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Venerdì, 29 Marzo 2024
Laicità e diritti / Francia

Donne in piscina con il burkini, ma anche a seno nudo: polemiche in Francia

Il Comune di Grenoble ha autorizzato il costume usato per ragioni religiose. Ma che nel resto del Paese, è vietato nel nome dell'igiene

Il dibattito sul burkini, il costume da bagno utilizzato dalla donne musulmane per coprire il corpo intero (a eccezione di viso, mani e piedi), continua a dividere la Francia. A riaccendere le polemiche è stata la decisione del consiglio comunale di Grenoble, nel sud-est del Paese, che ha adottato a stretta maggioranza un'ordinanza che autorizza a indossare il burkini nelle piscine comunali.

L'atto, voluto dalla maggioranza verde-rosso-civica guidata dal sindaco ecologista Eric Piolle, ha subito fatto scattare la reazione di quella parte del Paese che da tempo chiede di vietare il burkini in quanto accusato di violare la laicità dello Stato e i diritti delle donne. Nel 2016, dopo la scia di attentati che aveva colpito la Francia, alcune amministrazioni locali avevano emesso delle ordinanze per vietarne l'uso nei luoghi pubblici: il divieto era stato giustificato dai presunti rischi per l'ordine pubblico, ma una sentenza del Consiglio di Stato aveva costretto i Comuni interessati a fare marcia indietro. La legge francese, in effetti, vieta qualsiasi accessorio che copra il viso delle persone nei luoghi pubblici per ragioni di sicurezza, ma il burkini lascia scoperto il volto. 

La lotta al costume caro alle musulmane più ortodosse, però, non si è mai fermata, spinta sia dalla destra di Marine Le Pen, che dai moderati, compresi l'ex premier francese Manuel Valls. L'escamotage trovato da gran parte delle amministrazioni locali per aggirare la sentenza del Consiglio di Stato è stato di interdire il burkini nelle piscine pubbliche motivando tale divieto non nel nome dell'ordine pubblico, ma per ragioni di igiene (al pari, per esempio, dei bermuda degli uomini) o perché tale costume renderebbe più difficili i soccorsi in caso di annegamento di chi lo indossa. Motivazioni che secondo Alliance Citoyenne, associazione che si batte per i diritti delle donne musulmane e che ha spinto per il provvedimento adottato a Grenoble, sarebbero basate su falsi assunti: "Studi indipendenti hanno dimostrato che la lunghezza di un costume da bagno non determina la sua natura antigienica, e che le difficoltà potenzialmente incontrate dai soccorritori in caso di annegamento sono le stesse" a prescindere se la persona soccorsa indossi un normale costume o il burkini.

Per queste ragioni, il sindaco di Grenoble Piolle ha rivendicato l'ok al burkini nel nome del "femminismo", della "salute" e della "laicità". Inoltre, Piolle ha ricordato che la misura in questione prevede anche la possibilità per le donne di fare il bagno a seno nudo. Ma la Regione di Isère (di cui fa parte Grenoble) e governo potrebbero ribaltare il provvedimento. Il presidente della Regione, Laurent Wauquiez, espressione del centrodestra, ha annunciato che di fronte a questo atto "di separatismo" sospenderà con disposizione immediata tutte le sovvenzioni al Comune di Grenoble. Il prefetto, dal canto suo, ha detto che ricorrerà al Tar su disposizione del ministro dell'Interno, Gérald Darmanin. 

Le posizioni anti-burkini, secondo diversi esperti, si scontrano però contro le stesse leggi francesi. Il regolamento per i servizi pubblici prevede che gli utenti "hanno il diritto di esprimere le proprie convinzioni religiose nei limiti del rispetto del loro corretto funzionamento e degli imperativi di sicurezza, salute e igiene". Come abbiamo visto, la questione sicurezza è stata già bocciata dal Consiglio di Stato, e anche le remore su salute e igiene sembrano deboli. Del resto, già in un Comune francese, per la precisione a Rennes, dal 2018 il burkini è autorizzato. Ci sarebbe anche la questione della decenza: su questo, forse, i margini per bloccare il provvedimento del Comune di Grenoble ci sono. Ma non per il burkini, quanto per l'autorizzazione al topless.

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