamo accettare che le basi da cui far ripartire il nostro Paese siano anche armate e ancora una volta si privilegino gli interessi delle industrie belliche anziché affrontare con nuovi e più sensati strumenti le sfide epocali che abbiamo di fronte". 

Fondi europei all'industria militare?

Una parte dei fondi del Recovery Plan verrebbe destinata per rinnovare la capacità e i sistemi d‘arma a disposizione dello strumento militare. Un tentativo di greenwashing, di lavaggio verde, dell’industria delle armi che la Rete Italiana Pace e Disarmo stigmatizza e rigetta con forza. Ad aprire a questa possibilità è stato nei fatti il nostro Parlamento, a quanto risulta dalle Relazioni definite e votate in questi giorni dalle Commissioni competenti. Nel testo licenziato dalla Camera si raccomanda di “incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare, promuovendo l’attività di ricerca e di sviluppo delle nuove tecnologie e dei materiali, anche in favore degli obiettivi che favoriscano la transizione ecologica, contribuendo al necessario sostegno dello strategico settore industriale e al mantenimento di adeguati livelli occupazionali nel comparto”.

Per il Senato “occorre, inoltre, promuovere una visione organica del settore della Difesa, in grado di dialogare con la filiera industriale coinvolta, in un’ottica di collaborazione con le realtà industriali nazionali, think tank e centri di ricerca”. Viene inoltre ipotizzata la realizzazione di cosiddetti "distretti militari intelligenti" per attrarre interessi e investimenti. Diversamente dalle bozze implementate dal precedente Governo, in cui l’ambito militare veniva coinvolto nel PNRR solo per aspetti secondari come l’efficienza energetica degli immobili della Difesa e il rafforzamento della sanità militare, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) potrebbe quindi destinare all’acquisizione di nuove armi. i fondi europei per la rinascita dell’Italia dopo la pandemia. Un comparto che, è bene ricordarlo, già riceverà almeno il 18% (quasi 27 miliardi di euro) dei Fondi pluriennali di investimento attivi dal 2017 al 2034.

Le risorse messe in campo per un futuro di pace

La produzione e il commercio delle armi ha un enorme impatto sull’ambiente. Al posto di trasformare il futuro in una direzione più sostenibile, come lascito alle prossime generazioni, non pare un segnale confortante continuare a prepararsi alla guerra, oltre alle incalcolabili perdite umane, significa gettare i semi per distruzioni ambientali che durano nel tempo secondo le associazioni. Ne consegue che la lotta al cambiamento climatico può avvenire anche rompendo la filiera bellica.

“Va ricordato inoltre - prosegue Sergio Bassoli - come nel percorso di elaborazione dei pareri che hanno poi aperto la strada a possibili aumenti della spesa militare con i fondi del Recovery Plan, le Commissioni Difesa di Camera e Senato abbiano audito solamente i rappresentanti dell’industria militare, ignorando la nostra prima richiesta di confronto. Da qui l’urgenza di un nuovo appello in tal senso al Governo e il nuovo invio a Mario Draghi delle proposte da noi elaborate”.

La convinzione della RiPD è che davvero le risorse messe in campo per il PNRR possano diventare un’occasione per realizzare politiche di “pace e disarmo” che prendano le mosse da linee di lavoro precise, concrete e realizzabili. Le linee guida che hanno portato alle 12 proposte sono state; il superamento di una visione meramente nazionale della politica estera che invece dovrebbe guardare all’Europa come “potenza di pace”; la riconversione verso un’economia disarmata e sostenibile; la difesa civile non armata e nonviolenta come realizzazione vera del dettato costituzionale; il servizio civile universale come occasione di rafforzamento del senso di cittadinanza e difesa concreta delle persone; l’educazione alla pace, dall’infanzia all’Università, per costruire un futuro più giusto.

E' un sfida vera, di rottura, quella di orientare il rilancio del Paese ai principi ed ai valori della pace, della cooperazione, della solidarietà, al rispetto dei diritti umani per tutti, senza discriminazione alcuna:  è forse anche l’unico modo per essere coerenti con i principi e valori dei Trattati europei e con la Costituzione italiana. Le associazioni chiedono al Governo e al Presidente del Consiglio un riscontro in tempi che permettano un contributo reale alle decisioni che l’Esecutivo dovrà prendere nei prossimi giorni.

“La nostra Rete e la società civile che essa rappresenta - conclude Bassoli - sono disponibili e pronti a fare la propria parte per costruire percorsi di Pace per il futuro dell’Italia e dell’Europa. Speriamo che questa disponibilità venga colta e valorizzata, riparando all’errore fatto con l’apertura a destinazioni “armate” dei fondi PNRR. Un Piano di interventi volto a far ripartire l’Italia dopo la terribile prova della pandemia da Covid-19 potrà essere considerato giusto, innovativo ed efficace solo a partire da prospettive di lavoro basate sulla Pace”.

Già oggi è previsto che il 37% del Recovery fund andrà a coprire gli obiettivi del Green new deal europeo. Ma la bussola deve essere una piattaforma di valori.

E' evidente che oltre a essere un dettagliato programma relativo ad investimenti, piani e riforme, il Recovery plan segnerà il futuro prossimo dell'Italia. I soldi che l’Europa accorderà all’Italia avranno una struttura contabile analitica, precisa, con scadenze periodiche per l’accredito delle somme. Ma non può diventare un mero esercizio di contabilità. Servono idee, prospettive, valori e visioni per un futuro diverso.

Le 12 proposte

PROPOSTA 1 - Una nuova politica estera che definisca come interesse nazionale il co-sviluppo con i popoli del sud e la soluzione negoziata dei conflitti

PROPOSTA 2 - Spostamento consistente dei fondi dalle missioni militari all’estero verso la cooperazione e gli aiuti allo sviluppo.

PROPOSTA 3 - Inserire come obiettivo del PNRR la riconversione dell’industria militare all’industria civile, con fondi per lo sviluppo locale sostenibile.

PROPOSTA 4 - Istituire l’Agenzia Nazionale per la riconversione, dotandola di fondi necessari per ricerche e studi. 

PROPOSTA 5  - Nel fondo per le “strategie territoriali” relativo al territorio del Sulcis occorre considerare come azione prioritaria la riconversione della produzione di armamenti.

PROPOSTA 6 - Promuovere la Difesa Civile non armata e Nonviolenta, riattivando il percorso di discussione e di approvazione della proposta di legge di origine popolare: una riforma organica del sistema di difesa del nostro paese, in ottemperanza con gli articoli 11 e 52 della Costituzione.

PROPOSTA 7 - Inserire nelle opportune Missioni del PNRR le politiche della Difesa civile e nonviolenta che comprenderanno i Corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche sulla Pace e il Disarmo e avranno forme di interazione e collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ed il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio Civile Universale.

PROPOSTA 8 - Mantenere il Servizio Civile Universale nell’ambito delle azioni di “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” per valorizzare appieno il ruolo chiave che il Terzo Settore svolge nel sistema del SCU e l’impatto dei giovani volontari nelle comunità. 

PROPOSTA 9 - Potenziamento e stabilizzazione del contingente annuo del Servizio Civile Universale: i 250 milioni chiesti all’Europa che si aggiungono ai 400 stanziati per il 2021 e il 2022 dal Governo devono significare contingenti di 80.000 opportunità all’anno per una stabilizzazione vera.

PROPOSTA 10 - Valorizzazione delle competenze acquisite dai giovani nell’anno di servizio civile universale. L’Italia e l’Unione Europea hanno tutto da guadagnare da giovani generazioni che sono consapevoli delle competenze (civiche, trasversali e professionali) di cui sono portatrici.

PROPOSTA 11 - L’educazione alla pace, alla nonviolenza e al rispetto dei diritti umani venga inserita nei programmi scolastici a tutti i livelli – dall’infanzia all’Università.

PROPOSTA 12 - L’educazione alla pace, alla nonviolenza e al rispetto dei diritti umani abbia uno spazio nella programmazione dei canali radio-televisivi pubblici, prevedendo di inserire nel Consiglio di Amministrazione RAI e la Commissione Parlamentare di Vigilanza della RAI una figura competente per la promozione dell’Educazione alla pace.

Il disarmo possibile e la favola dell'industria militare "insostituibile" per l'economia

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Disarmare il Recovery Plan

Today è in caricamento