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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia Italia

Quali sono gli effetti dello spread a 300

Il solo annuncio delle scelte economiche che saranno presentate dal governo nella prossima manovra ha provocato un aumento della previsione di spesa per interessi per circa 9 miliardi, quanto la spesa prevista per il reddito di cittadinanza

Non solo flat tax, superamento della legge Fornero e reddito di cittadinanza, sul fronte delle uscite la manovra per il 2019 dovrà fare i conti con una spesa per interessi sul debito pubblico che torna a crescere interrompendo un percorso di progressivo calo che dura da sei anni.

L'aumento dei tassi d'interesse sui Btp e l'allargamento dello spread hanno un impatto immediato sulla spesa con un effetto anticiclico sui conti pubblici: negli ultimi sei anni infatti è stato questo capitolo di spesa a generare il progressivo miglioramento del livello del rapporto deficit. Nel 2012 l'Italia ha sostenuto 83 miliardi di spesa per interessi sul debito e nel Def firmato dal precedente governo l'indicazione era per il 2018 un nuovo calo a 63 miliardi.

Lo spread in tempo reale

Da maggio tuttavia le fibrillazioni sui mercati hanno alimentato la tensione sullo spread tra Btp e Bund che si è rapidamente ampliato in area 200 punti. Nei mesi scorsi l'Ufficio parlamentare di bilancio ha prodotto una analisi delineando diversi scenari sulle esigenze di rifinanziamento del debito pubblico e una previsione della spesa per interessi.

Il primo scenario prevede uno shock sullo spread di 100 punti base su tutta la curva dei rendimenti a partire da gennaio scorso e fino al 2020. Già nel 2018 la spesa per interessi aumenterebbe di 1,8 miliardi, 4,5 miliardi l'anno prossimo e 6,6 miliardi nel 2020. Lo shock di 100 punti si è materializzato a fine maggio e quindi il maggior onere per l'anno in corso sarà inferiore. Ma un balzo dello spread di 100 punti dopo il varo dell'aggiornamento del Def sembra ottimistico.

Se lo spread arriva a 300...

Sempre l'analisi dell'Upb indicava che uno shock da 200 punti base (dunque in area 300 punti) comporterebbe un impatto doppio.
Quindi per il 2019 la spesa per interessi aumenterebbe di circa 9 miliardi (quasi un reddito di cittadinanza) per superare i 13 miliardi nel 2020.

C'è anche un terzo scenario che si basa sull'incremento differenziato della curva dei tassi a breve e a lungo termine, applicando lo spread registrato nella prima fase della crisi del debito del 2011. In questo scenario la spesa per interessi aumenterebbe già di 3 miliardi quest'anno, 7,7 miliardi l'anno prossimo e oltre 10 miliardi nel 2020.

La spesa per interessi tuttavia è influenzata non solo dai tassi ma anche dal livello di fabbisogno. L'analisi dell'Upb ipotizza un aumento del fabbisogno pari all'1% del pil nel 2018-2020, dunque più contenuto rispetto all'asticella fissata dal governo per il deficit.

La simulazione ipotizza un flusso di maggiori emissioni tale che lo stock dei titoli di stato a fine 2018 risulti maggiore di circa 17 miliardi rispetto allo scenario base (380 miliardi di euro l'ammontare delle emissioni per il 2019 e il 2020). Il risultato sarebbe un aumento della spesa per interessi di 140 milioni quest'anno, 560 milioni l'anno prossimo e 1,2 miliardi nel 2020.

Spread a 300 gli effetti sui mutui e sugli investimenti

L'impennata dello spread potrebbe avere effetti rilevanti sui mutui e sui prestiti e in generale sul flusso del credito verso famiglie e imprese. Per chi detiene un mutuo a tasso fisso i movimenti dello spread non hanno alcun effetto. La sua rata rimarrà la stessa fino alla scadenza. Ciò in quanto i mutui a tasso fisso sono calcolati sul tasso interbancario Irs solo al momnento della stipula per l'erogazione del mutuo.

Per i mutui a tasso variabile nell'immediato non ci saranno riflessi. Questa tipologia di mutui è calcolata sulla base del tasso interbancario Euribor (fermo da un paio di anni) e da una maggiorazione decisa dalla banca. In questo tipo di mutuo varia solo la componente Euribor mentre lo spread stabilito dalla banca è fisso. Oggi sul mercato le banche chiedono in media una maggiorazione di 1,60% sull'Euribor con punte fino al 3% e livelli minimi dello 0,70%. Finora la crisi italiana non si è riflessa sull'Euribor ma se dovesse scattare un effetto contagio verso altri paesi euro quel tasso di riferimento uscirà dal torpore (nel 2011 aveva superato il 5%, oggi quello a sei mesi è intorno allo zero).

Che cosa può fare l'Europa per fermare i piani del governo italiano

Discorso diverso per i nuovi mutui. Il commerciante (la banca) compra il prodotto (il denaro) ad un prezzo (tasso di scambio interbancario) e lo rivende alla sua clientela ricaricato di un margine di guadagno (spread). Se la banca vede salire il costo di acquisto del denaro farà salire il margine chiesto al cliente.

Le banche italiane detengono circa 300 miliardi di euro di titoli di Stato. Un deprezzamento del valore peserebbe sui bilanci e sul profilo patrimoniale spingendo le banche a politiche più restrittive nell'erogare prestiti e mutui e quindi chiedendo interessi più elevati.

Spread, l'effetto sulle aziende

L'allargamento dello spread si riflette anche sull'economia reale se il divario è destinato a essere consistente e per un lungo periodo. Le aziende che ricorrono ai mercati per raccogliere finanziamenti, emettono obbligazioni (come un titolo di Stato per caratteristiche) per le quali dovrebbero riconoscere premi più elevati ai sottoscrittori con conseguente aumento dei costi. Ma lo spread elevato renderà più costosi anche i prestiti bancari per le imprese italiane

Lo spread spiegato semplice

Lo spread è il divario tra i rendimenti di due titoli con carrateristiche simili. Il principale riferimento è la differenza tra i tassi di interesse tra i titoli di Stato di Italia e Germania sulla scadenza a 10 anni. Tale differenza oggi è arrivata a 300 punti ed il risultato del rendimento del Btp al 3,11% con quello del Bund allo 0,28%.

Come abbiamo visto il drastico ampliamento dello spread ha conseguenze che non si limitano al rendimento dei titoli di Stato ma si propagano su tutte le attività finanziarie ed economiche.

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