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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Migranti irregolari sorvegliati dallo spazio: il progetto pilota finanziato dall’Ue

La denuncia di Privacy International sull’affidamento diretto delle operazioni all’americana HawkEye360. Gli attivisti temono che Bruxelles possa usare i satelliti per respingere i barconi in Libia

Un sistema satellitare che individua con precisione la posizione delle imbarcazioni cariche di migranti è un’arma a doppio taglio, certamente capace di prevenire i disastri nel Mediterraneo, ma anche di effettuare i respingimenti dei barconi. Questo, in sintesi, il giudizio degli attivisti di Privacy International sul progetto pilota messo a punto da Frontex, l’agenzia Ue di guardia costiera e controllo dei confini. 

Come rivelato dall’ong britannica che difende il diritto alla privacy e si oppone alla sorveglianza di massa, l’agenzia Ue ha deciso di affidarsi a un nuovo sistema in grado di captare i segnali dei telefoni satellitari. Questi ultimi possono essere intercettati dallo spazio grazie a satelliti capaci non solo di geolocalizzare l’apparecchio di bordo, e dunque la posizione di una nave, ma anche le conversazioni che avvengono sui telefoni.

In una stringata risposta alle tante domande poste dagli attivisti sull’uso di questa tecnologia, Frontex ha spiegato che “non sta intercettando alcuna comunicazione”. “Queste attività sono svolte sotto forma di progetti pilota e il valore aggiunto operativo è ancora in fase di valutazione”, ha aggiunto l’agenzia con sede a Varsavia. In assenza di maggiori dettagli da parte di Frontex, non resta che affidarsi alla ricostruzione della vicenda offerta da Privacy International.

L’agenzia Ue, nel 2019, ha firmato un contratto del valore di oltre 1,5 milioni di euro per un “rilevamento di emettitori di radiofrequenze satellitari” per monitorare “la situazione in mare”. Un sistema volto a rilevare e geolocalizzare i segnali provenienti da “radar marittimi, transponder Ais (sistemi di identificazione automatica, ndr), telefoni satellitari e potenzialmente altre fonti”.

“I dati - scrivono gli attivisti - consentirebbero a Frontex, ad esempio, di tracciare navi nel Mediterraneo o potenzialmente persone in movimento che utilizzano telefoni satellitari, dispositivi preziosi comunemente utilizzati in aree in cui la connessione ai ripetitori cellulari non è possibile”.

Ad aggiudicarsi - senza alcuna gara - l’appalto per le attività di sorveglianza è stata la statunitense HawkEye360. “Attualmente esiste solo un'azienda in grado di fornire i servizi desiderati”, ha spiegato l’agenzia Ue in merito all’affidamento diretto. Gli attivisti fanno comunque notare che nel consiglio di amministrazione e tra i principali investitori di HawkEye360 sono rappresentate alcune delle più grandi aziende del mondo del settore delle armi. 

“A ottobre 2020, Frontex ha pubblicato una gara d'appalto indicando che intendeva pagare 5 milioni di euro per l'accesso agli stessi servizi per la durata di un anno, ma non ha ancora indicato quale società ha vinto il contratto e non ha fornito a Privacy International alcun aggiornamento”, è la sintesi degli attivisti, la cui richiesta di trasparenza è stata disattesa.

Tuttavia, più che la carenza di informazioni sul progetto pilota, a preoccupare Privacy International sono le potenziali conseguenze della nuova attività di monitoraggio dei mari. “I telefoni satellitari sono dispositivi salvavita che vengono utilizzati regolarmente dalle persone in difficoltà sulle barche nel Mediterraneo per allertare le autorità e le ong al fine di ricevere aiuto”, spiegano gli attivisti. “Quindi, in teoria, essere in grado di localizzare questi segnali salverà delle vite”.

Peccato che “tale sorveglianza può essere utilizzata anche per facilitare il ritorno dei migranti nel Mediterraneo verso i Paesi da cui sono partiti”. Insomma, il monitoraggio può servire a intercettare le imbarcazioni quando sono ancora nelle acque della Libia - il principale Paese di provenienza dei migranti che passano per la rotta del Mediterraneo centrale nella speranza di raggiungere l’Italia e l’Europa - e riportarle indietro. Il destino dei migranti a quel punto sarebbe nelle mani della cosiddetta Guardia costiera libica, più volte finita nel mirino per i suoi metodi violenti e le collusioni con gruppi paramilitari.

Invece che “fare affidamento su una costosa sorveglianza spaziale e sulla cooperazione di una milizia statale coinvolta in violazioni dei diritti umani, la priorità umanitaria deve essere quella di garantire che esistano passaggi sicuri”, è l’accusa finale degli attivisti. Un’alternativa che, secondo Privacy International, convincerebbe le persone a “non rischiare la vita intraprendendo viaggi pericolosi”.

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