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Venerdì, 29 Marzo 2024

Massimo Romano

Giornalista-videomaker

In Italia anche chi lavora è povero

In Italia la povertà assoluta è ai massimi storici. Secondo i dati Istat, si attestano sotto la soglia 1,9 milioni di famiglie (7,4 per cento) e 5,6 milioni di individui (il 9,4 per cento della popolazione). Fin qui, dati abbastanza noti, ma confrontando altri dati, appare chiaro che nel Belpaese, oggi, anche chi lavora non è al riparo dal rischio povertà.

Il potere d'acquisto degli italiani negli ultimi trent'anni è crollato. Ha fatto scalpore, nel maggio scorso, il dato Ocse che posiziona l'Italia all'ultimo posto in Europa per aumenti degli stipendi dal 1990 al 2020. In realtà, il nostro Paese è l'unico a far registrare un valore negativo, -2,9. Vuol dire che in questo lasso di tempo, a parità di occupazione, lo stipendio è diminuito in valore assoluto.

Lo stipendio medio lordo di un lavoratore dipendente italiano è di poco superiore ai 29mila euro annui. Molto poco in confronto alla media europea, 37.400 euro, e a quella dei principali Paesi come Francia (superiore ai 40mila euro) e Germania (44mila euro). Per comprendere quanto siano pochi i 29mila euro italiani basta pensare al bonus 200 erogato dal Governo per i lavoratori a basso reddito, con un limite massimo individuato a 35mila euro. Ciò vuol dire che il reddito medio è quasi 6mila euro sotto la soglia individuata come basso reddito.

A ciò va aggiunto un altro dei temi di maggiore attualità del momento: il tasso di inflazione. Secondo Eurostat, a maggio di quest'anno l'indice della Penisola si è attestato al 7,3 per cento. Un dato che potrebbe apparire addirittura positivo se confrontato con la media Ue (8,1 per cento) o con Germania (8,2) e Spagna (8,5). Pure illusioni. Infatti, la media europa è “drogata” dai tassi di inflazione a due cifre dei paesi in via di sviluppo come Lituania (18,5) ed Estonia (20,1), dove inflazione può voler dire anche crescita. in considerazione del fatto che i due paesi, negli ultimi trent'anni, hanno visto aumentare gli stipendi rispettivamente del 276 e del 237 per cento.

Allo stesso modo, anche il tasso di inflazione di Germania e Spagna si registra in paesi che hanno visto crescere i redditi medi, basti pensare che i tedeschi guadagnano il 33,7 per cento in più rispetto al 1990. In Italia, quindi, con gli stipendi che continuano a scendere, l'inflazione al 7,3 per cento è una pessima notizia.

A rendere ancora più poveri i lavoratori italiani è la pressione fiscale. Con il 42,6 per cento il nostro paese si attesta sopra alla media Ue (41,6) e al sesto posto in Europa. I cittadini dei cinque Stati davanti (Francia, Danimarca, Belgio, Svezia e Austria) hanno un potere d'acquisto maggiore e maggiori servizi.

Questi numeri raccontano un paese in declino e sempre più povero, dove chi lavora ha sempre più difficoltà ad arrivare a fine mese. Da anni si parla di un riforma del cuneo fiscale, la differenza che passa tra quanto un lavoratore costa all'azienda e quanti soldi arrivano effettivamente nelle tasche del dipendente. Ma i vari Governi non sono mai andati oltre le chiacchiere.

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