C'è il tricolore sul 25 per cento dei prodotti nei supermercati: ma occhio all'inganno
Spesso la spesa viene fatta di fretta, tra i mille impegni della vita quotidiana. Gli inganni possono essere sempre dietro l'angolo. Un esempio è quello della bandiera italiana
Molto spesso la spesa viene fatta di fretta, tra i mille impegni della vita quotidiana. Anche per questo, gli inganni possono essere sempre dietro l'angolo. Un esempio è quello della bandiera italiana sui prodotti in vendita nei supermercati. Per fare leva sul patriottismo nei consumi il tricolore è presente sul 14% delle confezioni alimentari ma addirittura in ben il 25% dei prodotti sugli scaffali c'è comunque un evidente richiamo all'italianità (con tricolore o altre modalità) che spesso viene sfruttata a sproposito. Lo racconta Coldiretti in occasione della Giornata nazionale della Bandiera con la celebrazione del 222esimo anniversario della nascita del Primo Tricolore, sulla base dei dati dell'Osservatorio lmmagino che ha rilevato le caratteristiche del packaging di 67855 prodotti del mondo del food.
Nel sentire comune, tricolore uguale qualità. Purtroppo non sempre è così. Due italiani su tre sono disposti a pagare almeno fino al 20% in piu' pur di garantirsi l'italianità del prodotto che si portano a tavola secondo l'indagine Coldiretti/Ixe'. E le vendite dei prodotti alimentari identiticati dal tricolore sono in aumento. Spesso però è dovuta intervenire l'Autorità Garante della concorrenza che - sottolinea la Coldiretti - ha contestato ad esempio la presenza della bandiera italiana e della scritta "Product of Italy" su vasetti di Pomodori secchi a filetti e di Frutti del cappero provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco. In questi casi le etichette con la presenza di bandiere e di scritte sull'italianità dei prodotti potevano indurre i consumatori a pensare che le conserve fossero preparate con verdure coltivate in Italia.
Tricolore sui prodotti alimentari e falso "Made in Italy"
Ma ci sono anche altri casi simili: la bandiera italiana è stata fatta rimuovere negli ultimi mesi anche da tutte le conserve di un'altra azienda che produce "Spicchi di carciofi in olio di girasole" perché nonostante la dicitura "Prodotto e confezionato in Italia" la materia prima risultava importata dall'Egitto. Serve una normativa più stringente come previsto dalle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall'apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell'Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti. La riforma Caselli - nota Coldiretti - prevede un rafforzamento dell'articolo 517 del Codice Penale sull'uso di nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, la provenienza o la qualità del prodotto.
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La situazione è ancora piu' grave all'estero dove l'utilizzo del tricolore sui prodotti alimentari non è tutelato nell'ambito degli accordi bilaterali stipulati dall'Unione Europea, dal Ceta con il Canada, fino a quello con il Giappone, e i colori nazionali vengono sfruttati strumentalmente per "spacciare" il falso Made in Italy. Il risultato è che l'"agropirateria" internazionale fattura oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente bandiera, parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nostrana.
Con l'obiettivo di tutelare il vero Made in Italy la Coldiretti ha promosso insieme ad altre nove organizzazioni l'Iniziativa Europea dei Cittadini "EatORIGINal - Unmask your food" per estendere l'obbligo di indicare in etichetta l'origine di tutti gli alimenti, Nello specifico - sottolinea la Coldiretti - questa proposta d'iniziativa dei cittadini si prefigge di rendere obbligatoria l'indicazione del paese di origine per tutti gli alimenti trasformati e non trasformati in circolazione nell'Ue.