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Giovedì, 28 Marzo 2024
L'intervista

Superbonus, il blocco dei crediti rischia di favorire i ricchi

"L’implosione del sistema dell’edilizia genererà una catastrofe economica”, ha dichiarato Federica Brancaccio, neo presidente dell’Ance - Associazione nazionale costruttori edili in un'intervista a Today.it

Ancora problemi con il superbonus, nonostante le modifiche apportate in corso d’opera per cercare di migliorare la misura e limitare le frodi. Ora c'è un altro guaio da risolvere: il blocco dei crediti da parte delle banche che rischia di devastare non solo il settore ma l’intera economia con un effetto domino davvero pericoloso. Secondo le stime di Confartigianato il blocco dei crediti potrebbe portare al fallimento di 30mila imprese, che con lo sconto in fattura hanno accumulato sinora 2,6 miliardi di euro. In questi giorni si è parlato anche di esaurimento fondi stanziati per il 2022, nonostante le risorse messe sul piatto siano imponenti  (33,8 miliardi di euro), parliamo di una cifra pari a quasi 4 volte il costo annuale del reddito di cittadinanza. Cosa sta succedendo con il superbonus? Cosa si potrebbe fare per rimuovere il blocco degli acquisti dei crediti da parte delle banche? Ma soprattutto perché questo blocco rischia di favorire i ricchi? Lo abbiamo chiesto a Federica Brancaccio, neo presidente dell’Ance - Associazione nazionale costruttori edili.

Superbonus, la circolare con tutti gli aggiornamenti e le nuove regole

Il superbonus è stato rimodulato più e più volte e nonostante questo ci ritroviamo ancora oggi a dover affrontare importanti criticità. Ci spiega che cosa sta succedendo?

“I veri cambiamenti di regole ci sono stati sugli altri bonus più che sul superbonus, ma alla fine quello che sta subendo davvero il boomerang è proprio il superbonus 110%, che già era sufficientemente regolamentato. Poi sono state inserite delle nuove modifiche ma soprattutto la percezione di negatività di questi bonus ha impattato fortemente sulla misura e adesso a causa del blocco della monetizzazione dei crediti siamo sull’orlo del baratro. Noi imprese ci siamo strutturate, abbiamo studiato, abbiamo approfondito, finalmente siamo partite con un incentivo che non è proprio semplicissimo, abbiamo firmato dei contratti, abbiamo preso degli impegni con i condomini con il presupposto di poter monetizzare questi crediti e oggi è tutto bloccato. E’ tutto fermo. Quindi abbiamo le imprese che si ritrovano in vari step: abbiamo quelle che hanno già i crediti fiscali nel cassetto,  quelle che hanno contrattualizzato e che devono iniziare i lavori, quelle che sono a metà dei lavori, ma sono tutte bloccate da questo disastro. Finanziariamente un’impresa come regge l’impatto di fare a saldo per anni un lavoro pagando maestranze, fornitori, professionisti? Quindi qui è a rischio un intero sistema che si era un po’ risollevato dopo 10 anni di crisi, che aveva contribuito in maniera fortissima all’aumento del Pil nel 2021 e che ancora oggi sta contribuendo per quel che può. Se non si sblocca la situazione, si rischia che queste imprese saltino, con tutti i costi socio-economici che ne derivano”.

Cosa si potrebbe fare per rimuovere il blocco degli acquisti dei crediti da parte delle banche?

“Si potrebbe consentire alle banche una maggiore facilità di cedere a loro volta a terzi i crediti in modo da aumentare la platea degli acquirenti, quindi anche il plafond. Il governo dovrebbe dare un messaggio non negativo ma di chiarezza, anche attraverso la riapertura di CDP e di Poste, che sono stati i principali acquirenti di questi crediti fino a novembre. L’esecutivo deve dare il senso che è una misura nella quale crede. Poi dobbiamo sederci attorno ad un tavolo e ragionare su come questa misura a regime possa diventare strutturale, ovviamente con delle modifiche rispetto a quella che è oggi. Il blocco dei crediti, con il treno in corsa, con le imprese che hanno preso degli impegni, è veramente devastante”.

Lei ha dichiarato che questo blocco rischia di favorire i ricchi? In che senso?

“Questa era una misura che doveva aiutare specialmente i cittadini che non potevano permettersi di riqualificare le proprie abitazioni, ma poi con il blocco dell’acquisto dei crediti stiamo penalizzando i condomini, che spesso sono anche i più degradati, e il cittadino che non ha la possibilità di dire pago le imprese e mi tengo il credito fiscale, magari non ha neanche di che compensare. E’ veramente un paradosso quello che si sta generando. Noi rischiamo fallimenti, disoccupazione e la misura andrà avanti solo per chi se lo potrà permettere, per chi dice ti pago i lavori, il credito me lo tengo io e lo compenso con il mio F24, con i miei debiti fiscali, quindi ti anticipo i soldi e vado io a compensazione dei crediti. La cosa importante di questa misura era stata anche quella di diffondere una cultura dell’importanza della riqualificazione, del consumo energetico, della sicurezza sismica, ma adesso c’è di nuovo una sfiducia totale, è davvero una situazione drammatica”.

Il blocco del superbonus rischia davvero di far fallire le imprese del settore costruzioni? Avete delle stime?

“Non abbiamo il numero preciso di aziende che rischiano il fallimento, lo stiamo approfondendo, però parliamo di migliaia e migliaia di imprese dirette ma poi c’è un tema di filiera da prendere in considerazione. Il nostro comparto tocca il 90% dei settori produttivi, compresi quelli professionali. Se salta un’impresa di costruzione la cosa si ripercuote sull’occupazione ma anche sui professionisti, sul manifatturiero, sui materiali edili. Qui saltano i birilli, si fa strike. Così come è una misura anti-ciclica per cui 1 euro investito ne genera 3,5, così al contrario l’implosione del sistema dell’edilizia genera una catastrofe. Questo moltiplicatore c'è sia in negativo che in positivo”.

I fondi stanziati per il 2022 sono esauriti. Questo cosa comporta? Cosa accadrà a chi ha già iniziato i lavori?

“La questione dei fondi stanziati esauriti: non c’è mai stato un documento ufficiale che dava un plafond, una copertura. Tra l’altro anche laddove ci fosse o la mettessero bisogna fare il calcolo del netto. Mi spiego meglio, mettiamo 10 miliardi di credito d’imposta. Questi 10 miliardi rappresentano il lordo, al netto sono molti di meno perché generano comunque contributi, gettito fiscale, iva, che vanno a ridurre fortemente quei 10 miliardi di credito d’imposta. Una misura del genere mette in moto un meccanismo virtuoso per cui nelle casse dello Stato rientra una gran parte del credito d’imposta concesso, anche grazie ai condoni, al non pagare la cassa integrazione, ai contributi, alle tasse che pagano i fornitori. Se messa in moto è una macchina che poi restituisce molto alle casse dello Stato. E’ tanto e adesso anche su questo si stanno approfondendo degli studi”.

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