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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Torna l'incubo spread

La fine del Quantitative easing e il mancato annuncio di un nuovo scudo della Bce fanno impennare il differenziale tra Btp e Bund. E le borse crollano

Lo spread si impenna, la borsa crolla. Piazza Affari ieri ha chiuso la seduta con un tonfo di oltre il 5% dopo le decisioni prese giovedì dalla Bce che ha annunciato un rialzo dei tassi di interesse dello 0,25%a partire dal 1° luglio, a cui probabilmente seguirà un ulteriore aumento a settembre, e contestualmente ha messo fine al programma di acquisti App (Asset purchase programme), il famoso "bazooka" nato 2014 quando alla guida dell'Eurotower c'era Mario Draghi per tenere bassi gli interessi sui titoli di stato.

Una mossa, quella della Banca Centrale, presa all'unanimità dal Consiglio direttivo per tentare di contenere la corsa dell'inflazione che solo lo scorso mese ha superato la soglia del +8% nell'Eurozona. Il risultato per ora è stato però quello di scoraggiare gli investitori e far dilatare la forbice tra i titoli di Stato decennali italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund) che ha raggiunto quota 233. Gli interessi sul debito pubblico dunque sono tornati a crescere in maniera significativa, anche se siamo comunque lontani dal record storico di 574 punti del 9 novembre 2011. L'incubo dello spread però torna a far paura. Ieri per Milano è stato un venerdì nero, ma anche le altre borse europee hanno fatto registrare flessioni importanti. Francoforte ha perso oltre il 3%, Parigi il 2,69%, Londra il 2,17%. 

La fine del Quantitative easing e le (non) dichiarazioni di Lagarde

Quella della Bce è stata una decisione collegiale che dovrebbe servire a frenare l'aumento dei prezzi (l'obiettivo, nel medio termine, è far tornare l'inflazione al 2%), sulla scia di quanto hanno fatto le scorse settimane la Bank of England e la banca centrale degli Stati Uniti (Fed). Una mossa che però sta portando con sé una serie di conseguenze rilevanti per i Paesi più esposti alla speculazione, come l'Italia. La decisione della Bce (peraltro già annunciayta) segna l'inizio di una nuova stagione di politica monetaria. La presidente della Banca centrale Christine Lagarde lo diceva già a marzo 2020: "Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per questi problemi". 

Con la fine del Quantitative easing (ossia dell'acquisto di titoli di Stato da parte della Bce) dal 1° luglio e il rialzo dei tassi di interessi il messaggio lanciato ai mercati è che la copertura della Bce è finita. Ora si naviga in mare aperto. In questo contesto i 2.755 miliardi di debito pubblico che gravano sulle spalle dell'Italia rendono i titoli di Stato del nostro Paese molto più attaccabili rispetto ai titoli degli altri Paesi europei, quelli forti ma anche quelli della periferia. E la risalita dei rendimenti rende ovviamente più oneroso il costo di quel debito. Un circolo vizioso che conosciamo benissimo. In questo contesto pesa secondo molti esperti il mancato annuncio di una possibile soluzione concreta, uno nuovo scudo anti-spread dunque, che mitighi gli effetti negativi derivante da una politica di ridimensionamento del programma di Quantitative easing. 

Il mercato, spiega Giacomo Tilotta, head of european equity di AcomeA Sgr, teme infatti che la Bce non sia in grado di contrastare, in un contesto come quello attuale segnato da elevate pressioni inflazionistiche e da timori di recessione, le ripercussioni, in termini di maggiore spread, derivanti da una politica monetaria più restrittiva. Chiaramente, fa notare Tilotta, "in una situazione del genere i Paesi più vulnerabili, come l'Italia, caratterizzati da maggior debito e da un percorso di crescita più debole, vengono penalizzati. Inoltre, la composizione del nostro indice maggiormente sbilanciata sul settore finanziario, accentua la sottoperformance del mercato rispetto al resto dell'Europa. Il settore finanziario, infatti, risente negativamente più degli altri, non tanto a causa del rialzo dei tassi, che rimane un fattore positivo, quanto per una possibile impennata degli spread e per i rischi ad esso connessi. Oltretutto il possibile riversamento di queste tensioni sull'economia reale penalizza anche il settore industriale ed i settori ciclici, maggiormente sensibili all'andamento del ciclo economico".

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