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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia Italia

Il Nord-Italia verso l’Europa, il Sud altrove: "In 10 anni perso il 10% del Pil"

Il Meridione è sempre più un luogo di passaggio per chi ha la possibilità di andare altrove. Sul futuro pesa la bomba demografica negativa. E se si chiedono sempre più risorse pubbliche, molti dei progetti europei restano al palo: "Impegni fermi al 7%"

Il problema Meridionale non è di certo una novità, ma gli ultimi dati sulla "salute" dell'economia del Sud Italia rappresentano un vero e proprio grido di allarme. Portavoci della situazione sono le associazioni delle categorie produttive, Confindustria e Confcommercio in testa, che tracciano il quadro di una economia non solo ferma, ma che rischia di entrare ancora una volta in contrazione. 

Secondo la tradizionale analisi di mezza estate condotta da Confindustria e il Centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo nei primi mesi del 2019 il Sud ha visto affievolirsi la sua capacità di spinta, e i segnali di frenata, già ampiamente visibili a fine 2018, rischiano di diventare veri e propri arretramenti.

Si registrano infatti alcuni campanelli di allarme come la quota sempre più ampia di piccole e medie imprese che vede peggiorare il proprio merito di credito. Tornano ad aumentare i giorni di ritardo dei pagamenti tra imprese e tornano a crescere i fallimenti, così come le liquidazioni volontarie. "Un possibile sintomo del peggioramento della percezione sulle aspettative future degli imprenditori meridionali" spiega Confindustria che mette in evidenza il limitato contributo degli investimenti pubblici.

occupati al Sud confindustria-2

Secondo l'associazione degli imprenditori infatti si accenuta il calo degli investimenti statali: a spesa pubblica in conto capitale pro capite del Centro-Nord torna ad essere, nel 2017, di quasi 500 euro più elevata di quella del Mezzogiorno. 

investimenti Sud confindustria-2

Come spiega lo studio di Confindustria a partire dal 1995 gli investimenti fissi lordi nel Mezzogiorno sono cresciuti fino al 2007, anno in cui hanno toccato quota 134,3 (posto il valore del 1995 pari a 100), per poi diminuire dal 2008 raggiungendo un valore di circa 83 nel 2014. Dal 2001, inoltre, sono sistematicamente più bassi di quelli registrati per il Centro-Nord. Gli ultimi tre anni hanno visto concretizzarsi un andamento altalenante: nel 2015 viene registrata un’inversione di tendenza, con valori in aumento sia nel Centro-Nord sia nel Mezzogiorno. Nel 2016 gli investimenti tornano a crescere in maniera accentuata al Centro-Nord rispetto al calo registrato invece dalle regioni meridionali. L’analisi degli investimenti per branca proprietaria evidenzia come, nel Mezzogiorno, il calo complessivo (2007-2016) sia stato molto intenso nell’agricoltura e nell’industria in senso stretto. La crescita dell’ultimo anno ha interessato solo il settore delle costruzioni (+3,7%); in calo tutti gli altri settori sia rispetto al 2015 che rispetto al 2000.

La bomba demografica sul Mezzogiorno

Tutte le regioni del Mezzogiorno hanno livelli di infrastrutturazione particolarmente bassi ovunque, soprattutto nelle Isole. In tutte le regioni meridionali la dotazione di strade ed autostrade è inferiore alla media UE 28. Inoltre come mette in evidenza il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, negli ultimi 10 anni il Pil pro capite del Sud è calato del 10% rispetto al -1,9% del Nord-Est.

''Un'economia ferma, senza una vera prospettiva di ripresa, aggrava i problemi strutturali del Mezzogiorno allontanandolo sempre di più dal resto del Paese''.

"Per ridurre i divari territoriali - secondo Sangalli - non servono politiche assistenziali, ma occorre migliorare l'accessibilità, le infrastrutture, sfruttare al massimo i fondi strutturali europei puntando sul turismo''.

Secondo l'Uffcio Studi Confcommercio l'Italia centrale e settentrionale hanno già raggiunto l'obiettivo di Lisbona 2020 di un tasso di occupazione del 67% mentre il Sud è ancora al 48,2% nel 2018, con meno di metà delle persone tra i 24 e i 64 anni occupate.

E il divario nelle opportunità di lavoro contribuisce a fare del Sud, con le parole del direttore dell'ufficio studi, Mariano Bella,"un luogo di passaggio per chi ha la possibilità di andare altrove". Tra il 2015 e il 2018 la popolazione al Mezzogiorno è diminuita di oltre 222 mila unita. Questo spopolamento è destinato ad aumentare nei prossimi 20 anni.

Secondo l'elaborazione dei dati Istat, il Mezzogiorno - che oggi rappresenta la macro-area con l’età media più bassa (44,2 anni) - nel 2066 presenterà, invece, la popolazione mediamente più anziana, con un’età media di 51,6 anni. mentre la popolazione totale passerà dagli attuali 20,7 milioni di persone a 15,6 milioni. Tutte le regioni meridionali , ad eccezione di Abruzzo, Molise e Sardegna, fanno registrare un saldo migratorio negativo, frutto di cambi di residenza non solo con altre aree del Paese ma anche con l'estero.

I fondi per lo sviluppo del Sud

Si torna così a parlare di investimenti pubblici. Il ministro per il Sud Barbara Lezzi ha reso noto di aver richiesto al ministro delle finanze il rilancio degli investimenti dello Stato attuando il criterio del 34% delle risorse da destinare al Sud sulla base della distribuzione della popolazione sul territorio. "È necessario il riequilibrio territoriale del volume degli investimenti, che fino ad oggi non è sempre stato garantito".

Eppure un dato importante arriva ancora una volta dallo studio di Confindustria. La banca dati della Ragioneria Generale dello Stato fotografa l’avanzamento degli impegni e dei pagamenti effettuati nelle regioni del Mezzogiorno al 31 dicembre 2018. In generale, l’avanzamento dei pagamenti rispetto alle risorse è fermo al 16% a fronte di una media del Centro-Nord di quasi il 24%

Altro tema sono i fondi europei destinati alle zone meno sviluppate dell'Unione. Nel complesso, all'Italia sono assegnati 33,9 miliardi di euro così ripartiti: regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia): 23,4 miliardi; regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna): 1,5 miliardi; regioni più sviluppate (restanti regioni del centro-nord): 7,9 miliardi; cooperazione territoriale: 1,1 miliardo. Considerando anche gli stanziamenti assegnati per il Fondo per lo Sviluppo rurale (FEASR), pari 10,4 miliardi di euro e quelli per la Pesca (FEAMP), pari a 537 milioni, l'Italia ha ottenuto un finanziamento complessivo, per la parte comunitaria, pari a circa 44,8 miliardi di euro.

La banca dati di Open Coesione, che raccoglie tutti i progetti finanziati con risorse nazionali e comunitarie per la Coesione 2014-2020 nel Mezzogiorno (pari, ad oggi, a circa 45 miliardi di euro), mostra che le risorse vanno per il 28% ad attività di ricerca e innovazione e per il 23% ad attività relative al settore di trasporti e infrastrutture: solo il 5% dei fondi va ad interventi per la competitività delle imprese.

Peccato però che - sempre secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato - al 31 dicembre 2018 lo stato di avanzamento dell’utilizzo del Fondo Sviluppo e Coesione per il periodo 2014-2020 fa registrare impegni giuridicamente vincolanti pari al 7% delle risorse a disposizione, e pagamenti solo per l’1% delle risorse disponibili.

fondi strutturali europei 2018-2

La performance migliore nel Mezzogiorno si registra per il Patto della Città Metropolitana di Catania, i cui pagamenti raggiungono il 98% degli impegni, mentre le situazioni più critiche riguardano quelle dei Patti della Regione Calabria e delle Città Metropolitane di Bari e Reggio Calabria (in tutti e tre i casi non sono stati ancora effettuati pagamenti).

Dove vengono impiegati i fondi della coesione

mappa fondi europei-2
Clicca sulla mappa per i dettagli dei progetti finanziati

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