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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Cosa cambia (in concreto) con il nuovo accordo sui migranti

Gli irregolari espulsi anche verso i Paesi di transito, e sarà l'Italia a decidere se sono sicuri. Storica intesa al Consiglio Ue sulle regole di asilo del blocco: chi non accetterà i ricollocamenti dovrà pagare 20mila euro per ogni rifugiato e i soldi andranno in uno speciale fondo

Dopo una giornata di frenetiche trattative il Consiglio dell'Unione europea ha trovato uno storico accordo per la riforma delle regole dell'asilo e dell'accoglienza nel blocco. L'Italia è arrivata decisa a ottenere un compromesso più favorevole alle nostre richieste, e alla fine è riuscita a strappare importanti concessioni. La più importante, sulla quale il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha insistito di più, è quella secondo cui i migranti potranno essere rimpatriati anche in una nazione di transito, se ritenuta un Paese sicuro, dando ai governi stessi anche una certa discrezionalità nello stabilire se quel Paese è scuro o meno. Questo significa che un migrante africano che dovesse entrare in Italia attraverso la Tunisia, potrebbe essere rispedito lì e non nella sua nazione di origine (sempre che la Tunisia lo accetti).

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Confermato poi che i Paesi che non accetteranno i ricollocamenti dovranno pagare 20mila euro per ogni migrate non accolto ma, sempre su pressione anche del governo italiano, si è deciso che questi soldi non andranno più direttamente alla nazione che ha in carico la persona da ricollocare, ma a un fondo Ue che verrà appositamente creato e sul cui funzionamento non ci sono ancora dettagli. L'Italia vorrebbe che venisse usato per favorire sempre accordi e patti con Paesi terzi, per lavorare a fermare i flussi prima che arrivino in Europa. "Abbiamo rifiutato ogni possibile compensazione in denaro perché non ritenevano che la dignità del nostro Paese potesse mettere in campo soluzioni di questo tipo", ha dichiarato Piantedosi al termine del Consiglio. In questo modo il governo di Giorgia Meloni si toglie anche dall'imbarazzo di dover un giorno chiedere soldi ai suoi due alleati, la Polonia di Mateusz Morawiecki e l'Ungheria di Viktor Orban, che sono quelli che si sono opposti all'idea fin dall'inizio. Il meccanismo "è inaccettabile per noi", ha detto il viceministro degli Interni polacco, Bartosz Grodecki, equiparando il contributo finanziario per ciascun migrante non accolto a una "sanzione".

Al Consiglio Affari Interni in Lussemburgo, come annunciato la presidenza di turno svedese ha deciso di forzare la mano e di andare al voto a maggiorana qualificata, e alla fine hanno votato contro solo Varsavia e Budapest e si sono astenuti quattro governi: quelli di Slovacchia, Lituania, Malta e Bulgaria. Il testo ora dovrà essere discusso col Parlamento in Trilogo, e lì saranno possibili altre modifiche, ma il grosso è stato deciso e la strada ora è tutta in discesa. Ma per raggiungere questa approvazione si è lavorato alacremente tutto il giorno, e nel pomeriggio sembrava che potesse saltare tutto. Ma così non è stato. Resta in piedi l'impianto del nuovo Patto sull'Asilo e la migrazione che si baserà sulla "solidarietà obbligatoria ma flessibile". Questo significa innanzitutto che ogni anno 30mila richiedenti asilo verranno ricollocati dallo Stato in cui sono entrati ad un altro del blocco. Se quest'ultimo non li vorrà accettare potrà scegliere se pagare un contributo economico, di appunto 20mila euro a persona, o se vorrà fornire un sostegno logistico, ad esempio fornendo elicotteri per la sorveglianza delle frontiere o droni, attrezzature, uniformi o organizzando rimpatri. Il calcolo di quanti migranti saranno ricollocati, e da quale a quale nazione, sarà fatto dalla Commissione.

Ma per il nostro Paese non ci sono solo buone notizie. L'Italia e gli altri Stati di primo ingresso saranno tenuti ad essere molto più rigorosi nell'accoglienza e nell'identificazione di tutte le persone che entrano in Europa in maniera irregolare, cosa che dovrà avvenire entro 24 ore dal suo ingresso, per evitare così che vengano lasciati andare in altre nazioni. I governi saranno tenuti poi ad attuare una procedura di esame accelerata, in centri situati alle frontiere, per le domande di asilo che statisticamente hanno meno possibilità di ottenere il via libera, quelle dei migranti provenienti dai Paesi che hanno sotto il 20% di accoglimento delle richieste. L'obiettivo è quello di facilitare il rimpatrio nelle nazioni di origine o di transito. Proprio contro i rimpatri nelle nazioni di transito la Germania si è battuta tutto il giorno, temendo che si possa arrivare a patti come quelli stipulati dal Regno Unito con il Ruanda, a cui Londra vuole affidare in cambio di soldi una parte degli oneri di accoglienza. Ma di fatto è anche quello che sta facendo da anni la stessa Europa (e quindi anche Berlino) con la Turchia, che ospita i rifugiati siriani per conto nostro.

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Un giorno l'Italia potrebbe fare ad esempio lo stesso, se riuscisse a raggiungere un accordo del genere con un Paese come la Tunisia. "Dipenderà dagli Stati membri applicare il concetto di 'Stato terzo sicuro'" nel quale eventualmente trasferire un migrante "e determinare se esiste una connessione tra il richiedente e il Paese terzo", ha spiegato la ministra per le Migrazioni svedese, Maria Malmer Stenergard, ha ha gestito le trattative per conto della presidenza di turno. Ma sia la definizione di Stato sicuro che l'esistenza di una connessione tra il richiedente asilo e la nazione di transito (altra condizione necessaria), saranno stabiliti dai Paesi, che così avranno margini di manovra. "Il testo include alcuni esempi su cosa sia la connessione del migrante con il Paese di transito: se la persona ha vissuto o ha membri della famiglia nel Paese. Ma possono esserci anche altre possibilità", ha spiegato la commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson.

Infine si è stabilito che la responsabilità di farsi carico delle domande di asilo resti in capo allo Stato di primo arrivo per due anni, tranne se si tratta di una persona salvata in mare, in quel caso solo un anno. Dopo questo periodo di fatto il Paese non sarà più necessariamente responsabile del suo destino, e un altro Stato in cui il migrate dovesse essersi spostato, non avrà più il diritto di mandarlo indietro.

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