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Venerdì, 19 Aprile 2024
Luci e ombre del lavoro agile

Smart working, dopo il boom le regole: "Entro un mese un vero contratto"

L'annuncio del ministro Brunetta: per i lavoratori della pubblica amministrazione è pronto un pacchetto di norme da affiancare al lavoro in presenza

Novità in arrivo in Italia sul fronte smart working, quel “lavoro agile” diventato la prassi negli ultimi due anni. Il ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, ha annunciato che è ormai pronto un contratto finalizzato proprio a regolare l’accesso e la gestione dello smart working nella pubblica amministrazione, e che sarà un pacchetto di misure parallelo a quello del lavoro in presenza. Il contratto affronterà la parte normativa, e dovrebbe vedere la luce tra un mese

"Stiamo vivendo un momento magico. Il Pil sta crescendo al 6% - ha quindi aggiunto Brunetta al Festival dell'Innovazione - se la strategia del green pass funziona e se questa onda, come dice il presidente Draghi, significa riaprire, viaggiamo verso il 7%. È una congiuntura astrale strepitosa, questa cosa però non può essere una fiammata, deve essere strutturale. Io ho questo numero in testa 7 anni, che guarda caso è anche la durata del mandato del presidente della Repubblica"

Il boom dello smart working: luci e ombre

La necessità di regolamentare il cosiddetto “lavoro agile” - che non si limita, nella sua concezione originaria, a lavorare da remoto, ma include una serie di altre caratteristiche per ottimizzare i tempi e i risultati - si è fatta d'altronde pressante negli ultimi due anni, visto che a oggi riguarda circa 5 milioni di italiani. E che per molti di loro, e per le aziende, si è trattato di un salto nel buio senza i necessari strumenti, la preparazione e la predisposizione.

Secondo un focus dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2019 erano solo 570mila i dipendenti italiani che lo avevano sperimentato, saliti a quasi 7 milioni nel primo lockdown, quando gran parte delle attività è rimasta chiusa per ragioni sanitarie. Il Politecnico di Milano prevede che 5 milioni di “smart worker” sia il plateau italiano per i prossimi anni, con qualche modifica però rispetto alle modalità attuate in emergenza. E dunque non più uno smart working al 100%, ma più flessibile, da alternare al lavoro in presenza.

Molte aziende private si sono già mosse in questo senso prevedendo per i dipendenti spazi agili, appunto, non fissi ma prenotatili a seconda delle esigenze, e attivando una serie di risorse in grado di consentire ai lavoratori di ricreare anche a casa l’ambiente lavorativo ottimale. Altre invece hanno deciso di tornare al lavoro “tradizionale” appena possibile, chiedendo ai dipendenti di tornare in sede e lasciando spazio per 1, massimo 2 giorni a settimana di smart working.

Alla base delle diverse scelte ci sono, ovviamente, le diverse opinioni relative alla produttività dei lavoratori, oltre ovviamente alla natura del lavoro che incide sulla possibilità di poterlo compiere al meglio tra le mura di casa o comunque in luoghi diversi dal tradizionale ufficio. Alcuni studi hanno dimostrato, per esempio, che lo smart working ha ricadute positive sia sulla produttività sia sull’inquinamento (alla luce del taglio alle emissioni per la riduzione degli spostamenti), e che se condotto correttamente aiuta a mantenere maggiore equilibrio tra vita personale e lavoro, tutti aspetti evidenziati in un recente studio di alcuni ricercatori dell’Università di Stanford e di quella di Chicago.

Di contro vi sono aspetti impossibili da ignorare che riguardano in particolare alcune tipologie di lavoro e di lavoratori. Bar e ristoranti, per esempio, hanno risentito parecchio dello smart working perdendo clienti stabili, e in molti casi i lavoratori in smart working si sono ritrovati a lavorare senza regole né limiti (di orario e di compiti) e senza neppure una piattaforma tecnologica adeguata. Nella pubblica amministrazione, inoltre, il alcuni casi il “lavoro agile” si è rivelato un mero lavoro effettuato da remoto che ha avuto ripercussioni sull’efficienza degli uffici. Non è un caso, dunque, che Brunetta abbia annunciato di voler tagliare nettamente la percentuale di dipendenti della p.a. in smart working, portandola al 15%.

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