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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Unicredit chiude 450 filiali in tutta Italia: seimila esuberi

"Agli sportelli il 55% di operazioni in meno in pochi anni". L'istituto di credito ha inviato una lettera ai sindacati per avviare la procedura del piano di esuberi. Per le uscite ricorso a pensione e fondo di solidarietà. Fabi: "Atteggiamento inaccettabile, difficile avviare un negoziato. L'Italia è l’area di maggior profittabilità del gruppo"

Con una lettera inviata oggi, Unicredit ha formalizzato ai sindacati di categoria la decisione di tagliare seimila posti di lavoro e chiudere 450 filiali in Italia entro il 2023. La missiva, che dà il via alle procedure, contiene i dettagli di quanto già annunciato alle organizzazioni sindacali lo scorso 3 dicembre, durante la presentazione del piano "Transform2023". Nel dettaglio, da qui al 2023 la banca ha calcolato una "eccedenza di capacità produttiva pari a 5.500 full time". L'uscita di altri 500 dipendenti è legata al piano precedente.

Alla fine dell'anno scorso, Unicredit aveva annunciato la riduzione del personale di circa 8.000 unità complessive nell'arco del piano 2020-2023. La banca ha recentemente raggiunto anche un'intesa con i sindacati in Germania e Austria per gli esuberi in quei Paesi.

Unicredit chiude 450 filiali in Itali: la lettera ai sindacati

Nella lettera ai sindacati con cui Unicredit avvia le procedure per negoziare gli esodi, l'istituto di credito riferisce di voler chiudere "entro e non oltre il primo trimestre 2020" il confronto con i sindacati per arrivare a "soluzioni condivise" sugli esuberi di Transform23, anche per "attenuare" le possibili ricadute sociali del nuovo piano sui lavoratori. Le seimila uscite preventivate da qui alla fine del 2023, riporta la missiva fornendo altri dettagli, saranno attuate "valutando in via prioritaria" l'accesso al fondo di solidarietà del settore del credito e i prepensionamenti di chi è già prossimo all'età pensionabile, con un anticipo medio di 36 mesi.

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Saranno poi considerate Quota 100, Opzione Donna e altri riscatti insieme a "forme di flessibilità" nell'organizzazione del lavoro. In sostanza, si prevedono "processi di riqualificazione e riconversione professionale delle risorse, legate ai processi di digitalizzazione previsti dal piano". Nel 2020, tra l'altro, oltre ai dirigenti, anche i quadri direttivi e il personale delle Aree professionali dovranno azzerare i residui ferie.

Unicredit, "agli sportelli il 55% di operazioni in meno"

Nella lettera di Unicredit ai sindacati per avviare le procedure di esubero che giustificano le scelte strategiche dell'istituto per gli anni a venire, c'è un dato significativo: i prelievi, i pagamenti, i bonifici e tutte le operazioni che si facevano tradizionalmente agli sportelli sono diminuite del 55% nella rete dell'istituto di credito rispetto a quelle disposte dalle filiali nel 2016. In termini assoluti, ci sono state - spiega Unicredit - 20,3 milioni di operazioni in meno dai 36,8 milioni del 2016, con oltre trecento milioni di transazioni registrate in media solo negli ultimi dodici mesi sui canali "evoluti", ovvero web e via smartphone. Negli ultimi dodici mesi, i prelievi allo sportello sono calati del 53% con 148 milioni eseguiti invece dagli sportelli automatici. Anche i bonifici si sono ridotti del 43% negli ultimi dodici mesi, con 100 milioni in tutto disposti da remoto. E' poi "costante" l'aumento di clienti che fanno uso esclusivo di canali digitali, "fenomeno che - argomenta Unicredit - non può essere assolutamente sottovalutato".

Perché "l'atteggiamento di Unicredit è inaccettabile", secondo Fabi

"Unicredit continua ad avere un atteggiamento inaccettabile", ha dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, Federazione autonoma bancari italiani. "L'amministratore delegato Jean Pierre Mustier si illude di poterci squadernare un piano a scatola chiusa, di fatto senza discutere i numeri, tutti già cristallizzati nella lettera di avvio di procedura sul confronto che ci è arrivata oggi", ha continuato Sileoni.

La richiesta dei sindacati è chiara:

"A queste condizioni, diventa difficile poter avviare un negoziato basato sul fair play. Non solo ribadiamo che, a fronte di ogni due eventuali esuberi, dovrà corrispondere almeno un’assunzione, ma anche che tutti gli argomenti del piano industriale, nessuno escluso, andranno condivisi con le organizzazioni sindacali. Quanto all’ossessione dei tagli, vale la pena sottolineare che a fine 2019 i costi totali del gruppo si sono attestati a 9,9 miliardi di euro, assai meno rispetto all’obiettivo prefissato a 10,6 miliardi. Vuol dire che il gruppo ha tagliato 700 milioni di troppo, di fatto senza motivo. E il cost-income, principale indicatore di redditività, è al 52% tra i livelli migliori d’Europa. Inoltre, Unicredit vuole concentrare il 70% dei tagli al personale e alle filiali in Italia che, però, è l’area di maggior profittabilità del gruppo, a livello europeo. Insomma, idee confuse e solito piano per fare utili sulla pelle dei lavoratori".

Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, ha convocato i vertici di Unicredit per venerdì 21 febbraio.

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