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Sabato, 20 Aprile 2024
Il report

I "contrattini" pur di lavorare: un occupato su dieci è povero, ma ora (forse) si cambia

"La tenuta sociale è fortemente a rischio" spiega il ministro del lavoro Andrea Orlando che guarda al salario minimo per settori

Si può finire in povertà anche avendo un lavoro. Un quarto degli occupati in Italia ha infatti una retribuzione bassa (inferiore al 60% della mediana) e più di un lavoratore su dieci si trova in situazione di povertà (vive in un nucleo con reddito netto equivalente inferiore al 60% della mediana). È quanto emerge dalla relazione del gruppo istituito dal ministro Andrea Orlando sulle misure di contrasto alla povertà lavorativa.

La povertà lavorativa non è però collegata solo a salari insufficienti, ma il risultato di un processo che va ben oltre il reddito e riguarda i tempi di lavoro (quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si lavora nel corso di un anno), la composizione familiare (in particolare quante persone percepiscono un reddito all`interno del nucleo) e il ruolo redistributivo dello Stato.

  • A livello individuale il rischio di basse retribuzioni è particolarmente elevato per chi lavora pochi mesi all'anno, per gli occupati a tempo parziale e gli autonomi.
  • A livello familiare, a questi fattori di rischio si aggiunge anche la composizione del nucleo e il numero di percettori.

La relazione del gruppo di lavoro sottolinea che una strategia di lotta alla povertà lavorativa richiede quindi una molteplicità di strumenti per sostenere i redditi individuali, aumentare il numero di percettori di reddito e assicurare un sistema redistributivo ben mirato. 

Le 5 proposte per il mercato di lavoro

Sono state individuate 5 proposte. Due di queste hanno carattere predistributivo ovvero agiscono sui redditi di mercato, una redistributiva e due trasversali. Una strategia complessiva, a detta del gruppo di lavoro, dovrebbe anche affrontare le debolezze macroeconomiche e di politica industriale, le politiche per il lavoro (politiche attive, regolazione lavoro atipico e contrattazione) e gli investimenti in istruzione e formazione con l`obiettivo di aumentare quantità e qualità del lavoro nel nostro Paese.

Il salario minimo

Secondo la task force del ministero del lavoro si deve partire dal garantire minimi salariali adeguati, condizione necessaria, ma non sufficiente, per combattere la povertà lavorativa tra i lavoratori dipendenti. Nel caso italiano sono due le opzioni in discussione: estendere i contratti collettivi principali a tutti i lavoratori oppure introdurre un salario minimo per legge. Nella relazione viene elaborata una terza opzione che consente una sperimentazione di un salario minimo per legge o di griglie salariali basate sui contratti collettivi in un numero limitato di settori.

Quindi:

  • contratti collettivi per tutti; 
  • salario minimo di legge;
  • griglie salariali settoriali.

Tuttavia una volta fissato un minimo salariale per via contrattuale o legale è essenziale che sia rispettato. Pertanto, la task force sottolinea come sia cruciale potenziare anche l'azione di vigilanza documentale basata sui dati che le imprese e i lavoratori comunicano alle amministrazioni pubbliche costruendo indici di rischio a livello di impresa o settore per permettere un confronto sulle anomalie riscontrate e, in caso di persistenza nel tempo, studiare strategie di intervento soft oppure guidare la vigilanza ispettiva. 

L'integrazione al reddito

Si parla poi di introdurre un in-work benefit. Solo il 50% dei lavoratori poveri percepisce una qualche prestazione di sostegno al reddito rispetto al 65% della media europea. In particolare, in Italia manca uno strumento per integrare i redditi dei lavoratori poveri, un in-work benefit (trasferimento a chi lavora, ndr), che permetterebbe di aiutare chi si trova in situazione di difficoltà economica e incentiverebbe il lavoro regolare.

Nel piano stilato dai tecnici del ministero del lavoro si vorrebbero riassorbire gli "80 euro" (bonus dipendenti) e la disoccupazione parziale per arrivare a uno strumento unico, di facile accesso e coerente con il resto del sistema e in particolare con il reddito di cittadinanza, ma anche il nuovo assegno unico e universale per i figli.

I salari con il bonus (e il malus)

A queste misure si propone di affiancare altre iniziative per incentivare le imprese a pagare salari adeguati con forme di accreditamento oppure di name and shame per chi, al contrario, non rispetta la normativa sul lavoro.

L'ultima proposta riguarda la revisione dell'indicatore Ue di povertà lavorativa. I cinque interventi vanno considerati nel complesso, conclude la relazione, perché nessuna di questi da solo è risolutivo. Ma soprattutto perché se non combinati con altre misure, alcuni interventi rischiano di essere inefficaci o addirittura dannosi.

Verso il salario minimo per settori

Se questi erano problemi e le soluzioni proposte, il ministro del lavoro Orlando punta alla sperimentazione di un salario minimo per legge o di griglie salariali basate sui contratti collettivi in un numero limitato di settori, caratterizzati da maggiore criticità. "Un'opzione che, pur apportando solo una risposta parziale e non esente da complessità, potrebbe fornire una prima e temporanea soluzione mentre prosegue il dibattito sullo strumento più adatto a livello nazionale".

L'occasione per riparlare di salario minimo sarà già l'incontro di domani con i sindacati convocati sul lavoro di qualità mentre sulla rappresentanza, anche questo un tema "su cui non si sono fatti passi avanti", è da tempo che informalmente il ministro, rivela, sollecita Cgil Cisl e Uil a riprendere il lavoro fatto con il testo unico in cui le parti sociali avevano deciso di dar luogo ad una 'pesatura' sia dei sindacati che della imprese. Il metodo resta, ricorda ancora Orlando, "quello del dialogo sociale" sperimentato con lo smart working. D'altra parte, dice ancora in riferimento alla legge sulla rappresentanza, "queste norme sono pacificamente approvabili, non posso pensare che ci siano persone contrarie ad introdurre elementi di trasparenza. E lo verificheremo insieme alla luce del passaggio che faremo con sindacati e imprese; un confronto rapido su cui riferirò anche al governo", spiega ancora. Ritornando al salario minimo la discussione troverà nuovo impulso dalla direttiva che la Ue sta per approvare a che dovrà essere recepita dal Parlamento. "Domani socializzerò lo studio della commissione sul lavoro povero, lo offriremo alla riflessione delle parti sociali: l'imminenza della direttiva cresce con il passare del tempo. Serve dare una risposta ai numeri che emergono. Ed è urgente definire le posizioni tra le parti sociali in vista del passaggio parlamentare: non c'è da prendersela troppo con calma, anche perché è molto tempo che si discute. La direttiva non dico che ci costringe a sciogliere tutti i nodi ma molte questioni si", ribadisce.

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