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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il cibo più consumato al mondo

"Riso amaro": tra siccità e rincari, le cose si mettono male

La siccità sta devastando le risaie nostrane con perdite stimate in oltre il 30% del raccolto. Una emergenza che si aggiunge ai rincari delle materie prime che stanno mettendo in ginocchio il settore. I prezzi per i consumatori aumenteranno

Allarme riso. La siccità sta devastando le risaie italiane con perdite stimate in oltre il 30% del raccolto in un momento in cui l'aumento record dei costi di produzione provocato dalla guerra in Ucraina ha già tagliato di diecimila ettari le semine a livello nazionale. E' quanto emerge dall'analisi della Coldiretti sulle conseguenze della mancanza di acqua e delle bombe di calore su un settore strategico per l'economia e l'approvvigionamento alimentare del Paese dove si raccolgono 1,5 milioni di tonnellate di risone all'anno, oltre il 50% dell'intera produzione Ue.

La siccità colpisce la risaie

Dei 217mila ettari coltivati in Italia il 90% è concentrato al nord fra la Lombardia e il Piemonte dove è stato chiesto lo stato di emergenza e si attende nel prossimo Consiglio dei Ministri il decreto antisiccità annunciato dal premier Mario Draghi. Le due regioni sono, infatti, l'epicentro dell'ondata di caldo eccezionale e siccità che sta colpendo il Paese e ci sono aree fra le province di Novara, Vercelli e parte di quella di Pavia dove il rischio concreto è di perdere anche il 40% della produzione in seguito alla mancanza di acqua per dissetare le giovani piantine. Alcuni agricoltori si sono trovati nella drammatica situazione di dover scegliere chi far sopravvivere con le irrigazioni: una risaia piuttosto che un'altra, un campo di mais o uno di Carnaroli o Arborio.

Una emergenza che si aggiunge ai rincari delle materie prime che stanno mettendo in ginocchio un settore dove Italia è leader in Europa con aumenti record che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio: "Per cercare di contrastare l'aumento dei costi di produzione bisogna lavorare fin da subito sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un'equa distribuzione del valore lungo la catena di produzione", afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

La concorrenza sleale delle importazioni low cost

Pesa anche la concorrenza sleale delle importazioni low cost dai paesi asiatici che vengono agevolate dall'Unione Europea nonostante non garantiscano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e dei diritti dei lavoratori. In Italia oltre il 70% del riso importato è oggi a dazio zero. Un esempio è il Myanmar che è diventato il nostro primo fornitore con 23 milioni di chili nei primi quattro mesi del 2022, dieci volte di più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente con un trend favorito dalla scadenza della clausola di salvaguardia con la quale si erano bloccate le agevolazioni tariffarie concesse al Paese asiatico e alla Cambogia.

Per anni i due Paesi asiatici hanno beneficiato dell'azzeramento dei dazi per esportare in Italia e in Europa nell'ambito del regime Eba (tutto tranne le armi). Il risultato è stato una vera e propria invasione di prodotto asiatico che ha messo in ginocchio i produttori nazionali. Facilitazioni che, peraltro, sono state sospese solo per la varietà di riso indica, mentre per la japonica hanno continuato a rimanere attive, nonostante le violenze verificatesi in seguito al golpe militare. Nell'ultima stagione produttiva 2021/2022 solo dal Myanmar sono arrivati in Italia quasi 80 milioni di chili di riso rispetto ai due milioni dell'annata precedente, mentre dal Vietnam, che con l'Unione europea ha un accordo per 80 milioni di chili esenti da dazio, sono giunti in Italia quasi 18 milioni di chili di di risone, 6 volte in più che la campagna precedente.

Perché il prezzo aumenta

Con il prezzo del grano che tocca vette mai viste prima, e le difficoltà per reperire quello tenero, con cui si fa il pane, in aumento, sembrava un momento ottimale per un'alternativa eccellente come il riso, un alimento di cui l'Italia è il principale produttore europeo, e la cui domanda negli ultimi dieci anni è aumentata di oltre il 10%. Invece no. "Colpa" degli allevamenti, anche. Infatti proprio il boom dei prezzi di grano e mais sta facendo aumentare la domanda di riso di bassa qualità in molti Paesi asiatici per sostituire grano e mais nelle razioni degli animali d’allevamento. 

La Cina è da tempo uno dei mercati di mangimi più vasti del pianeta. Gli importatori, proprio a causa della carenza di grano e mais, nesi mesi scorsi hanno comprato volumi extra di riso di qualità inferiore (il riso rotto durante il processo di macinazione) per immagazzinare razioni alimentari per gli animali degli allevamenti intensivi.  Ciò comporta  un rialzo dei prezzi del riso.

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I costi per i produttori negli ultimi mesi sono aumentati molto: in primis il costo dell’energia nell’ultimo anno è aumentato in maniera spropositata in questo settore, e questo già prima del conflitto. Poi da febbraio, quando è cominciata la guerra in Ucraina, è ulteriormente raddoppiato. Anche la materia prima agricola è aumentata, poiché i risicoltori a loro volta hanno visto crescere i loro prezzi di produzione: così, in un anno, il costo del riso originario, quello che si usa per fare il sushi, è passato da 350 a 770 euro alla tonnellata, il ribe è passato da 330 a 570 e l’arborio e il carnaroli, rispettivamente, sono aumentati del 25 e del 60%.

La domanda delle industrie supera l’offerta dei coltivatori. Sul fronte riso, noi italiani siamo protagonisti assoluti in Europa. In Italia si producono oltre 200 varietà di riso, dalle nostre risaie arriva il 40% di tutto il riso prodotto in Europa e nel nostro Paese la domanda di riso, così come dei suoi prodotti derivati, è in costante crescita da tempo. L'import di riso nel 2021 (considerato nel complesso tra lavorato, semigreggio, risone e rotture) è aumentato di 16.100 tonnellate (+7,5%), secondo le stime di Anacer sulla base dei dati Istat. Inoltre il 2021 è stato un anno particolare, nel quale sono diminuite anche le vendite all'estero di riso italiano (-53.600 tonnellate, pari a -7% considerato nel suo complesso tra lavorato, semigreggio, risone e rotture).

I prezzi sugli scaffali dei supermercati sono destinati a salire, c'è poco da fare. I produttori da soli non sono più in grado di sostenere gli aumenti. L'annuncio della Russia di sospendere le esportazioni di grano, riso, orzo e mais nell'Unione Economica Euroasiatica (EEU) fino al 31 agosto non ha impattato direttamente sulla situazione italiana. Ma in una situazione di difficoltà dei mercati la speculazione si estende dall'energia alle materie prime agricole.  Shirley Mustafa, economista della FAO, ha spiegato che in futuro potrebbe esserci un maggiore interesse per il riso di qualità inferiore da destinarsi all’alimentazione animale se il mercato di grano e mais continuerà su questa strada. Ci potrebbero essere conseguenze negative su vasta scala: il rischio è, ad esempio, che le nazioni più povere come l’Africa e l’Asia vedano crollare la sicurezza alimentare visto che questi paesi solitamente fanno affidamento sulla disponibilità a basso costo di questo alimento base.

Il riso, presente con centinaia di varietà nella dieta quotidiana dei popoli di ogni continente, è il cibo più consumato al mondo. Costituisce i due terzi dell’alimentazione quotidiana per tre miliardi di persone e dà lavoro, e di conseguenza da mangiare, a quasi un miliardo di anime.

Perché il prezzo del riso aumenterà

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