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Venerdì, 29 Marzo 2024
Lotta dura / Trieste

Licenziamenti bloccati: salvi i 451 dipendenti di Wartsila, multinazionale condannata a pagare

Il giudice del lavoro del tribunale di Trieste Paolo Ancora ha condannato la multinazionale finlandese alla revoca della procedura avviata lo scorso 14 luglio. Soddisfazione tra i sindacati. Fedriga: "Riaffermato un principio di civiltà". Come l'avamposto triestino ha tenuto

Per il momento i 451 dipendenti possono tirare un sospiro di sollievo. Il giudice del lavoro del tribunale di Trieste Paolo Ancora ha condannato Wartsila al ritiro della procedura di licenziamento, avviata lo scorso 14 luglio. La magistratura ha accolto il ricorso avanzato dai sindacati, imponendo all'azienda anche il pagamento di cinquantamila euro a ciascuna sigla come risarcimento per danno d'immagine e delle spese legali. Inoltre, il giudice obbliga la multinazionale finlandese a pubblicare il decreto sui maggiori quotidiani nazionali. "Una bellissima notizia, siamo felicissimi" questo il primo commento da parte di Michele Piga, Alessandro Gavagnin e Antonio Rodà, rappresentanti rispettivamente della Cgil, Cisl e Uil. 

La partita contro Wartsila è stata vinta in tribunale ma sono numerosi i campi su cui si è giocata. Se davanti allo stabilimento il presidio dei lavoratori è durato 65 giorni, l'allineamento e la compattezza di tutti i soggetti istituzionali hanno prodotto una vera e propria roccaforte adriatica. Qui, dove l'alzare muri evoca sofferenze e memorie contrapposte, le forze in campo hanno prodotto un ostruzionismo collettivo tale da trasformarsi nella principale arma da utilizzare per difendere il lavoro. In una tanto magistrale quanto italiana capacità di resistenza, i protagonisti di questa vittoria sono molteplici. Una brillantezza che ogni singolo interprete ha evidenziato, senza compiere alcun passo falso. 

Dalle quindicimila persone scese in piazza (solo i No Green Pass erano arrivati a tanto, nell'autunno del 2021) fino alla nave di Daewoo bloccata in rada per 25 giorni e costretta ad andarsene, senza i motori già acquistati, dopo aver speso poco meno di un milione di euro, tutto ha funzionato. Una difesa a tutto campo mai vista prima d'ora, facendo leva sulla solidarietà concreta da parte del porto (emblematico il silenzio stampa del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, come a sottolineare una strategia precisa basata sul "lasciateci lavorare, ci pensiamo noi"), ma anche grazie all'enorme impegno portato avanti dai sindacati che, per una volta, hanno potuto contare sul supporto di una classe dirigente non solo locale. 

Una sorta di "sistema Trieste" che ha retto l'urto di una decisione aziendale definita più volte "arrogante" e "spregiudicata". Quando la Uhl Fusion ha chiesto di caricare i 12 motori da sola (in autoproduzione), gli uffici del porto hanno iniziato ad analizzare la richiesta, giungendo ad un laconico, ma molto tecnico nelle motivazioni, "non si può fare". Una trappola dentro alla quale Wartsila è caduta clamorosamente. L'azienda ha continuato a mandare note ufficiali affermando di voler continuare ad investire a Trieste, di fatto volendo licenziare centinaia di persone. "Oggi è un giorno meraviglioso - così Piga della Cgil - ma dobbiamo riflettere sul futuro. Lo stabilimento, con o senza Wartsila, deve continuare a produrre motori". 

Oggi il decreto indica chiaramente la condotta "antisindacale" dell'azienda ed azzera l'attuale procedura di licenziamento. Non è detto che Wartsila non lo farà, perché il tutto viene rispedito in avanti di 180 giorni, come stabilito dal decreto del governo nella norma anti-delocalizzazone. A due giorni dal voto del 25 settembre, Usb indica la decisione come "un segnale politico" e per il segretario nazionale di Ugl Antonino Spera "è arrivato il momento di percorrere la strada di un dialogo costruttivo mirato a gettare le basi per nuove prospettive industriali della Wärtsilä per i prossimi anni”. Per il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga la decisione riafferma "un principio di civiltà. L'auspicio è che Wartsila colga il senso della pronuncia e avvii un'interlocuzione effettiva sulle prospettive industriali e occupazionali dello stabilimento". La deputata del Partito democratico Debora Serracchiani sottolinea che "la lotta civile dei lavoratori segna un punto importante con la forza della legge". La condanna del giudice chiude, per il momento, questa partita. L'avamposto triestino ha tenuto ma resistere anche nei prossimi mesi non sarà facile. 

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