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Sabato, 20 Aprile 2024
Il profilo

Chi è Jens Stoltenberg: manifestava contro la Nato e oggi sfida Putin

La sua nomina a segretario generale della Nato colse di sorpresa i suoi connazionali. Ma l'ex premier norvegese si è distinto per la 'resistenza' sotto Trump e la determinazione contro l'invasione russa. E l'intuito nel fondo sovrano che investe in energia

"Un economista senza esperienza nel campo della difesa, un socialdemocratico che ha costruito buoni rapporti con la Russia". Con queste parole la Bbc descrisse l'allora neosegretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, il primo ottobre del 2014, il giorno del suo insediamento alla guida dell'alleanza atlantica. I primi a sorprendersi della sua nomina furono i suoi connazionali norvegesi. Un anno prima lo avevano mandato a casa dopo otto anni alla guida del governo di Oslo. In pochi avrebbero scommesso sul successo alla Nato dell'ex premier accomodante coi russi e che negli anni Settanta scendeva in piazza contro la guerra in Vietnam. "Cantavamo: Norvegia, Norvegia, fuori dalla Nato!", ha ammesso lo stesso Stoltenberg. 

La realpolitik verso Mosca

A credere in lui era soprattutto una donna, Angela Merkel. "È il suo socialdemocratico preferito", spiegò allora Stefan Kornelius, corrispondente del Sueddeutsche Zeitung. Le qualità del suo prediletto più apprezzate dalla cancelliera con il tempo sono invecchiate male, fino a diventare le principali critiche a un'intera generazione di leader europei: la realpolitik e l'apertura alla Russia, come testimoniato dalle diverse photo opportunity con Dmitrij Medvedev e Vladimir Putin collezionate da Stoltenberg nei suoi anni alla guida del governo norvegese. 

Stoltenberg_e_Medvedev

Confermato da Obama e Trump

Nel 2014 il leader scandinavo si guadagnò anche la fiducia dell'allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, poi confermata persino dal suo successore, Donald Trump, che in più occasioni minacciò l'uscita degli Usa dalla Nato. D'altronde l'alleanza era "in stato di morte cerebrale", come disse Emmanuel Macron nel 2019 commentando la guerra in Siria che vedeva su fronti contrapposti diversi membri della Nato come Usa, Turchia e la stessa Francia. A ricompattare l'alleanza, paradossalmente, è stata la più grave minaccia alla Nato dalla guerra fredda, ovvero dai tempi in cui il giovane Jens era tutt'altro convinto della sua collocazione euroatlantica. 

In piazza contro la Nato

Il futuro segretario generale della Nato nasce a Oslo nel 1959. Suo padre, l'ambasciatore Thorvald Stoltenberg, è un pezzo grosso del Partito laburista con un destino da ministro, prima della Difesa e poi degli Esteri. La madre di Jens, Karin Heiberg, è una genetista nata in New Jersey, anche lei impegnata in politica fino a diventare sottosegretaria al Commercio. Ma a influenzare negli anni dell'adolescenza l'astro nascente della politica norvegese è la sorella Camilla, militante del gruppo marxista-leninista Gioventù Rossa. È proprio lei a portare il giovane Stoltenberg alle manifestazioni contro gli Stati Uniti negli anni della contestazione della guerra in Vietnam, dove il futuro numero uno dell'alleanza atlantica scandisce i cori che chiedono l'uscita della Norvegia dalla Nato. Nel 2002 Stoltenberg ammetterà anche di aver fatto uso di hashish in gioventù.

L'ascesa e la caduta

Laureato in economia, scrive per il quotidiano Arbeiderbladet dal '79 all'81. Abbandonato il giornalismo, si dedica alla politica aderendo al Partito laburista norvegese. Presidente della Lega giovanile laburista dal 1985, inizia a insegnare economia all'Università di Oslo nell'89. L'esperienza accademica dura poco. L'anno successivo Stoltenberg diventa leader della sezione laburista di Oslo e nel 1993 entra allo Storting, il Parlamento nazionale. Nello stesso anno diventa ministro del Commercio e dell'energia e dal 1996 ricopre l'incarico di ministro delle Finanze. Nel 1997 il Partito laburista finisce all'opposizione dove consolida la sua leadership interna che lo porterà, nel 2000, a ricevere l'incarico dal re Harald V di Norvegia a formare un nuovo governo dopo la caduta dell'esecutivo di centrodestra. Ma il governo di minoranza guidato da Stoltenberg fa fatica a convincere i 5 milioni di norvegesi, che alle elezioni del 2001 puniscono il Partito laburista con il peggior risultato dagli anni Venti del secolo precedente. Game over per Stoltenberg? Neanche per sogno. 

La rivincita

Il futuro capo della Nato lotta e rivince la sfida interna per restare in sella al Partito laburista. Nel 2005 la sua coalizione di centrosinistra ottiene una vittoria di misura che apre le porte al secondo mandato di Stoltenberg. Questa volta il governo progressista dura un'intera legislatura nella quale il premier riesce a tenere a bada il tasso di disoccupazione mentre l'opposizione lo attacca per la pressione fiscale e la politica di apertura ai migranti. Nel 2009 vince nuovamente le elezioni diventando il primo premier norvegese ad ottenere la riconferma dal 1993.  Nel 2011 si trova nel difficile compito di gestire la risposta agli attacchi terroristici a Oslo e sull'isola di Utoya, nei quali il neonazista Anders Breivik uccide 77 persone, in gran parte giovani militanti del Partito laburista di età compresa tra i 14 e i 19 anni. Le immagini del premier scandinavo, lui stesso obiettivo degli attentati, che deposita mazzi di fiori nell'isola trasformata in un teatro di sangue fanno il giro del mondo.

Il successo del Fondo sovrano

La Norvegia diventa inoltre uno Stato modello per la gestione delle finanze pubbliche attraverso il fondo sovrano che negli anni del governo Stoltenberg raggiunge quota 750 miliardi di dollari. Il fondo alimentato dalle ingenti entrare del comparto energetico viene preso come esempio dai grandi Paesi esportatori di petrolio e gli anni dell'attuale segretario generale della Nato alla guida del Paese passano alla storia per gli investimenti azzeccati, tanto che nel 2022 gli verrà offerto il ruolo di governatore della Banca centrale norvegese. I buoni risultati riportati sul versante economico nel bel mezzo della crisi finanziaria globale permettono a Stoltenberg di ripresentarsi come leader di coalizione nel 2013. I laburisti arrivano primi, ma questa volta a vincere è il centrodestra. Poi il colpo di scena.

La prima guerra in Ucraina e la Nato divisa

Stoltenberg viene scelto come segretario generale della Nato per succedere al danese Anders Fogh Rasmussen. Lasciato il Partito laburista, prende il timone dell'alleanza a ottobre del 2014. La prima invasione russa dell'Ucraina è iniziata mesi prima e terminerà qualche mese più tardi con la firma degli accordi di Minsk. Ma la Russia resta al potere in Crimea e nelle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk. Si apre dunque un lungo periodo di tensioni latenti nell'Est Europa che costringono la Nato a dover rinforzare nuovamente il suo fronte orientale. Ma nel mentre Stoltenberg si trova a dover gestire il disastroso ritiro dall'Afghanistan, con il Paese subito tornato ai talebani dopo vent'anni di occupazione della Nato, e le nuove crisi nello scacchiere mediorientale che vedono gli Stati dell'alleanza muoversi per conto proprio e con obiettivi spesso divergenti tra loro. 

La risposta alla Russia

L'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca riporta un minimo di armonia all'interno della Nato che diventa fondamentale dal 24 febbraio dello scorso anno per reagire in modo compatto alla nuova invasione dell'Ucraina da parte della Russia di Putin. A differenza del conflitto del 2014, questa volta l'Occidente offre man forte a Kiev e sanziona immediatamente Mosca. L'invio di "armi difensive" diventa ben presto una fornitura costante che permette all'Ucraina di tenere testa all'esercito russo contro tutti i pronostici. Il mandato di Stoltenberg viene prorogato per un altro anno per dare continuità all'azione della Nato. 

Verso l'addio alla Nato

Nelle ultime ore il segretario generale ha fatto sapere che non cerca una nuova rielezione. Salvo ripensamenti, Stoltenberg a ottobre lascerà il posto al suo successore che verrà scelto nei prossimi mesi. 

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