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Giovedì, 28 Marzo 2024
Il principio della residenza effettiva / Palermo

Le tolgono il reddito di cittadinanza ma vince il ricorso: "Ha diritto ad un'esistenza dignitosa"

Le avevano sospeso il sussidio perché risultata irreperibile alla residenza anagrafica ma l'Inps è stato condannato. Nell'ordinanza il giudice ha scritto che "la mancata percezione" può "pregiudicare il diritto ad un'esistenza autonoma e dignitosa"

Nello scorso mese di giugno, l'Inps le aveva sospeso l'erogazione del reddito di cittadinanza perché, a detta dell'istituto previdenziale, era risultata priva di residenza anagrafica dal febbraio 2020 al luglio del 2020. Ma dopo un ricorso d'urgenza al tribunale di Palermo, sezione lavoro, presentato nello scorso agosto dagli avvocati Pier Luigi Licari e Francesca Badalamenti, una donna che vive con il figlio ha riottenuto la corresponsione del sussidio. "La residenza effettiva prevale sulla residenza anagrafica tenuto conto che quest’ultima costituisce solo una presunzione circa il luogo di residenza effettiva che può, quindi, essere oggetto di prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito", si legge nell'ordinanza cautelare del giudice Dante Martino pubblicata nei giorni scorsi.

Il giudice inoltre fa riferimento a due testimonianze. La prima è quella dell'ex convivente il quale ha dichiarato che la donna aveva con lui vissuto in un'abitazione dello Zen  "anche se formalmente lei non risultava abitare lì, perché il Comune non accettava la sua residenza, dal momento che io ero moroso nel pagamento del canone annuale". L'uomo ha anche precisato di aver convissuto con la ricorrente nel periodo della pandemia. A confermare quanto affermato dall'ex compagno anche la testimonianza di un vicino di casa.

La donna, dopo lo stop all'erogazione del reddito di cittadinanza, in questi mesi si era ritrovata senza alcuna entrata e aveva accumulato morosità nel pagamento di affitto e bollette  "Abbiamo ritenuto che il ricorso d’urgenza fosse lo strumento più adatto alla tutela degli interessi della nostra assistita, sussistendo, a nostro avviso, entrambi i requisiti richiesti dalla legge, ossia il danno che la stessa avrebbe irreparabilmente patito, insieme alla sua famiglia, nell’attesa di una sentenza di merito e la probabile fondatezza del diritto richiesto", spiegano i legali Licari e Badalamenti. 

"La decisione del tribunale - proseguono gli avvocati - ci ha pienamente soddisfatto su entrambi i versanti perché ha riconosciuto principi inossidabili.  Infatti, l’arbitraria sospensione del reddito di cittadinanza ha determinato un pregiudizio imminente e irreparabile alle esigenze alimentari della nostra assistita e della sua famiglia, priva di altra fonte di reddito. L’impossibilità di sostenere le spese per affitto e utenze di casa, la difficoltà ad occuparsi delle esigenze basilari della famiglia, a causa della sospensione del reddito di cittadinanza si sarebbe tradotta, nell’attesa di una sentenza, nel pregiudizio al sacrosanto diritto costituzionalmente garantito di condurre un’esistenza libera e dignitosa.  Ci riempie di soddisfazione il fatto che questa decisione abbia messo al centro la persona umana e la sua dignità".

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