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Venerdì, 29 Marzo 2024
Aborto / Polonia

I medici si rifiutano di farla abortire nonostante il feto sia morto, un'altra donna muore in Polonia

In grembo aveva due gemelli, i dottori sono intervenuti solo dopo il decesso del secondo ma era troppo tardi. La famiglia della vittima: “Il governo ha le mani sporche di sangue”

La legge polacca antiaborto ha fatto un’altra vittima. È una trentasettenne morta dopo essere stata costretta portare in grembo un feto morto per oltre una settimana. Era incinta di due gemelli e per questo i medici si sono rifiutati di intervenire perché l'altro era ancora vivo. Quando anche il secondo è morto, allora entrambi i feti sono stati rimossi ma le condizioni di salute della  "le sue condizioni di salute della donna "si sono deteriorate rapidamente", ha spiegato la famiglia. Secondo loro Agnieszka T., così si chiamava la vittima, sarebbe morta di shock settico. L'ospedale in cui è stata curata nega di aver commesso errori, ma i procuratori hanno avviato un'indagine. La sua famiglia chiede ora giustizia e accusa il governo polacco di avere “le mani sporche di sangue”.

La morte di Agnieszka ha scatenato l'indignazione dell'opposizione e dei gruppi femministi, che hanno manifestato nella giornata di ieri davanti alla Corte costituzionale di Varsavia. Secondo le Ong, la sua morte è una conseguenza diretta del bando dell'intettuzione di gravidanza che è concessa solo un alcuni casi estremi di pericolo di morte per la madre, ma secondo gli attivisti la legislazione ha un effetto “paralizzante” sui medici, che temono di essere perseguiti se praticano un aborto anche in casi in cui sarebbe concesso.

Per questo secondo varie Ong, si tratta della seconda vittima della stringente legge antiaborto polacca, entrata in vigore esattamente un anno fa. La prima morte di questo tipo è avvenuta qualche mese fa, la vittima era una donna di trent’anni, Izabela Sajbor, che ha perso la vita dopo che i medici si erano rifiutati di eseguire un aborto di emergenza per rispettare le nuove norme. Il collegamento tra quesl decesso e il bando di Varsavia era stato parzialmente confermato dallo stesso Adam Niedzielski, ministro della Salute polacco, che aveva ammesso che "l'interpretazione della sentenza dell'anno scorso potrebbe aver portato un medico ad avere paura di prendere una decisione". Per questo aveva emesso una nuova guida per gli ospedali sul trattamento delle complicazioni nelle gravidanze. Anche il Parlamento europeo aveva condannato Varsavia con una risoluzione nella quale chiedeva al governo di garantire che "non una donna in più" avrebbe dovuto perdere la vita a causa di una legislazione chenega la libertà di scelta.

Da un anno ormai, in Polonia, l'aborto non è più consentito se non nei casi estremi di pericolo di vita per la madre o se lei è rimasta incinta in seguito a stupro o incesto. Negli ultimi 10 mesi, solo 300 donne polacche hanno avuto accesso ai servizi per l’aborto negli ospedali nazionali a causa di una minaccia per la vita e la salute. Per questo motivo decine di migliaia di polacche hanno iniziato a fare ricorso ad aborti clandestini o sono andate all'estero per interrompere la gravidanza. Nell'ultimo anno, Aborto senza frontiere ha aiutato 34mila donne provenienti dalla Polonia ad accedere all’interruzione di gravidanza, un numero che rappresenta solo una frazione del totale di coloro che necessitano di sostegno per accedere a questo servizio.

A novembre gli eurodeputati avevano invitato i Paesi Ue a cooperare più efficacemente per facilitare l'accesso transfrontaliero ai servizi abortivi, ad esempio garantendo alle donne polacche l'accesso a un aborto gratuito e sicuro in altri sistemi sanitari nazionali, cosa che sta già facendo il Belgio.

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