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Giovedì, 28 Marzo 2024
La polemica

“Noi un giardino, il resto del mondo una giungla”: capo della diplomazia Ue accusato di colonialismo

Josep Borrell definisce l’Europa un luogo dove “tutto funziona” e mette in risalto le difficoltà degli altri continenti. I critici: “Risuona il discorso coloniale del XIX secolo”

L’Europa come “un giardino” abitato da “persone privilegiate” ma circondato dalla “giungla”, cioè il resto del mondo, dalla quale occorre difendersi. Le parole poco diplomatiche sono arrivate dal capo della diplomazia europea, Josep Borrell, presto tacciato di colonialismo e glorificazione del Vecchio Continente circondato dalla presunta barbarie. A rendere ancora più controverse le parole di Borrell è il contesto nel quale sono state pronunciate: l’inaugurazione del nuovo programma di studi dell’Accademia diplomatica europea.

Borrell, attuale Alto rappresentante Ue per la Politica estera, nel suo discorso si è rivolto direttamente alla ‘padrona di casa’ Federica Mogherini, rettrice del College of Europe nonché predecessora di Borrell. “Devo dire che sembri molto più giovane ora che sono passati tre anni da quando eri Alto rappresentante”, ha scherzato con Mogherini il numero uno della diplomazia Ue prima di pronunciare le frasi poi finite nel mirino. “L'Europa è un giardino” nel quale “tutto funziona”. "È la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l'umanità è stata in grado di costruire”, ha aggiunto Borrell. 

“Il resto del mondo - e questo lo sai benissimo, Federica - non è esattamente un giardino. La maggior parte del resto del mondo è una giungla e la giungla potrebbe invadere il giardino”, ha aggiunto l’Alto rappresentante. “I giardinieri dovrebbero occuparsene”, ha sostenuto Borrell alludendo ai diplomatici europei, “ma non proteggeranno il giardino costruendo muri”. “Un bel giardinetto circondato da alte mura per impedire l'ingresso della giungla non sarà una soluzione perché la giungla ha una forte capacità di crescita e il muro non sarà mai abbastanza alto per proteggere il giardino”, è stato l’avvertimento metaforico lanciato da Borrell.

“I giardinieri”, ha proseguito, "devono andare nella giungla”. In altre parole “gli europei devono essere molto più coinvolti con il resto del mondo” altrimenti quest’ultimo “ci invaderà, in modi e mezzi diversi”. “Siamo persone privilegiate”, ha ammesso Borrell, ma “non possiamo pretendere di sopravvivere come un'eccezione. Deve essere un modo per sostenere gli altri che affrontano le grandi sfide del nostro tempo”, ha concluso.

Le parole di Borrell non sono piaciute a diversi osservatori e studiosi di politica internazionale che ne hanno sottolineato i toni “colonialisti” e di disprezzo per gli altri continenti, a partire dall’Africa e dall’Asia. “Questa è la peggiore analogia di tutti i tempi”, ha accusato il ricercatore Mohamad Forough, in una serie di commenti su Twitter che hanno attirato l’attenzione sulle frasi pronunciate da Borrell a un pubblico ristretto lo scorso 13 ottobre e inizialmente passate inosservate. “Concettualmente - ha spiegato il ricercatore - ‘giardino’ suona come un eufemismo per ‘civilizzato’ e ‘giungla’ come uno per ‘barbaro’. Risuona il discorso coloniale del XIX secolo sulla 'missione civilizzatrice' o ‘Il fardello dell'uomo bianco’”, ha aggiunto Forough citando la famosa poesia di Rudyard Kipling ritenuta una sorta di manifesto del colonialismo. 

“Diplomaticamente - ha concluso il ricercatore - questa è un'analogia estremamente offensiva perché dissuade i Paesi del Sud del mondo ("la giungla") a stare con noi in Europa contro gli aggressori brutali come Putin e la guerra che ha condotto contro innocenti ucraini”.

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Le parole di Borrell sembrano aver lasciato di stucco gli stessi diplomatici europei. Uno di loro ha ricordato al giornale Politico che nella stessa giornata Borrell "aveva chiesto agli ambasciatori di essere empatici" ma "poi ha tenuto questo discorso all’Accademia diplomatica europea", che di fatto è andato nella direzione opposta.

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