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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Inclusione, cittadinanza, dignità: le promesse elettorali sul reddito

Le elezioni politiche si avvicinano e i principali partiti hanno messo sul piatto le loro proposte sul reddito, in grado di attrarre gli elettori e di spostare l'equilibrio: ma tra il dire e il fare...

La storia ci insegna che non esiste una campagna elettorale senza fragorose promesse fatte un po' da tutti i partiti, che mirano soprattutto a raccogliere più voti possibili. Quella in vista delle Elezioni Politiche del prossimo 4 marzo non è certo diversa dal passato, anzi, a più di un mese dal fatidico voto, i principali partiti politici hanno già messo sul piatto le “offerte” per gli elettori. In un Paese come l'Italia, che sta ancora pagando la crisi economica e in cui esiste un'alta percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà, la possibilità di istituire un reddito minimo da erogare alle famiglie in difficoltà, si è tramutata in una ghiotta occasione per le principali forze politiche in gioco. 

Inclusione, cittadinanza e dignità

Al momento le principali proposte sono tre: il reddito di Inclusione, messo già a regime durante il governo Gentiloni e quindi rivendicato dal Pd, il reddito di cittadinanza, punto cardine da sempre del Movimento 5 Stelle, e il reddito di dignità che Silvio Berlusconi ha proposto ed inserito nel programma elettorale del centrodestra. 

Tra il dire e il fare

Il popolo italiano, vessato dalle tasse e schiacciato dalla crisi, viene per forza di cose attratto da questo genere di proposte, su cui si combatterà la vera battaglia per le prossime elezioni. Un tema fondamentale e di grande appeal sui cittadini, con proposte che però rischiano di fare la fine delle cosiddette 'promesse da marinaio'. Perché se tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, tra la promessa di un reddito in campagna elettorale e la sua effettiva attuazione, esistono scogli di diverso genere, soprattutto economici, che rendono questi impegni di non facile realizzazione. Quello che c'è da capire è quindi quanto questi redditi per le famiglie in difficoltà rientrino nella categoria “illusioni elettorali”, piuttosto che tra le possibilità concrete e attuabili. Andiamo quindi ad analizzare e a scoprire i tre principali 'redditi' proposti da centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 stelle.

Il reddito di inclusione

Il Rei, o reddito di inclusione, è un beneficio economico che parte da 187,5 euro (nel caso di componente unico della famiglia) con un tetto di 539,82 euro al mese nel caso di famiglia in difficoltà con almeno 6 persone.  Il Rei può essere richiesto già dall'1 dicembre 2017 e si compone di due parti:

  • un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta REI);
  • un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà, predisposto sotto la regia dei servizi sociali del Comune

Per avere accesso al Rei è necessario rispettare alcuni requisiti, sia familiari che economici.

Rei, online il modulo per fare domanda

Per ricevere il reddito d'inclusione il nucleo familiare deve trovarsi in una delle seguenti situazioni:

  • presenza di un minorenne;
  • presenza di una persona con disabilità e di almeno un suo genitore o un suo tutore;
  • presenza di una donna in stato di gravidanza accertata (nel caso in cui sia l'unico requisito familiare posseduto, la domanda può essere presentata non prima di quattro mesi dalla data presunta del parto e deve essere corredata da documentazione medica rilasciata da una struttura pubblica).
  • presenza di una persona di età pari o superiore a 55 anni che si trovi in stato di disoccupazione

Per quanto riguarda invece i requisiti economici, ecco le clausole da rispettare:

  • un valore ISEE in corso di validità non superiore a 6mila euro;
  • un valore ISRE (l'indicatore reddituale dell'ISEE, ossia l'ISR diviso la scala di equivalenza, al netto delle maggiorazioni) non superiore a 3mila euro;
  • un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20mila euro;
  • un valore del patrimonio mobiliare (depositi, conti correnti) non superiore a 10mila euro (ridotto a 8 mila euro per la coppia e a 6 mila euro per la persona sola).

Tra gli ulteriori requisiti c'è anche la residenza in Italia, la cittadinanza in uno dei Paesi dell'Ue o il possesso di un permesso di soggiorno permanente.

Questa misura, voluta dall'Unione europea e dal ministro del Lavoro Poletti, è stata finanziata con le risorse del Fondo Povertà, che avrà una dotazione di 1,76 miliardi di euro per il 2018 e di 1,85 miliardi di euro per il 2019. Il Rei però dovrebbe costare alle casse dello Stato circa 2 miliardi di euro, per cui esiste un problema di risorse non indifferente. Con le cifre a disposizione potranno essere aiutate soltanto una parte delle famiglie in difficoltà, fattore che mette in dubbio l'effettiva utilità della misura.

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Il reddito di cittadinanza

Cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, il reddito di cittadinanza è una sorta di reddito minimo garantito, un aiuto universale rivolto a tutti i cittadini, selezionati in base agli accertamenti su reddito e patrimoni. Una misura che punta ad aiutare le famiglie in difficoltà, garantendo un  reddito annuo netto pari a 9360 euro, pari quindi a 780 euro mensili. Nel caso in cui il beneficiario abbia già un reddito, la cifra corrisposta sarà integrativa, fino al raggiungimento della soglia minima di reddito. Tale soglia viene innalzata nel caso di nuclei familiari composti da più persone e calibrata ogni anno in base ai dati sulla povertà forniti da Eurostat. 

Reddito di cittadinanza e reddito minimo: le differenze

Secondo le stime dell'Istat, che ha analizzato il disegno di legge presentato nella corrente legislatura dal Movimento 5 Stelle il costo totale di questa misura si aggira intorno ai 14,9 miliardi di euro, mentre le famiglie aiutate sarebbero 2 milioni e 759mila. Una stima lontana da quella fatta dal presidente dell'Inps Tito Boeri, per cui il reddito di cittadinanza peserebbe sulle casse dello Stato per 30 miliardi di euro, il doppio di quanto stimato dall'Istat. Anche qui i dubbi sulla fattibilità sono di carattere economico, ma non solo, anche l'impianto di universalità ha lasciato perplessi fino ad ora addetti ai lavori e non. Nel mese di novembre era stata l'Aduc, l'associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori, aveva puntato il dito contro la proposta dei pentastellati, etichettandola come una “bufala da 300 miliardi”.

Il reddito di dignità

Berlusconi ha provato ad inserirsi tra i 'due litiganti' con la sua proposta, denominata reddito di dignità, esposta ai microfoni di R101 lo scorso 27 dicembre: “Una misura drastica in aiuto di tutti gli italiani che rientrino nelle soglie di povertà Istat. Non solo non pagheranno alcuna tassa ma sarà lo Stato a versare un’integrazione fino a livello dignità previsto dall’Istat in funzione di parametri del numero di familiari e di luoghi di residenza. Per esempio circa 1250 euro mese servono a famiglie con due figli”. Ma da quel giorno del reddito proposto dal leader di Forza Italia non si è parlato più, anzi, nel programma del centrodestra condiviso con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, non vi è alcun riferimento al reddito di dignità, sostituito da un generico “piano di sostegno ai cittadini, con lo scopo di azzerare la povertà assoluta”.

Con le poche informazioni a disposizione, gli specialisti di LaVoce.info, hanno provato a ipotizzare i costi di questa misura. Se l'ex Cav vuole portare a mille euro il reddito di chi non raggiunge la soglia minima di povertà, questo provvedimento costerebbe 98,5 miliardi di euro, che diventerebbero 77 con le detrazioni. Se invece la proposta venisse formulata sulle famiglie e non sugli individui, si avvicinerebbe molto al reddito di cittadinanza dei 5 stelle, con l'unica differenza che Forza Italia guarda alla povertà assoluta, mentre i pentastellati a quella relativa. Se la misura venisse intavolata in questo modo avrebbe un costo di circa 29 miliardi di euro, anche se al momento non è chiaro se verrà mantenuta e da dove dovrebbero arrivare questi soldi. 

Che si chiami di inclusione, di cittadinanza o di dignità, sembra proprio che la battaglia per le prossime elezioni si combatterà sul reddito. Ma dopo promesse e parole al vento, il 4 marzo saranno gli elettori a decidere a cosa e a chi credere. 

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