La sanità pubblica non s’ha da fare, nemmeno con i soldi del Pnrr
Stiamo assistendo alla morte del Servizio sanitario nazionale? “Più passano i giorni, più vedo le azioni del governo e più me ne convinco", ha dichiarato il segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, in un’intervista a Today.it
Tra licenziamenti e pensionamenti il comparto sanitario si sta desertificando mettendo a rischio l’intera tenuta del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Già prima del covid il personale sanitario era insufficiente a garantire livelli adeguati di assistenza, ora la situazione sta degenerando: sempre meno persone scelgono le lauree mediche e infermieristiche scoraggiate da turni di lavoro massacranti, dal precariato e da stipendi sotto la media europea. Il ‘sacrificio’ che il personale sanitario ha affrontato durante la pandemia è evidente a tutti (non solo in termini di vite spezzate), ma la passione da sola non basta quando non ci sono altri tipi di riconoscimenti in ballo. I 20 miliardi del Pnrr destinati alla sanità riusciranno a risollevare le sorti del Servizio sanitario nazionale? “Assolutamente no”, ha risposto il neo eletto segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, illustrando tutti i principali problemi della sanità italiana in un’intervista a Today.it.
- I fondi del Pnrr per la sanità
- La grande fuga dei camici bianchi dagli ospedali
- Perché i medici si licenziano
- La carenza di personale rischia di diventare cronica
- La piaga del precariato
- Gli stipendi dei medici italiani sono tra i più bassi in Europa
- La lenta agonia del Servizio sanitario nazionale
- Quasi un italiano su due si rivolge al privato
- Il piano Marshall per la sanità
Sanità: con i 20 miliardi del Pnrr “rischiamo di creare delle cattedrali nel deserto”
Il governo spera di poter risollevare le sorti del Servizio sanitario nazionale con i fondi del Pnrr, ma non sarà certo con quei 20 miliardi che riuscirà a farlo visto che al personale sono destinati solo 2 miliardi di euro. Ad affermarlo il segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, in un’intervista a Today.it, specificando che tutti i problemi della sanità pubblica italiana sono da ricondurre alla carenza di personale medico. Secondo il segretario del sindacato dei medici italiani "non è una questione puramente economica ma di suddivisione delle risorse. Di questi 20 miliardi solo 2 miliardi sono stati destinati al personale, 7 miliardi alle infrastrutture: rischiamo di creare delle cattedrali nel deserto. La verifica di quanto sto dicendo ce l’abbiamo con il neonato decreto ministeriale 77 che prevede una riorganizzazione della cosiddetta medicina di prossimità ma che non ci dà ancora conto su chi farà cosa. Il problema è sempre lo stesso: il personale medico. Finché non si capisce che la prima risorsa sulla quale bisogna investire è il medico, il sistema non solo non si può risollevare ma è un sistema destinato a mutare profondamente. Non sarà più gratuito, come già non lo è, non sarà più un sistema sanitario nazionale”.
L'Italia si ritroverà senza medici
La grande fuga del personale sanitario dagli ospedali
L’emergenza pandemica ha amplificato il disagio del personale sanitario, soprattutto del Ssn. Medici ed infermieri sono stressati, continuano a vivere pessime condizioni di lavoro a causa della carenza di personale, di strutture e strumenti di lavoro inadeguati: sono mal pagati, demotivati, insoddisfatti. Molti di loro decidono di lasciare il lavoro, con una percentuale molto più alta rispetto al passato. Secondo quanto riportato da Quotidiano Sanità, negli ultimi 3 anni il Ssn ha perso quasi 21mila medici specialisti:
- 8mila hanno dato le dimissioni o hanno visto il loro contratto scadere;
- 12.645 sono andati in pensione o sono morti.
Se questo trend dovesse proseguire arriveremo al 2024 con 40mila medici specialisti in meno. Come arginare l’emorragia? “Se l’emorragia non viene arrestata moriremo dissanguati”, con questa metafora medica ha risposto il segretario generale del sindacato dei medici Di Silverio. “Per arrestarla bisogna infondere sangue ma anche individuare l’origine dell’emorragia. Noi la diagnosi l’abbiamo fatta, abbiamo anche dato la cura. Il problema è che il legislatore in questo momento non vuole riconoscere la diagnosi, o meglio forse quella la sta riconoscendo, ma soprattutto non vuole attuare la terapia. L’unica terapia è rendere la professione nuovamente attrattiva”.
Perché i medici si licenziano
Nell’ultimo anno quasi 3mila medici sono andati via in età non pensionabile. Perché decidono di lasciare gli ospedali? “Vanno via perché non è più appetibile il sistema lavoro – ha spiegato Di Silverio - Non c’è più tempo per la persona, ci si dimentica che dietro ad un medico c’è una persona, una mamma, un nonno, uno zio, una persona umana. I medici vengono catapultati in ospedali poco organizzati, in cui vengono costantemente aggrediti, in cui non hanno la possibilità di avere dei turni umani. Un singolo medico si ritrova, soprattutto nei reparti delle emergenze, a dover gestire 80, 100, 120 pazienti, e le discipline specialistiche non vengono neanche più riconosciute. Il sistema è disperato: vengono cooptati medici da qualsivoglia disciplina per coprire turni in pronto soccorso dove c’è carenza, scoprendo così le attività ordinarie e in altri reparti”. Come si fa a rendere più attrattiva la professione? “Il medico deve essere pagato meglio, avere maggiori tutele, condizioni di lavoro migliori, più tempo per se stesso. Se non si utilizza questo mix purtroppo il medico non solo continuerà ad andare via, ma come stiamo vedendo, non c’entra neanche nel sistema perché i posti di specializzazione stanno andando persi. La gente non fa più neanche la specializzazione”.
Perchè nessuno vuole fare il medico di base
La carenza di personale sanitario rischia di diventare cronica
La carenza di personale nel settore sanitario non è un fenomeno recente, esisteva già nel 1990, molti anni prima dell’avvento della pandemia Covid. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista “The Lancet” intitolato “Misurare la disponibilità di risorse umane per la salute e il suo rapporto con la copertura sanitaria universale per 204 paesi e territori dal 1990 al 2019: un'analisi sistematica per il Global Burden of Disease Study 2019”, nel mondo la carenza di personale sanitario esiste soprattutto “in contesti a basso reddito”. Per garantire l’accesso all’assistenza sanitaria di tutti i cittadini servono almeno 207 medici e 706 infermieri ogni 100mila abitanti, cifre che in Europa non facciamo fatica a coprire, almeno per il momento. Ad esempio, in Italia nel 2019 c’erano 405 medici ogni 100mila abitanti (dati Eurostat). A preoccupare è però l’inversione del trend in atto: un numero sempre maggiore di personale sanitario decide di lasciare il pubblico per migrare nel privato; un numero sempre minore di persone sceglie le lauree in medicina e in scienze infermieristiche. La carenza di personale sanitario, dunque, rischia di diventare cronica.
Boom dei contratti a tempo determinato
Formare, impiegare e trattenere le risorse umane nel settore sanitario, sono queste le azioni chiave che devono essere intraprese negli anni avvenire dai governi per ripopolare di lavoratori il Servizio sanitario nazionale. Recentemente si sta registrando una vera e propria disaffezione per le carriere sanitarie, accentuatasi con il covid. Tanto per dare una portata del fenomeno segnaliamo che per la prima volta negli ultimi 11 anni il numero di laureati in infermieristica è sceso sotto la soglia dei 10 mila. Secondo i dati del Miur elaborati da Quotidiano Sanità, circa il 25% dei posti messi a bando per gli infermieri resta vuoto.
Poco incoraggianti anche i numeri sulle assunzioni nella sanità pubblica, che seppur in aumento evidenziano un’esplosione dei contratti a tempo determinato. Nel 2020 gli assunti a tempo indeterminato nel Servizio sanitario nazionale hanno toccato quota 664.686 rispetto ai 649.523 del 2019 mentre i contratti a termine sono stati più di 50mila rispetto ai 32mila del 2019 (dati del Mef).
Medici, gli stipendi in Italia sono tra i più bassi in Europa
A scoraggiare i giovani verso le carriere mediche non sono solo le pessime condizioni di lavoro e la precarietà ma anche gli stipendi, tra i più bassi in Europa. Ma quanto guadagna un medico in Italia? Uno specialista in Italia viene retribuito con poco meno di 80mila euro l'anno, 72.599 euro secondo l'Aran - l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Vale a dire 2,3 volte uno stipendio medio, spiega l'Ocse, dato che si confronta con i 3,4 della Germania, i 3,2 del Regno Unito e i 2,8 della Spagna. “Il problema dello stipendio del medico è che in Italia esiste una pressione fiscale del 43% sul dirigente medico - ha spiegato Di Silverio - Siamo di fronte ad uno scempio: in qualsiasi parte del mondo questo non avviene. Un medico in ospedale guadagna 2.500 euro per 38 ore di lavoro settimanali, nel resto d’Europa lo stipendio è superiore di almeno di 1.000 euro, se non di più. Il problema però non è il netto, è il lordo - ha spiegato il segretario generale del sindacato dei medici - Perché al lordo il medico che entra guadagna quasi 5.000 euro. Se ho una pressione fiscale del 43% e contestualmente mi si impedisce di fare attività libero professionale - se non in azienda pagando ulteriori tasse - lo stipendio si riduce a quello che è. Non è solo una ragione economica ma è anche una ragione economica che allontana il medico dalla sanità pubblica, tant’è che poi va nel privato”.
La lenta agonia del Servizio sanitario nazionale
La professione medica sta diventando sempre meno allettante per le giovani generazioni, non solo per ragioni economiche ma anche per le condizioni di lavoro massacranti e per la difficoltà nella progressione di carriera. Lavori spesso precari, doppi turni per coprire la carenza di personale, erodono giorno dopo giorno la passione per questo mestiere. Risultato? Le liste di attesa si allungano e chi non ha tempo di aspettare si rivolge al privato. Stiamo assistendo alla morte del Servizio sanitario nazionale? “Più passano i giorni, più vedo le azioni del governo e più me ne convinco – ha dichiarato il segretario nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio - Noi siamo di fronte ad una disgregazione di tutto l’impianto del sistema universalistico in maniera peraltro anticostituzionale, in contravvenzione agli articoli 24 e 32 della Costituzione, a favore di un modello sanitario che prevede da una parte un regionalismo differenziato spinto - ne abbiamo evidenza perché vorrebbero presentare un decreto in questi giorni proprio sul regionalismo differenziato e ne abbiamo evidenza anche dalla distribuzione del Fondo sanitario nazionale che penalizza le regioni del sud in maniera impressionante e anche inaccettabile – e dall’altra parte il modello sanitario privato".
Quasi un italiano su due si rivolge al privato
Il 40% degli italiani, quasi un italiano su due oggi già si rivolge al privato, perché non trova risposte nella sanità pubblica. "E’ gravissimo - ha dichiarato Pierino Di Silverio - perché se io ho una lista di attesa che è lunga 2 anni e secondo i nuovi codici vengo identificato in una classe D che dice che devo fare quella visita entro 72 giorni, è normale che mi rivolgo al privato”. Ma come mai le liste di attesa sono così lunghe? “Secondo la miopia governativa perché il medico fa attività libero professionale, ma non è così, c’è quella lista d’attesa perché non ci sono i medici. Questo succede nel pubblico e nel pubblico-intramoenia, ossia in quell’attività professionale infra muraria. Non succede nel privato perché lì non c’è carenza di medici viste le condizioni di lavoro migliori e gli stipendi più alti. Il pubblico è stracolmo di legacci che spingono il medico verso il privato, che invece è libero”, conclude Pierino Di Silverio.
Il Piano Marshall per la sanità
Puntare sul personale sanitario è fondamentale per costruire il Servizio sanitario nazionale del futuro, proprio per questo il sindacato dei medici Anaao Assomed, ha individuato 7 azioni necessarie per far rinascere il settore, un piano Marshall per la sanità. Queste le proposte:
- migliorare le condizioni del lavoro ospedaliero e ricostruire un sistema che privilegi, anche per la carriera, i valori professionali rispetto a quelli organizzativi e aziendali;
- aumentare le retribuzioni, detassando gli incrementi contrattuali e il salario accessorio, compensando il rischio contagio, incrementando il valore del rapporto esclusivo;
- attribuire un nuovo stato giuridico alla dirigenza sanitaria, nel segno della dirigenza “speciale”, e riconoscere il loro ruolo peculiare attraverso forme di partecipazione ai modelli organizzativi e operativi;
- introdurre il contratto di formazione/lavoro per gli specializzandi e riformare la formazione post-laurea;
- attuare politiche di assunzioni che recuperino i tagli del passato, che escludano il precariato e riducano la eterogeneità nei rapporti di lavoro ospedaliero;
- completare la legge sulla responsabilità professionale con il passaggio a un sistema “no fault” sul modello europeo;
- assumere il contratto di lavoro come strumento di innovazione del sistema e di governo partecipato.