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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Il problema delle confezioni con meno prodotto al supermercato, ma allo stesso prezzo

Il fenomeno della "shrinkflation" mette in allerta anche l'Antitrust. Le aziende stanno adottando una pratica commerciale scorretta? Di cosa si tratta, e cosa sta accadendo

Il sacchetto di patatine sembra lo stesso, ma contiene più aria e meno prodotto rispetto a qualche mese fa. La tavoletta di cioccolato che prima pesava 100 grammi, ora ne pesa 90. Per non parlare di alcune bevande vendute in bottiglie da 1,35 litri e non più da un litro e mezzo. C'è un problema con le confezioni con meno prodotto, ma allo stesso prezzo, al supermercato. Se ne è "accorta" anche l'autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm, nota informalmente come Antitrust), che dopo le denunce delle associazioni dei consumatori ha annunciato di aver avviato un monitoraggio sul fenomeno per verificare eventuali pratiche scorrette. La "shrinkflation" in effetti è tornata, ripresentatasi in queste settimane con l'inflazione in aumento anche per effetto della guerra in Ucraina. E gli esempi al supermercato si sprecano.

Shrinkflation: il problema delle confezioni con meno prodotto (ma stesso prezzo) al supermercato

Unione delle parole inglesi "shrinkage" (contrazione, restringimento) e "inflation" (inflazione), il termine indica una tecnica di marketing sempre più diffusa che consiste nel rimpicciolire le dimensioni delle confezioni dei prodotti di largo consumo, lasciando il prezzo finale invariato, se non addirittura maggiorato, senza un'adeguata comunicazione ai consumatori. Il meccanismo è semplice, e non è tecnicamente illegale: stesso costo, stessa confezione, ma minor prodotto all'interno. Di solito il cambiamento riguarda una quantità di prodotto che può sembrare piccola sulla singola unità, ma che ha un impatto notevole se moltiplicata sui volumi di produzione di una grande azienda del settore.

Di certo, la mossa di marketing può trarre in inganno il consumatore distratto che riempie il carrello della spesa senza badare troppo all'etichetta. Ecco perché la shrinkflation viene spesso definita come una sorta di "inflazione occulta": determina una diminuzione del potere d'acquisto del consumatore, che però non è immediatamente evidente come lo sarebbe un aumento del prezzo assoluto. Questa "tecnica" risulta spesso efficace perché il consumatore tende ad essere più propenso a prestare attenzione alla quantità di denaro spesa che alla precisa quantità di prodotto acquistata.

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Stampa e consumatori hanno lanciato più volte l'allarme sul "restringimento" delle confezioni di prodotti, soprattutto alimentari e per l'igiene della casa. Il problema, secondo il direttore generale dell'Agcm Giovanni Calabrò, non è la riduzione in sé della quantità di prodotto contenuta nella confezione, che potrebbe anche essere una decisione aziendale legittima, ma la trasparenza di questa scelta nei confronti del consumatore. "In questo senso, condotte quali la diminuzione della quantità di prodotto a parità di dimensioni della confezione, in assenza di un'adeguata avvertenza sull'etichetta frontale, potrebbero essere ritenute meritevoli di approfondimento", ha spiegato Calabrò in un'audizione alla commissione d'inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti. Per questo, l'Antitrust sta monitorando il fenomeno "al fine di verificare se possa avere rilevanza ai fini dell'applicazione del codice del consumo, con particolare riferimento alla disciplina in materia di pratiche commerciali scorrette".

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La conferma che l'Antitrust sta monitorando la faccenda è stata ben accolta dall'Unione nazionale consumatori (Unc), che ha presentato un esposto sulla shrinkflation l'8 aprile scorso. In quell'occasione, a finire nel mirino dell'associazione erano state le colombe pasquali da 750 grammi, le mozzarelle da 100 grammi invece che da 125, il caffè da 225 al posto di quello da 250 grammi, la pasta non nei formati consolidati da 500 grammi e da 1 kg, il tè con 20 bustine invece di 25 e innumerevoli altri prodotti di largo consumo. Massimiliano Dona, presidente di Unc, spiega che "la sgrammatura dei prodotti è antica, ma con la crisi attuale e gli aumenti dei costi di produzione delle aziende, dovuti ai rincari energetici di luce e gas, le segnalazioni dei consumatori si erano moltiplicate e le tecniche delle aziende si sono fatte sempre più insidiose".

Massimiliano Dona aggiunge che "è scorretto diminuire il quantitativo interno di un prodotto mantenendo la confezione della stessa grandezza", così come "è ingannevole nascondere il peso anomalo nella parte nascosta della confezione, quella inferiore, scrivendolo a caratteri minuscoli tra decine di altre scritte". La speranza per l'Unione nazionale consumatori è che "l'Antitrust condanni queste aziende e non si limiti alla moral suasion".

Per Coldiretti, invece, la shrinkflation è solo "l'ultima trovata per scaricare l'aumento dei costi" su consumatori e produttori, perché con la guerra in Ucraina "si moltiplicano speculazioni e pratiche sleali sui prodotti alimentari, che vanno dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione".

La shrinkflation e l'aumento dei prezzi in Italia

Il fenomeno della shrinkflation è "made in Usa", ma negli ultimi anni ha messo piede anche da noi: la necessità di fare cassa e le tecnologie di packaging sempre più sofisticate hanno determinato un sostanziale "restringimento" dei prodotti che acquistiamo, denunciano le associazioni dei consumatori. Come spiega l'Unc, i primi a lanciare l'allarme sono stati i tecnici e gli economisti dell'Istituto di statistica britannico (Ons, Office for national statistics). Secondo le loro rilevazioni, negli ultimi sei anni circa 2.500 confezioni di prodotti sono state ridimensionate in peso e quantità. Si tratta soprattutto di alimentari e prodotti per l'igiene della casa.

Con l'inflazione che galoppa, il ricorso alla shrinkflation può essere una tentazione molto forte per le aziende. Il meccanismo che c'è dietro ormai è noto: il rincaro di carburanti e materie prime si ripercuote su tutta la filiera, facendo schizzare i prezzi anche sugli scaffali dei supermercati. In questo contesto, diminuire la quantità di prodotto anziché alzare il costo può in qualche modo illudere i consumatori. "Le aziende si difendono dichiarandosi più attente all'obesità o allo stile di vita dei single, ma la verità è che grazie a tecnologie sempre più sofisticate del packaging, sommate alla necessità diffusa di far cassa in anni di crisi economica, molti produttori hanno optato per un "restringimento" generale di ciò che si vende, contribuendo ad intaccare i nostri risparmi senza che ce ne accorgessimo", denuncia Massimiliano Dona.

A segnalare questa tendenza è stato anche il Financial Times, spiegando come le aziende stiano "riducendo le dimensioni dei prodotti o limitando i servizi per preservare i margini man mano che i loro costi aumentano". Il fenomeno non è sconosciuto alle nostre latitudini. L'Istat ha già fotografato la situazione in Italia, tracciando il fenomeno dal 2012 al 2017 e denunciando le ripercussioni economiche per le famiglie. In quei 5 anni, l'istituto di statistica ha rintracciato oltre 7mila casi in supermercati e rivendite, con quasi 5mila prodotti di cui è stato modificato non solo il confezionamento ma anche il prezzo. Le classi merceologiche interessate sono undici, con picchi nell'ambito di zuccheri, dolciumi, confetture, cioccolato, miele (in 613 casi con diminuzione della quantità e aumento del prezzo) e in quello del pane e dei cereali (788 casi in cui, però, si è riscontrata solo una riduzione delle confezioni). Bibite, succhi di frutta, latte, formaggi, creme e lozioni sono le altre categorie di prodotti a cui è bene prestare particolare attenzione, segnalava l'Istat.

Come difendersi? I fari accesi dell'Antitrust sono un buon segnale, secondo le associazioni dei consumatori. Quello che manca, forse, è un monitoraggio costante e non sporadico del fenomeno, un sistema di controlli periodici sulle dimensioni (la confezione e il contenuto) e sui prezzi dei prodotti. Per non avere ulteriori brutte sorprese col carrello della spesa, più leggero proprio come il nostro portafogli.

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