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Venerdì, 29 Settembre 2023
Economia

Il prodotto è di meno, ma il prezzo è più alto: cos’è la shrinkflation

Una strategia che sta prendendo piede soprattutto in campo alimentare, la shrinkflation è sotto l’occhio dell’Antitrust. Perché non è chiara per il consumatore e molto spesso è dannosa per le sue tasche

Una pratica di marketing semplice ma potenzialmente ingannevole. È il caso della shrinkflation, un termine anglosassone nato già nel 2009 e composto dal verbo shrink, che vuol dire restringere, rimpicciolire, e inflation ovvero inflazione. Una strategia sempre più utilizzata dalle aziende per combattere appunto l’inflazione dei prezzi e non scoraggiare l’acquisto di prodotti, soprattutto in campo alimentare. E mentre le notizie principali degli ultimi periodi sono zeppe di riferimenti all’aumento dei prezzi dei beni principali e non solo, con scontrini che dividono più di un ballottaggio politico, proliferano queste tecniche a cui fare attenzione. Tanto che l’Unione Nazionale Consumatori ha chiamato in causa l’Antitrust per far luce su certi comportamenti e verificarne la trasparenza. Ma cos’è nello specifico la shrinkflation e che beni colpisce?

Prezzo uguale ma meno prodotto, la shrinkflation

Shrinkflation: peso inferiore e prezzi uguali o maggiorati

In poche parola la shrinkflation tramite il ridimensionamento del peso consolidato di prodotti di largo consumo, maschera l’aumento del prezzo. In italiano si chiama sgrammatura e in molti casi la confezione rimane perfino la stessa, traendo in inganno il consumatore e facendogli percepire sicurezza nell’acquisto grazie ad un packaging sovradimensionato. A finire nel mirino dell’Antitrust sono state le colombe pasquali da 750gr (invece che da un chilo!), le mozzarelle da 100gr (invece che da 125!), le confezioni di caffè da 225 (al posto di quello da 250!), la pasta non nei formati da 500gr e da 1kg, il tè con 20 bustine invece di 25 e innumerevoli altri prodotti. Insomma, sembra essere un metodo che crea inflazione occulta e per questo molto dannoso per le tasche dei consumatori.

Un esempio di sgrammatura su un prodotto di prima necessità

Quali prodotti colpisce la shrinkflation in campo alimentare

In realtà sebbene la notizia di questa pratica è relativamente recente, denunciata all’Antitrust nel 2022 e ritornata nelle cronache nazionali in questi mesi, la shrinkflation è nota già da tempo. Ricordiamo il caso Toblerone, il famoso lingotto di cioccolato che nel 2010 divenne il protagonista di una polemica a seguito della decisione di diminuire i denti della barretta e aumentano lo spazio tra loro. I produttori si giustificarono affermando che solo attraverso questa pratica si poteva far fronte all’aumento dei prezzi. Il mondo del cioccolato a ben vedere è pieno di casi così. Leggiamo su Repubblica: “Milka è passata da 300 a 270gr per le barrette Alpine Milk e Nuts & Raisins. Barrette più piccole anche per KitKat da 45 a 41,5gr. E per Mars a dieta da 58 a 45gr”.

Toblerone, il caso tipico di sgrammatura

Infatti, secondo l’esposto all’Antitrust, sono 11 le categorie alimentari più a rischio: il mondo dei dolci è in generale sotto attacco, come quello di zuccheri, confetture, miele, ma anche pasta, pane e cereali. In molti casi con un incremento di prezzo notevole: le merendine Kinder Brioss, ad esempio, sono passate da un peso di 280gr a confezione a 270gr, aumentando il prezzo da 2,60 € a 2,85 €. Così come i biscotti Krumiri Bistefani il cui prezzo è rimasto invariato, ma la confezione si è alleggerita di 10 grammi. Si tratta di un rincaro del 3,4%. Lampante anche il caso dei gelati confezionati. Il Magnum Classic è passato da un formato da 85gr a uno da 70gr aumentando il suo costo: nel 2002 costava 1,20€, nel 2019 1,90€ e nel 2023 2,50€. Cifre incredibile se pensiamo anche al Cornetto Classic o al Cucciolone da 0,80€ nei primi anni 2000 a 2,50€ oggi.

tanti i prodotti che subiscono questa pratica tra gli scaffali dei supermercati

Come difendersi da questa pratica? Altroconsumo, l’organizzazione di consumatori più importante d’Italia, offre alcuni spunti: “Quando siamo al supermercato è sempre bene valutare il formato del prodotto che stiamo per acquistare, cioè il peso o il volume, e controllare il prezzo al kg o al litro, così da capire effettivamente quanto stiamo spendendo in proporzione alla quantità di prodotto che mettiamo nel carrello”.

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