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Martedì, 23 Aprile 2024
Le ipotesi

Reddito di cittadinanza e indennità di disoccupazione: cosa cambierà con il governo Meloni

Chi rischia di perdere a breve il sussidio mensile? E come cambierà la Naspi? Il governo intende suddividere il Rdc in due tronconi, con platee e obiettivi diversi, e modificare in parte anche l'impostazione dell'assegno di disoccupazione. Le ipotesi in vista del 2023: l'unica certezza è che la transizione verso un altro sistema di aiuti sarà complicata

Per chi traballa sul serio, a breve, il reddito di cittadinanza (la media dell'assegno è di circa 550 euro al mese, a livello nazionale)? E come può cambiare la Naspi? Il governo intende riformare il reddito di cittadinanza "garantendo un dignitoso sussidio a chi realmente non ha la possibilità di lavorare e, in alcuni casi, migliorandolo (si pensi agli invalidi). Per gli altri intendiamo attingere al fondo sociale europeo per avviare al lavoro chi può attraverso corsi di formazione retribuita", dice la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervistata da Bruno Vespa per il suo nuovo libro. "Età minima per andare in pensione 61 anni con 41 di contributi (quota 102) - spiegava qualche giorno fa Matteo Salvini a Vespa -. Per realizzare il progetto nel 2023 secondo i calcoli dell'Inps serve poco più di un miliardo. Lo recupereremo sospendendo per sei mesi il reddito di cittadinanza a quei 900mila percettori del reddito che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da diciotto mesi". Tra il dire e il fare, però, ce ne passa.

Le risorse a disposizione per la finanziaria, sostiene Meloni, sono scarse e i "pochi" soldi in cassa "serviranno a coprire il taglio delle bollette per chi è in difficoltà. Dobbiamo vedere come superare l'inverno senza che le bollette esplodano, sperando di tranquillizzarci da marzo in poi". Per far questo è atteso un decreto anche in tempi rapidi: "La Nadef - spiegano fonti di governo - è il passaggio necessario, poi ci sarà un decreto bollette in tempi stretti", forse già al ritorno dalla Cop 27 in programma a Sharm el-Sheik il 7 e 8 novembre. "Vuole correre", viene ribadito. Per quanto riguarda la manovra, non ci sarà molto altro, ma qualche "segnale" la premier vuole darlo. Ad esempio con la tassazione al 15% sugli aumenti di reddito e il passaggio da 65.000 a 100.000 euro della quota di fatturato delle partite Iva tassate anch'esse al 15%. Arriviamo al dunque: è possibile anche l'intervento correttivo sul reddito di cittadinanza. Ma è davvero pensabile togliere il sussidio a centinaia di migliaia di persone già tra poche settimane? Vediamo come stanno le cose.

Cosa comporta togliere il sussidio a chi può lavorare?

"Togliamo il reddito di cittadinanza a chi può lavorare" significa "essere lontani dalla realtà: secondo l'Anpal, il 70,8% dei beneficiari non ancora occupati ha al massimo la terza media; si tratta dunque di persone distanti dal mercato del lavoro che necessitano di specifiche azioni di formazione", ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte. Il governo può contare su una maggioranza solidissima alla Camera e solida al Senato, ma non solo. Sulle modifiche sostanziali al reddito di cittadinanza sembra poter contare sui voti in Aula anche dei renziani-calendiani. "Se il governo vuole modificare radicalmente il reddito di cittadinanza collaboreremo", conferma la presidente dei senatori di Azione-Italia viva, Raffaella Paita.

In concreto, cosa succederà? Secondo Meloni il Rdc deve diventare uno strumento rivolto solo a chi, per problemi di salute o altri impedimenti, non può trovare un lavoro. Come scrivevamo qui su Today qualche giorno fa, per l'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, i beneficiari del reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro sono 919.916. Di questi, 173mila (18,8%) risultano occupati, 660mila (il 71,8%) sono tenuti alla sottoscrizione del patto per il lavoro. I restanti 86mila (9,4%) risultano esonerati, esclusi o rinviati ai servizi sociali. Dei 660mila beneficiari soggetti al patto per il lavoro (dunque non occupati, non esonerati e non rinviati ai servizi sociali), quasi i tre quarti - il 72,8%, corrispondente a 480mila persone - non ha avuto un contratto di lavoro subordinato o para-subordinato negli ultimi 3 anni. I soggetti presi in carico dai servizi per il lavoro sono 280mila, pari al 42,5% dei 660mila soggetti al patto per il lavoro.

Di fatto, oltre 650mila persone potrebbero perdere il sussidio, ma la legge è tutta da scrivere. Difficile pensare che non ci saranno limiti di età o caratteristiche del nucleo familiare in base a cui il reddito di cittadinanza verrà comunque garantito.

Il piano di Fratelli d'Italia per cambiare il reddito di cittadinanza

Appare difficile attuare l'idea di Salvini, ovvero sospendere l'assegno per sei mesi a 900 mila percettori che "lo prendono già da un anno e mezzo e sono pronti a lavorare". Il piano di Fratelli d'Italia sarebbe invece, secondo indiscrezioni, quello di cambiare nome al sussidio e suddividerlo in due tronconi, con platee e obiettivi diversi. Per i pensionati in difficoltà, gli invalidi, i disoccupati con figli piccoli e le persone in affidamento ai servizi sociali l'assegno continuerebbe ad arrivare: non più reddito di cittadinanza, il cambio di nome potrebbe essere semplicemente un ritorno al passato con il "reddito di inclusione". Quindi non un sussidio personale ma familiare, slegato dalle offerte di lavoro.

Invece per gli occupabili si prospetterebbe l'inserimento nel nuovo programma "Gol" per le politiche attive del lavoro, che usufruisce di 4,5 miliardi messi in campo da Bruxelles da qui al 2025. Al momento i beneficiari del reddito di cittadinanza presi in carico dalle regioni nell'ambito di Gol sono solo 75 mila. Molti occupabili per le aziende sono poco appetibili: non più giovani, titolo di studio non superiore, scarse esperienze lavorative. Incrociare domanda e offerta di lavoro per gli "occupabili" che ricevono il reddito di cittadinanza è una sfida complicata. Un maggiore coinvolgimento delle Agenzie per il lavoro dunque, per rendere più efficiente l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, ma non basterà. Insomma, la legge andrà scritta con cura e massima precisione. Individuare esattamente la platea dei beneficiari occupabili sulla quale applicare la stretta annunciata dalla presidente del Consiglio non è affatto immediato: il reddito di cittadinanza viene assegnato al nucleo familiare, al cui interno possono esserci sia soggetti abili che inabili al lavoro.

Dividendo la platea dei beneficiari, il nuovo governo punta a riesaminare la misura di contrasto alla povertà attiva in Italia da aprile 2019, che nel 2022 ha raggiunto almeno una volta 1,1 milioni di famiglie, e che comporta una spesa di otto miliardi all'anno. Non sembra però retorica la domanda che pone l'ex sottosegretaria al Tesoro, Maria Cecilia Guerra (Pd): "Mentre giustamente li aiutiamo a formarsi, e a trovare lavoro, che facciamo? Li lasciamo morire di fame? E i loro figli?".

Cosa succederà nel 2023 al reddito di cittadinanza

Una delle ipotesi di modifica più realistiche fino a qualche settimana fa sembrava essere la revoca del sussidio dopo il primo "no" a un’offerta di lavoro considerata congrua (attualmente al secondo rifiuto il sussidio viene revocato, in passato si doveva arrivare a tre dinieghi). Inizialmente, quando il Rdc venne varato dal primo governo Conte, la legge prevedeva che il reddito di cittadinanza decadesse al rifiuto di ben tre proposte di lavoro. Draghi ha portato a due le proposte rifiutabili, dopo un duro braccio di ferro con tanto di telefonata chiarificatrice tra il premier e Giuseppe Conte. Il governo Meloni oggi sembra però intenzionato a iniziare a smontare il sussidio per com'è stato costruito, senza andare a modificare "solo" i parametri di revoca dello stesso. Anche se venisse introdotta la revoca del sussidio dopo il primo "no" a un’offerta di lavoro considerata congrua, queste offerte di lavoro prima dovrebbero arrivare nella cassetta della posta dei percettori, e non si vede come potrebbero arrivare.

Se invece il governo dovesse decidere di non seguire la strada del reddito di inclusione, e preferisse puntare su un "reddito da disoccupazione", il sussidio dovrebbe andare anche a chi non ha mai trovato lavoro o ne è uscito dopo due anni di Naspi. Inevitabile che in questo caso si vada verso una situazione in cui la persona sia pagata per fare corsi di formazione e/o lavori socialmente utili, e non può rifiutare nessuna offerta. Ma siamo, come detto, nel campo delle ipotesi.

L'esecutivo ha i numeri per scrivere una nuova legge e farla approvare da entrambe le Camere, ma è impensabile lasciare anche solo per un mese senza un sostegno milioni di famiglie in povertà assoluta. La transizione sarà, in ogni caso, complessa e delicata. Non basteranno slogan e annunci per districare i tanti nodi. L'indigenza e la povertà hanno molte sfumature nell'Italia del novembre 2022. Un esempio: se il piano è togliere il reddito di cittadinanza a chi è abile al lavoro, non si può non tenere a mente che il 23 per cento degli assistiti dalla Caritas ha un lavoro.

La sforbiciata alla Naspi

E poi c'è il discorso della Naspi. L'idea in seno all'esecutivo uscito dalle urne sarebbe quella di di ridurre la durata del sussidio di disoccupazione: andare sotto il 50% del periodo lavorato, secondo voci riportate da Repubblica. Percentuale che ora consente di ricevere l'aiuto fino a un massimo di due anni, sempre che si abbiano almeno quattro anni di anzianità. Quindi se uno ha lavorato un anno, prende sei mesi di disoccupazione. Se ha lavorato sei mesi, riceve la Naspi per tre. Una durata eccessiva secondo il governo Meloni. Oggi la Naspi cala del 3% al mese dopo il sesto mese.

Nella maggioranza non mancano esponenti che ritengono tale meccanismo "distorsivo", in quanto la durata del sussidio non sarebbe coerente con quanto si ha lavorato. La Naspi nel 2021 valeva quasi 13 miliardi, di cui 5,6 miliardi coperti dalle aziende che versano l'1,30% del loro monte retribuzioni. Lo Stato ha messo 7,3 miliardi l'anno scorso per 2,5 milioni di disoccupati che hanno beneficiato in media di 5.307 euro nell'anno.

L'esecutivo vuole a tutti i costi dare un segnale di discontinuità al suo elettorato. Così, pur avendo le mani legate sul fronte economico, metterà mano in qualche modo almeno al reddito di cittadinanza (l'intervento sulla Naspi è molto più complesso e incontrerebbe resistenze anche dentro la maggioranza), la misura simbolo della passata legislatura. Resta da capire come, ma saranno modifiche in senso restrittivo. 

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