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Martedì, 16 Aprile 2024
Gli scenari

Se lo smart working fosse per sempre

Se diventasse strutturale, il lavoro da remoto potrebbe interessare fino a 6,2 milioni di persone. Ma con quali conseguenze per l'economia e la società?

Prima che la pandemia di Covid-19 rendesse necessario il lockdown, il lavoro da remoto era poco diffuso in Italia rispetto al resto d'Europa. Prima del 2019, gli italiani che hanno avuto la propria abitazione come luogo di lavoro principale sono stati solo 184mila (di cui 44mila dipendenti, lo 0,2% del totale e 140mila indipendenti, il 2,6%). Includendo chi utilizzava la propria abitazione come luogo di lavoro secondario o occasionale, si arrivava ad 1,3 milioni di lavoratori, il 5,7% del totale. Nello stesso periodo, erano il 23% in Francia, l'8,4% in Spagna e il 12,3% in Germania. Ad aprile 2020, in piena emergenza, i lavoratori agili erano invece circa 9 milioni, scesi poi agli attuali 4,5 milioni al termine dell'emergenza, secondo una stima. A dare i numeri è il dossier Confesercenti "Cambia il lavoro, cambiano le città", incentrato sugli effetti dello smart working su imprese, famiglie e società.

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È stata l'emergenza sanitaria ad imporre il passaggio improvviso alla sperimentazione del lavoro da remoto in molti settori, certo, ma in alcune realtà, nei recenti atti normativi e nel dibattito pubblico si prefigurano le condizioni perché il lavoro agile, o comunque ibrido casa/ufficio, venga mantenuto e promosso ulteriormente nei prossimi mesi e anni. Con quali conseguenze? Chi ci guadagna e chi ci perde, tra lavoratori e imprese, con uno smart working "intensivo"? Accanto all'impatto diretto sulle imprese che utilizzano il lavoro da remoto e sui lavoratori che lo praticano, lo smart working "generalizzato" avrebbe degli effetti significativi sul sistema imprenditoriale e sulle attività che gravitano intorno ai luoghi fisici di lavoro, producendo ulteriori cambiamenti sull'organizzazione delle città, sui tempi di vita e sui trasporti.

Smart working "per sempre": chi ci guadagna e chi ci perde?

Confesercenti stima che un regime di smart working strutturale, con un'adesione su base volontaria, coinvolgerebbe circa 6,2 milioni di lavoratori, impiegati soprattutto nella pubblica amministrazione e nei servizi. E "cancellerebbe" dalle strade 4,9 milioni di passeggeri di mezzi privati o pubblici al giorno.

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Si tratterebbe, però, di una rivoluzione da gestire, spiega l'associazione di categoria che rappresenta le imprese italiane del commercio, del turismo e dei servizi, dell'artigianato e della piccola industria. Una trasformazione profonda nel modo di vivere il lavoro e la città da gestire perché avrebbe un impatto profondo ma asimmetrico sulle imprese: da un lato porterebbe il sistema imprenditoriale a risparmiare fino a 12,5 miliardi all'anno, dall'altro farebbe perdere circa 25 miliardi di euro di fatturato alle attività della ristorazione, del commercio, del turismo e dei trasporti.

Nella sua analisi, Confesercenti sottolinea che lo smart working influisce anche sulle abitudini di consumo e sulla tipologia di spesa per la famiglia. Chi lavora da remoto spende di più per la tecnologia per lavorare da casa, di meno per la cura della persona e per l'abbigliamento. Inoltre, consuma un minor numero di pasti fuori, utilizza meno i trasporti e le attività ricettive, ma allo stesso tempo aumenta la spesa per i prodotti alimentari e le utenze domestiche (anche perché c'è un collegamento diretto tra il lavoro da casa e il rialzo dei costi delle bollette). Se diventasse strutturale, lo smart working farebbe risparmiare alle famiglie 9,8 miliardi di euro l'anno rispetto ai livelli pre-pandemia.

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E quali sarebbero invece gli effetti sulle aziende? La riduzione di personale in presenza può portare un sensibile risparmio per le imprese, dai costi sostenuti per l'acquisto e gli affitti dei locali a quelli del consumo di energia elettrica e gas, di trasporto e spostamento e tutto l'insieme dei costi indiretti. Secondo le stime di Confesercenti, uno scenario di lavoro da remoto strutturale potrebbe generare un risparmio per il sistema imprenditoriale di circa 12,5 miliardi di euro l'anno. Ma le attività della ristorazione, del commercio, del turismo e dei trasporti, in particolare nei capoluoghi e nei grandi centri urbani, subirebbero un pesante calo di fatturato (-25 miliardi). Mentre salirebbero invece i ricavi nel commercio alimentare (+4,3 miliardi). Confesercenti stima che in un quadro simile chiuderebbero 21mila attività, con la perdita di oltre 93mila occupati, in particolare nei pubblici esercizi e nella ricettività.

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Quanto agli effetti sul traffico e sulla vita nelle città, il report sottolinea che in un regime di smart working strutturale mediamente circa 4,9 milioni di lavoratori al giorno (di cui un milione con un mezzo di trasporto pubblico) non si sposterebbero più da casa. Col lavoro da remoto intensivo, dice Confesercenti, la gran parte della riduzione di spesa si concentrerebbe nelle grandi città che hanno molte attività di terziario avanzato. Per questi centri si potrebbe assistere a una ripresa del turismo vacanziero, e al contempo a una flessione strutturale dei flussi di tipo lavorativo: sono proprio le città più densamente abitate ad avere più attività che possono essere svolte da remoto (circa il 45%), mentre nelle città minori questa percentuale si attesta intorno al 20%.

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