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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Reddito di cittadinanza, la novità sui "lavori utili" nei Comuni (occhio ai limiti)

Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro, ha firmato il decreto che definisce l'attivazione dei lavori di pubblica utilità per i beneficiari del reddito di cittadinanza, delineando anche i limiti delle attività che possono essere realizzate nei Comuni di residenza. Ma la fase 2 del reddito di cittadinanza non decolla: finora solo 50mila persone su 700mila hanno firmato il patto per il lavoro

Reddito di cittadinanza, c'è un'importante novità: Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha firmato il decreto ministeriale, concertato con i Comuni, che definisce l'attivazione dei lavori di pubblica utilità che i beneficiari di reddito di cittadinanza dovranno effettuare presso il Comune di residenza. "E' un atto importante nel percorso di costruzione di un moderno sistema di welfare state che rinsalda il patto tra Stato e cittadino", ha scritto il ministro su Facebook.

Di cosa si tratta nel dettaglio? Con questo atto i Comuni interessati avranno la possibilità di avviare la progettazione e definire le attività che i beneficiari del sussidio "anti povertà" voluto dal Movimento 5 stelle andranno a svolgere.

Reddito di cittadinanza e lavori di pubblica utilità nei Comuni: ecco i limiti

Il Comune è quindi il titolare dei "progetti utili alla comunità" e può avvalersi della collaborazione di enti del terzo settore o di altri enti pubblici. "I Puc possono essere svolti in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, contribuendo alla costruzione di una comunità migliore", si legge in una nota del ministero. Il decreto delinea inoltre i limiti, i confini delle attività che possono essere realizzate: i percettori di reddito di cittadinanza, infatti, "non possono svolgere attività in sostituzione di personale dipendente dall'ente pubblico proponente o dall'ente gestore nel caso di esternalizzazione di servizi o dal soggetto del privato sociale"; "non possono altresì ricoprire ruoli o posizioni nell'organizzazione del soggetto proponente il progetto e non possono sostituire lavoratori assenti a causa di malattia, congedi parentali, ferie ed altri istituti, né possono essere utilizzati per sopperire a temporanee esigenze di organico in determinati periodi di particolare intensità di lavoro".

Reddito di cittadinanza, i numeri e il patto per il lavoro

Veniamo ora ai dati. Sono 982mila le domande di reddito e pensione di cittadinanza accolte fino all'8 ottobre 2019, 126mila sono in lavorazione e 415mila respinte o cancellate. Lo comunica l'Inps nel relativo osservatorio. In totale 1,5 milioni di nuclei hanno presentato una domanda, per 2,28 milioni di persone coinvolte (di cui 1,47 milioni tra Sud e isole), con un importo medio mensile pari a 482,36 euro. E' quanto si evince dalle tabelle che accompagnano i dati dell'Inps aggiornati all'8 ottobre. Importo che varia in funzione delle componenti del beneficio: il più alto, 613 euro mensili, risulta quello percepito dai nuclei beneficiari del reddito con a carico un mutuo; quello più basso, 212 euro, da chi ha una Pensione di cittadinanza (per gli over 67) con a carico un affitto.

Da aprile 2019 ad oggi 39mila nuclei sono decaduti dal diritto: i motivi di decadenza sono rinuncia del beneficiario (5% dei nuclei), variazione della situazione reddituale del nucleo (10%), variazione della composizione del nucleo ad eccezione di nascita e morte (37%) e infine variazione congiunta della composizione e della situazione economica del nucleo (48%).

Reddito di cittadinanza, solo il 7% ha firmato il patto per il lavoro

Solo 50mila persone su 700mila finora hanno firmato il patto per l'occupazione. Numeri che sono arrivati al ministero del Welfare dalle Regioni. Di fatto, la cosiddetta "fase 2" del reddito di cittadinanza (quella tesa a facilitare l'ingresso o il reingresso nel mondo del lavoro) non decolla e si è incagliata sulla parziale attivazione al lavoro. A quasi sette mesi dal primo assegno, infatti, solo 200mila "occupabili" sono stati contattati dai centri per l'impiego e, di questi, solo 70mila hanno sostenuto almeno un primo colloquio. Ma solo 50mila hanno sottoscritto il patto per il lavoro, vale a dire il 7% degli aventi diritto. Se rifiuteranno le tre proposte di lavoro previste, vedranno decadere il loro diritto al reddito di cittadinanza.

Sono i dati di un primo monitoraggio "non completo" delle Regioni sui beneficiari del reddito di cittadinanza chiamati dai centri per l'impiego per procedere con la cosiddetta fase due, ha spiegato l'assessore al Lavoro della Toscana e coordinatrice della Commissione lavoro della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Cristina Grieco, al termine dell'incontro con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo che si è tenuto a Roma il 21 ottobre nela sede del dicastero a via Flavia. "Un grande lavoro, a testimoniare che le regioni si sono mosse", ha sottolineato Grieco.

Reddito di cittadinanza, patto per il lavoro e patto per l’inclusione sociale

Come si legge sul sito del ministero del Lavoro dedicato al sussidio, per ricevere il reddito di cittadinanza è necessario rispettare alcune "condizionalità" che riguardano l’immediata disponibilità al lavoro, l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che può prevedere attività di servizio alla comunità, per la riqualificazione professionale o il completamento degli studi nonché altri impegni finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale. Al rispetto di queste condizioni sono tenuti i componenti del nucleo familiare maggiorenni, non occupati e che non frequentano un regolare corso di studi. Si noti che ai sensi dell’articolo 4, comma 15-ter, sono considerati disoccupati i lavoratori a basso reddito, ovvero i dipendenti con redditi da lavoro inferiori a € 8.000 e i lavoratori autonomi con redditi inferiori €4.800.

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Sono esclusi invece i beneficiari della pensione di cittadinanza, i beneficiari del reddito di cittadinanza pensionati o comunque di età pari o superiore a 65 anni, nonché i componenti con disabilità (fatta salva la possibilità per i componenti del nucleo familiare disabili di richiedere la volontaria adesione a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale). Possono essere esonerati in occasione della convocazione da parte dei Centri per l’impiego anche i componenti con carichi di cura legati alla presenza di soggetti minori di tre anni di età o di componenti del nucleo familiare con disabilità grave o non autosufficienti ovvero i frequentanti corsi di formazione e gli occupati a basso reddito,considerati disoccupati ai sensi dell’articolo 4, comma 15 ter.

Una volta avvenuta la convocazione presso i Centri per l'impiego (che in origine sarebbe dovuta avvenire entro 30 giorni dal riconoscimento del reddito di cittadinanza), il beneficiario deve collaborare con l’operatore addetto alla redazione del bilancio delle competenze e rispettare gli impegni previsti nel Patto per il lavoro, tra i quali rientra quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue (una in caso di rinnovo). La congruità dell’offerta di lavoro viene definita sulla base di tre principi:

  • coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze e competenze maturate;
  • distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico;
  • durata dello stato di disoccupazione.

Qui tutte le altre informazioni su reddito di cittadinanza e patto per il lavoro.

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