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Martedì, 23 Aprile 2024
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Redazione

Nelle casse dei siti di bufale e notizie false 2,6 miliardi di pubblicità all'anno

Il settore giornalistico sta vivendo grosse difficoltà a livello globale, con redazioni di tutto il mondo costrette a tagliare posti di lavoro, lottare per rimanere a galla, o addirittura chiudere i battenti. Al contrario, secondo una nuova analisi di NewsGuard e Comscore, l’industria della disinformazione sta vivendo un momento particolarmente florido. Si stima che chi pubblica disinformazione ricavi dalla pubblicità programmatica (software che comprano banner per tipologie di utenti mirate) 2,6 miliardi di dollari all’anno. Centinaia di questi milioni di dollari finanziano la diffusione di affermazioni false sulla salute, bufale sui vaccini, disinformazione elettorale, propaganda e notizie false. I dati sottolineano quanto la disinformazione sul web sia involontariamente finanziata anche dai maggiori inserzionisti pubblicitari: i loro annunci compaiono su migliaia di siti attraverso la pubblicità programmatica, un processo automatizzato che non offre informazioni chiare e complete ai brand su dove esattamente compaiano le loro pubblicità e di conseguenza su quale tipo di informazioni stiano finanziando.

I numeri di oltre 7.500 siti

L’analisi è stata condotta grazie alla combinazione dei dati di NewsGuard, un'organizzazione i cui giornalisti monitorano la disinformazione online, e i dati di Comscore, azienda che misura pubblico, traffico, e metriche pubblicitarie per decine di migliaia di siti. NewsGuard e Comscore hanno utilizzato un campione di 7.500 siti il cui traffico e le cui spese pubblicitarie sono misurate da Comscore, e il dataset di oltre 6.500 siti di notizie e informazioni la cui credibilità è valutata da NewsGuard. I dati sono stati incrociati per arrivare a una stima della spesa pubblicitaria sui siti considerati inaffidabili da NewsGuard. Attraverso la combinazione dei dati di spesa di Comscore con i dati di NewsGuard relativi a migliaia di siti che pubblicano ripetutamente notizie false, NewsGuard e Comscore hanno stimato che l’1,68% della spesa per la pubblicità programmatica nei 7.500 siti facenti parte del campione è andata a siti che pubblicano disinformazione. Considerando i 155 miliardi di dollari della spesa mondiale della pubblicità programmatica, tale percentuale equivarrebbe a una stima di spesa pubblicitaria mondiale annua su siti di disinformazione pari a 2,6 miliardi di dollari. Al momento nessuno è in grado di determinare con precisione la quantità di pubblicità inserita nei siti di disinformazione. Le piattaforme digitali che controllano gran parte del mercato pubblicitario non rendono pubblici i loro dati sulla pubblicità che compare ogni anno sui singoli siti di disinformazione. Comscore e NewsGuard hanno unito le loro forze per ottenere questa stima senza avere accesso ai dati delle grandi piattaforme digitali. Negli Stati Uniti, che sono il mercato principale per la pubblicità programmatica e la cui spesa prevista per il 2021 secondo eMarketer è di 96,89 miliardi di dollari, l’analisi stima che gli inserzionisti stanno spendendo 1,62 miliardi di dollari in inserzioni nei siti di disinformazione. La spesa totale della pubblicità digitale di tutte le testate giornalistiche statunitensi è stata di 3,5 miliardi di dollari nel 2020, secondo i dati del Pew Research Center: ciò significa che per ogni 2,16 dollari di pubblicità digitale a testate giornalistiche legittime, gli inserzionisti statunitensi danno circa 1 dollaro ai siti di disinformazione. Quest’ultimo report arriva dopo numerosi altri studi sulla sconcertante magnitudo con la quale gli inserzionisti supportano inavvertitamente la disinformazione attraverso la loro pubblicità. Secondo un report precedente di NewsGuard, oltre 4.000 top brand avevano inserito pubblicità su siti che pubblicano disinformazione sul covid-19. Secondo un altro report di NewsGuard, 1.668 top brand avevano inserito pubblicità su siti che avevano pubblicato disinformazione elettorale durante le presidenziali americane del 2020. Uno dei modi per misurare il successo dei siti di notizie e informazioni non affidabili è valutare la loro posizione in termini di engagement sul web.

Rendere la disinformazione un settore meno redditizio

È importante sottolineare che molti brand che supportano la disinformazione attraverso le loro inserzioni pubblicitarie non lo fanno intenzionalmente. Le pubblicità vengono inserite automaticamente tramite algoritmi dalle piattaforme pubblicitarie digitali. Gli strumenti offerti dalle aziende tradizionali di verifica delle inserzioni, create con lo scopo di proteggere i brand dall’inserire annunci su siti inappropriati, sono efficienti nell’uso dell’intelligenza artificiale per individuare e bloccare le pubblicità su siti pornografici, o che promuovono violenza e odio. Queste aziende sono invece generalmente inefficaci nel riconoscimento della disinformazione, che spesso si presenta esattamente come vera e propria notizia e che non può essere identificata attraverso l’uso della sola intelligenza artificiale. Secondo l’analisi di NewsGuard e Comscore questa lacuna spiega molto bene il motivo per cui così tanti siti che pubblicano disinformazione e bufale siano in grado di generare introiti e mantenere modelli aziendali di successo. I loro articoli tendono a generare interazioni significative online, e gli articoli contenenti notizie false sono spesso anche promossi dagli algoritmi dei social media, studiati per massimizzare il livello di interazione e le entrate pubblicitarie e non l’accuratezza dell’informazione e la sicurezza di chi legge. La stima di 2,6 miliardi di dollari in entrate pubblicitarie che va a questi siti mostra quanto sia redditizio il settore della disinformazione, ma mostra anche che ridurre o eliminare le pubblicità che inavvertitamente supportano questi siti toglierebbe loro una fonte di guadagno determinante.

Fake news: produrle costa molto poco 

Chi pubblica disinformazione può produrre notizie false a un costo molto ridotto, a prescindere dal fatto che si tratti di notizie semplicemente inaccurate oppure dannose, e può competere in termini di engagement ed introiti con organizzazioni giornalistiche legittime che spendono milioni in reporter, editor, e fact-checker per produrre contenuti accurati e di qualità. In altre parole, visto che la disinformazione ha costi di produzione molto bassi, ogni dollaro speso in pubblicità che va a siti di disinformazione contribuisce molto più alla produzione di notizie false di quanto un dollaro speso in pubblicità che va a media legittimi contribuisca alla produzione di giornalismo credibile.

 Matt Skibinski è General Manager di NewsGuard, piattaforma internazionale che monitora la qualità dell'informazione giornalistica

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