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Giovedì, 18 Aprile 2024

Cristina D'Amicis

Giornalista

Vincono concorsi pubblici e rifiutano il lavoro ma non chiamateli 'fannulloni'

Siamo alla frutta. In un Paese in cui i giovani rifiutano anche il lavoro statale è evidente che ormai abbiamo toccato il fondo. I nostri genitori sono cresciuti con il mito del posto statale, in molti grazie ai maxiconcorsi sono riusciti a realizzare questo sogno e a entrare nella grande famiglia della Pubblica Amministrazione (PA). Si sono comprati la casa e la macchina, sono riusciti anche a portare in vacanza la famiglia almeno una volta l’anno. I più parsimoniosi si sono addirittura potuti permettere una seconda casa al mare o in montagna. Altri tempi, bei tempi… ricordano gli anziani con nostalgia. Peccato però che oggi è cambiato tutto. Guai a dire loro che hai deciso di rifiutare un lavoro come dipendente pubblico, ne morirebbero, Chi si sognerebbe mai di farlo? Ai giorni nostri in molti a quanto pare, soprattutto al Nord, dove il costo della vita è molto alto.

Eh sì, perché gli stipendi statali di oggi non sono come quelli di una volta. Oggi con poco più di 1.400 euro al mese i dipendenti pubblici riescono a malapena a sopravvivere, figuriamoci a mantenere una famiglia o a comprarsi una casa. Basti pensare a Milano, recentemente ribattezzata la città senza ceto medio, dove una famiglia media (2,3 persone) per vivere spende più di 3.300 euro al mese. E così dopo aver studiato tanto, essersi laureati, aver conseguito dei master, aver accumulato una buona dose di esperienza sul campo e aver vinto il concorso pubblico, molti giovani decidono di rinunciare al “posto fisso, principalmente per un problema di retribuzione. Sempre meno persone partecipano ai concorsi della PA e sempre meno giovani decidono di accettare il lavoro una volta superate tutte le prove. Sembra assurdo ma è realtà.

I giovani, consapevoli delle loro competenze, sono allettati dalle offerte molto più competitive delle aziende private, specialmente quelle all’estero, e così decidono di rinunciare al “posto fisso” per un lavoro ben pagato. E la Pubblica amministrazione resta a corto di personale… soprattutto di lavoratori ‘iper-skillati’, perché lo Stato è proprio di queste figure che ha bisogno. Peccato però che in cambio è disposto a offrire solo stipendi bassi e a volte addirittura contratti a tempo determinato. Non lo sapevate? La PA si è modernizzata, si è adeguata al trend del mercato del lavoro precario, ignorando però del tutto di ricalibrarsi con i privati sul discorso retribuzioni. In poche parole lo Stato si è dimenticato che deve essere il primo a dover dare il buon esempio. Non si possono bandire concorsi per laureati con specializzazioni post-laurea e poi offrirgli il minimo sindacale e contratti precari, soprattutto in un momento come questo, con l’inflazione che si mangia buona parte degli stipendi.

Il ministro delle infrastrutture (Mims), Enrico Giovanni, in un’audizione alla Camera ha acceso un faro sul problema delle rinunce dei vincitori ai concorsi statali. “Le recenti assunzioni per i provveditorati e le motorizzazioni sono andate in parte deserte, in particolare nelle regioni del Nord”, ha dichiarato il titolare del Mims. Scendendo nel dettaglio Giovannini ha specificato che “per quanto riguarda i 320 funzionari di amministrazione che sono stati messi a concorso, una quota consistente ha rinunciato, evitando di prendere servizio, a meno che non gli fosse stata indicata una sede al Sud”. “Temiamo che la stessa cosa possa accadere al prossimo concorso per ingegneri”, ha detto il ministro addentrandosi nelle problematiche della motorizzazione civile. "Nel 2021 abbiamo realizzato un'analisi dettagliata sul funzionamento delle motorizzazioni, ma anche sulla quantità e sulle qualità delle risorse umane disponibili. Ricordo che le motorizzazioni hanno perso circa il 50% del personale negli ultimi 20 anni e distribuzione delle risorse non ottimale sul territorio, oltre a una obsolescenza dell'infrastrutturazione tecnologica", ha sottolineato Giovannini. E questo è solo un esempio di una lunga serie di flop di concorsi statali (vedi quello dei funzionari tecnici da destinare agli enti locali del Mezzogiorno, quello della scuola, quello per l’accesso alla magistratura, quello per gli assistenti all’Ufficio del processo, quello dei vigili urbani a Roma). In poche parole si fa fatica a trovare lavoratori per il settore pubblico, in un momento in cui le professionalità risultano determinanti per affrontare e vincere le sfide del Pnrr.

Come mai succede tutto questo? Come mai i giovani ‘schifano’ il “posto fisso”? Perché sono dei ‘bamboccioni’ e vogliono vivere sulle spalle dello Stato con il reddito di cittadinanza? Questa volta sarà difficile portare avanti queste argomentazioni, anche per i più scaltri, visto che stiamo parlando di ragazzi con percorsi di studio e di lavoro post-laurea, quindi abituati a darsi da fare, che di certo non passano i loro pomeriggi sdraiati sul divano. Sono giovani ambizioni, competenti, che sognano di dare il loro contributo alla crescita del Paese. Sanno bene quanto valgono e non accettano di perdere la loro “dignità professionale” per un salario minimo a vita. Rinunciando ai lavori in nero e malpagati ci stanno dando una lezione di vita, silenziosamente ma in maniera compatta stanno rivendicando i loro diritti, proprio come quando i sindacati negli anni passati riempivano le piazze. Stanno chiedendo di poter vivere e non sopravvivere, di poter comprare una casa e avere una famiglia. Vogliamo dargli torto?

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