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Martedì, 16 Aprile 2024
Ambiente

Il digitale inquina più degli aerei

Uno studio dei Verdi europei punta il dito sull’impatto ambientale della transizione tecnologica. E propone

Le tecnologie digitali, che hanno letteralmente rivoluzionato il nostro stile di vita, rappresentano già il 4% delle emissioni di gas serra (più dell’aviazione). E il loro sviluppo rischia di compromettere quella transizione ecologica che, come sottolineato dal Recovey fund, l'Ue vuole che vada di pari passo con una maggiore digitalizzazione dell'economia. È quanto emerge da uno studio commissionato dai Verdi europei. 

Lo studio analizza una varietà di tecnologie digitali utilizzate nell’Ue, tra cui l’intelligenza artificiale (Ia), l’internet of things (che permette, ad esempio, di connettere online gli elettrodomestici in una casa), il 5G, il cloud computing e i veicoli a guida autonoma. Attraverso un approccio che considera diversi criteri di valutazione, vengono presi in esame molteplici indicatori ambientali per poter rendere conto di tutti i possibili impatti. Secondo i Verdi, capire meglio la questione degli effetti che il digitale ha sull’ambiente è fondamentale in questo momento storico in cui l’Unione si accinge ad affrontare la doppia sfida delle transizioni ecologica e, appunto, digitale.

“Lo studio rileva che le tecnologie digitali impattano massicciamente l’ambiente, e si predice che il loro impatto crescerà esponenzialmente nei prossimi 5-10 anni. Per plasmare la tecnologia verde, l’Ue deve riconoscere che le tecnologie digitali hanno un enorme impatto ambientale che dev’essere mitigato”, si legge nel rapporto.

Le scoperte principali che emergono dall’analisi sono sintetizzate intorno a tre punti cardine. In primo luogo, viene “decostruita” la credenza per cui “il mondo digitale è principalmente virtuale, ‘nelle nuvole’ ed ecologico per design”. A questo riguardo, si riporta che il 40% degli impatti ambientali delle cosiddette tecnologie d’informazione e comunicazione (Ict) derivano dall’utilizzo di risorse metalliche e fossili, che servono principalmente per l’assemblaggio dei dispositivi. Inoltre, le sole tecnologie digitali usate in Europa compongono circa il 40% del budget europeo investito per abbattare le emissioni di gas serra.. Infine, viene notato che quasi il 10% del consumo elettrico in Europa è destinato alle tecnologie digitali.

Un secondo punto riguarda i dispositivi stessi. La raccomandazione che ne scaturisce è di costruire un numero minore di “device”, più sostenibili e più duraturi nel tempo. A oggi, l’assemblaggio è la fase che inquina di più nel ciclo di vita dei prodotti digitali, costituendo il 54% delle emissioni totali lungo la vita dei beni stessi. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, invece, la distribuzione rappresenta solo l’1%, la stessa percentuale del “fine vita” dei dispositivi digitali. Il restante 44% è costituito dall’utilizzo effettivo da parte degli utenti. L’utilizzo finale dei prodotti è responsabile anche per il 71% dell’inquinamento proveniente dai dispositivi stessi, laddove i cosiddetti centri dati contribuiscono per il 18% e il network su cui il tutto si appoggia per l’11%. Quanto ai rifiuti, invece, la stragrande maggioranza (82%) è prodotta durante la fase di produzione.

Infine, viene posto l’accento sul problema della reperibilità delle informazioni sulla questione, al momento piuttosto difficili da raccogliere. Per colmare questa lacuna, i Verdi propongono che i dati vengano resi disponibili in modo trasparente, anche per aiutare i decisori politici a prendere scelte basate sull’evidenza e non sull’ideologia. Alcune proposte in tal senso sono la pubblicazione dei dati ambientali rilevanti da parte dei produttori, l’obbligo di compilare delle valutazioni sull’impatto ambientale del ciclo di vita dei prodotti e l’etichettatura obbligatoria del “punteggio ambientale” dei prodotti e servizi digitali.

Il rapporto dei Verdi si conclude con alcune raccomandazioni. Viene chiesto ai produttori di realizzare prodotti digitali durevoli, che non vadano incontro ad obsolescenza prematura, e di aumentare l’interoperabilità tra sistemi e dispositivi diversi, in modo da incentivare il riutilizzo da parte degli utenti. Si propone inoltre l’istituzione di un comitato scientifico a livello europeo per assistere la Commissione nella raccolta di informazioni e per aumentare la trasparenza. Allo stesso modo, lo studio auspica che le valutazioni degli impatti e le etichettature ambientali vengano rese obbligatorie. Quanto alle risorse e ai rifiuti, infine, vengono proposti lo stop all’apertura di nuovi siti d’estrazione sul suolo europeo e l’implementazione di standard di riciclaggio più rigorosi così da fare dell’Ue il leader mondiale delle materie prime “di seconda mano”.

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