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Sabato, 20 Aprile 2024
L'intervista

Pensioni, l'allarme dei sindacati: "Non ci sono soldi per tutti, chi arriva tardi dovrà aspettare"

Today ha intervistato Domenico Proietti, segretario confederale e responsabile delle politiche previdenziali della Uil, per fare il punto della situazione sulle pensioni

Il governo Draghi ha ufficialmente aperto il tavolo di confronto con i sindacati sulla Riforma delle pensioni 2023. Nell’incontro tenutosi a Palazzo Chigi il 20 dicembre scorso si è parlato anche delle prossime misure previdenziali contenute nella legge di Bilancio, in vista della scadenza naturale di Quota 100. Abbiamo fatto il punto della situazione con Domenico Proietti, segretario confederale e responsabile delle politiche previdenziali della Uil.

Com’è andato l’incontro di martedì 20 dicembre a Palazzo Chigi?

“L’incontro è stato positivo, nel senso che si è aperto il cantiere per riformare la legge Fornero. Si sono stabiliti tre tavoli tecnici: il primo sulla flessibilità di uscita, il secondo sui temi che riguardano i giovani e le donne e il terzo sulla previdenza complementare. Il presidente Draghi comunicherà un calendario di incontri, quindi sotto questo punto di vista il nostro giudizio è positivo. E’ rimasta invece inascoltata la nostra richiesta di intervenire già dall’attuale legge di Bilancio sul pacchetto dell’Ape sociale, allargato per i lavori gravosi ma con risorse non sufficienti a fare in modo che tutte le persone che matureranno il diritto lo potranno effettivamente esercitare. Avevamo chiesto anche di prevedere che i precoci con 41 anni di contributi che rientrino nelle categorie dei nuovi lavori gravosi potessero andare in pensione: su questo non abbiamo avuto risposte mentre c’è stata una risposta parzialmente positiva sulla nostra richiesta di abbassare gli anni di contributi per accedere all’Ape sociale, che sono 63 anni e 36 di contributi: vengono portati a 32 nel settore dell’edilizia. Noi avevamo chiesto che fossero coinvolti anche i lavoratori dell’agricoltura ma il provvedimento riguarderà solo i lavoratori dell’edilizia”.

Ci può riassumere quali saranno le novità previdenziali per il 2022?

“Le novità saranno Quota 102, che sono 64 anni di età e 38 di contributi, però riguarderà pochissimi lavoratori. Abbiamo fatto i conti, riguarderà poche migliaia di lavoratori, non è la risposta necessaria. C’è poi l’allargamento dei gravosi dell’Ape sociale con l’ostacolo dell’entità delle risorse: sono stati stanziati 600 milioni che secondo le nostre stime non sono sufficienti a fare in modo che tutti gli aventi diritto possano effettivamente usufruire dell’Ape sociale. Cosa succederà? Una volta finite le risorse chi è arrivato prima andrà con l’Ape sociale mentre gli altri dovranno aspettare. Servirebbero almeno 900 milioni”.

Come mai negli altri paesi europei la media per andare in pensione è di 63 - 64 anni mentre noi con la legge Fornero siamo arrivati a 67?

“Ci siamo arrivati perché nel 2012 fu fatta una gigantesca operazione di cassa per risanare i conti dello Stato sulle spalle dei lavoratori e dei pensionati. Noi in questi anni ci siamo battuti, come sindacato, come Uil in particolare, affinché venissero reintrodotti degli elementi di equità nel sistema previdenziale. Siamo riusciti con una grande iniziativa a fare nuove salvaguardie, che hanno riguardato centinaia di migliaia di lavoratori che sono andati in pensione con i requisiti pre Fornero perché rimasti in mezzo al guado. Un’altra tappa importante fu l’introduzione dell’Ape sociale, che dà una risposta al settore. Un altro intervento ugualmente importante è stata Quota 100 (62 anni di età e 38 anni di contributi, ndr). Però noi abbiamo detto che a esaurimento di Quota 100 bisognava introdurre flessibilità più diffusa, perché Quota 100 è stata importante ma è stata un ambo secco, cioè andavi in pensione solo con 62 e 38, se avevi 41 anni di contributi e 61 anni di età non ci andavi, quindi era un ambo secco. Allora noi abbiamo chiesto una flessibilità più diffusa, utilizzando anche la categoria dei lavoratori gravosi, che però al momento non ha le risorse sufficienti per essere effettivamente efficace”.

Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, ha lanciato l'allarme sulla insostenibilità nel lungo periodo del sistema previdenziale per lo squilibrio esistente tra numero di lavoratori e pensionati. Cosa ne pensa?

“Bisogna avere un po’ le idee chiare, lo dico con rispetto al presidente Tridico: un conto è la sostenibilità del sistema pensionistico che è legata oggi al sistema contributivo, nel senso che tu quello che versi prenderai quando vai in pensione, e un altro conto è il mercato del lavoro e l’occupazione. E’ chiaro che se questo è un paese che non avrà buoni livelli di occupazione in futuro, non ci sarà solo il problema di pagare le pensioni ma ci sarà un problema serio per il futuro dell’Italia. Quindi il tema è sì legato al sistema pensionistico ma in questo caso è un tema più generale. Noi dobbiamo porci l’obiettivo di creare buona e stabile occupazione. Anche la ripresa economica in atto che è molto importante, oltre il 6%, se però come sta avvenendo continua a produrre lavoretti, lavoro precario, è chiaro che non c’è il versamento della contribuzione per pagare le pensioni. Quindi noi non a caso abbiamo proposto tra le altre cose di istituire una forma contrattuale legata alla formazione che permetta ai ragazzi assunti di avere una stabilità e non di essere sottoposti ogni tre mesi a un cambio di contratto. Il tema è più generale, riguarda il funzionamento dell’Italia e la creazione di buona e stabile occupazione. Questi sono stati alcuni dei motivi che ci hanno spinto alla mobilitazione del Paese”.

Con l’arrivo dei fondi del Pnrr molte imprese avranno la possibilità di aumentare i propri fatturati. Ci saranno ricadute positive sui lavoratori?

“Non è scontato che ricadano anche sui lavoratori. Se l’obiettivo è solo quello di massimizzare i profitti, i lavoratori sono l’ultima ruota del carro. Noi abbiamo fatto una proposta complessiva, compiuta, noi pensiamo che la ricostruzione dell’Italia dopo la pandemia non può fondarsi sugli errori del passato, abbiamo fatto il caso della precarietà, che ha compromesso diverse generazioni, ma non può fondarsi sul perpetrarsi dell’evasione fiscale. Se ogni anno si continuano ad evadere 110 miliardi di euro e non c’è un provvedimento che intacca questa tragedia, succederà che anche i soldi impegnati a debito durante la pandemia, sono stati 200 miliardi di euro dati prevalentemente alle imprese e al lavoro autonomo come era giusto darglieli perché sono state le categorie più colpite, però se non c’è una riforma fiscale equa, tra due anni, questi 200 miliardi saranno ripagati ancora una volta dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. Faccio un esempio anche immediato che sta nella legge di Bilancio: quando si toglie l’Irap, che è una tassa sulle imprese che finanzia in parte la sanità regionale per 1 miliardo e 250 milioni, il governo ci dice di stare tranquilli perché metterà 2 miliardi nella sanità, ma quei 2 miliardi però sono frutto della fiscalità generale, quindi ancora una volta sono pagati dai dipendenti e pensionati. Questo passaggio che stiamo vivendo è molto importante, per questo noi abbiamo fatto lo sciopero, abbiamo voluto dire forte e chiaro che non bisogna continuare con gli errori del passato. La nostra posizione è molto determinata e ci auguriamo che sul fisco, sulle pensioni, sul mercato del lavoro ci sia la possibilità di arrivare a cose più giuste, perché le disuguaglianze sono aumentate in un modo vertiginoso e questo non è accettabile per un paese che si vuole ricostruire. Un paese che abbandona le generazioni non ha futuro, un paese che non si pone il tema della natalità e non investe a sostegno delle donne è un paese che non ha futuro. Riflettiamo su un altro dato: è possibile che nell’Italia nuova del futuro lo Stato continui ad avere il territorio nazionale in condominio con le mafie e con la criminalità? Anche qui bisogna voltare pagina, con un contrattacco democratico che ristabilisca la legalità, in questo modo sei più attrattivo anche nei confronti delle aziende che lavorano all’estero”.

Quali sono le vostre proposte sui giovani e le donne per la Riforma delle pensioni 2023?

“Per quanto riguarda i giovani noi pensiamo ad alcuni tipi di interventi e si potrà vedere poi quali scegliere. Il primo è legato alla cosiddetta pensione di garanzia, cioè si può prevedere una pensione base alla quale poi si somma la pensione frutto dei contributi versati. Secondo me quella più praticabile e più equa è quella di dire che lo Stato riconosce un bonus di contribuzione figurativa che va a coprire i buchi che si sono venuti a creare con il passaggio da un lavoro ad un altro. Si può stabilire un tetto naturalmente. Questi sono i due strumenti sui quale lavorare. Lo strumento prevede poi che questa pensione di garanzia la devi dare a tutti: c’è chi all'inizio dopo un paio d'anni di difficoltà ha avuto carriere molto brillanti, in questo caso magari non ce n'è bisogno. Però questo poi lo vedremo al tavolo tecnico.

Sulle donne dobbiamo fare due operazioni. La prima è riconoscere ai fini della contribuzione il lavoro di cura che le donne fanno all’interno delle famiglie. Anche qui si può vedere tecnicamente come studiare questo provvedimento. Il secondo è riconoscere uno sconto di un anno nell’età di accesso alla pensione per ogni figlio. Questi due interventi sarebbero importanti per riequilibrare la condizione della donna in tema previdenziale”.

Ape social e Opzione donna potrebbero diventare strutturali?

“Io penso di sì, tutte le cose che sono flessibili e volontarie secondo me sono utili e le due parole del sistema previdenziale del futuro sono proprio flessibilità e volontarietà. All’inizio di Opzione donna molti erano critici perché si perde il 30%, però le persone si fanno due conti, vedono anche le esigenze e diverse decine di migliaia di donne l’hanno accolta. La stessa cosa vale per l’Ape sociale, è chiaro che bisogna dare un po’ più di sistematicità al sistema, anche perché i sistemi previdenziali per funzionare bene hanno bisogno di certezza e stabilità delle norme. Noi in questi ultimi dieci anni abbiamo spinto per fare tanti interventi perché la Fornero fu un vulnus talmente importante, non fu una riforma pensionistica ma una gigantesca operazione di cassa, e allora noi siamo stati costretti in questi anni a inserire e a chiedere anche provvedimenti parziali, perché quello complessivo non lo facevano, per tentare di reintrodurre degli elementi di equità. Questa è stata un po’ la nostra lotta di questi anni. Noi abbiamo molto chiaro l'importanza della stabilità e certezza delle norme”.

Cosa avete in mente di fare per le pensioni basse calcolate con il metodo contributivo?

“Il metodo contributivo se uno ha una carriera lavorativa stabile non è poi così basso, in molti casi arriva anche al 60-65% dell’ultimo stipendio. Il problema è che se hai buchi di contribuzione perché hai fatto un lavoro precario, questo crea dei problemi e da lì la nostra proposta di avere un bonus di contribuzione figurativa. Poi bisogna riaccendere i riflettori sui fondi pensione, sulla previdenza complementare. Noi abbiamo il miglior sistema dei fondi pensione al mondo. In questi anni di crisi dei mercati finanziari, anche prima della pandemia, i fondi pensione hanno avuto problemi in tutto il mondo meno che in Italia, perché da noi c’è una differenziazione tra investimento previdenziale e investimento finanziario. Riaccendere i riflettori sulla complementare, con una campagna istituzionale che spiega soprattutto ai giovani l’opportunità e la necessità di iscriversi ai fondi pensione, è un altro strumento importante: noi in particolare abbiamo proposto un semestre di silenzio assenso. La verità è che la politica non ci sente, noi sono anni sulla complementare che combattiamo contro i mulini a vento. Draghi fino ad un mese fa non ha mai usato il termine ‘pensioni’, perché lui non voleva proprio affrontarlo il capitolo sulle pensioni. Non dimentichiamoci che Draghi è stato quello che nel 2011 firmò con Trichet, allora suo predecessore alla Banca centrale europea, la famosa lettera a Berlusconi su come andavano risanati i conti. Adesso però evidentemente grazie alle nostre sollecitazioni, alle nostre proposte, si è reso conto che è un tema da riprendere e quindi ha un valore politico il fatto che abbia avviato in maniera solenne un confronto. Non lo vogliamo sottovalutare da questo punto di vista, però siamo un po’ in guardia perché abbiamo visto in questi anni che la politica non ci ha ascoltato molto”.

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