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Giovedì, 28 Marzo 2024
Due pesi e due misure / Polonia

I due confini polacchi: uno aperto per gli ucraini, nell'altro un muro per gli altri rifugiati

Varsavia sta accogliendo milioni di persone in fuga dalla guerra, ma non ha fatto lo stesso con i profughi mediorientali che arrivavano dalla Bielorussia

La Polonia è uno Stato di frontiera dell’Unione europea, nel senso che parte dei suoi confini terrestri “affacciano” su Paesi non-membri. Nella fattispecie, il confine orientale è condiviso con Ucraina e Bielorussia. E queste due frontiere sono lo specchio della politica dell'accoglienza di Varsavia. Mentre uno e aperto e i rifugiati ucraini sono accolti calorosamente, nell'altro c'è un muro per bloccare i profughi (in larga parte mediorientali) che arrivano dalle foreste bielorusse.

Infatti, il governo polacco ha avviato la costruzione di una barriera con tanto di filo spinato per tenerli fuori.

Come ricorda Politico, sono già oltre 2 milioni e mezzo gli ucraini che hanno attraversato il confine polacco per scappare dalla guerra. Varsavia si è dimostrata estremamente disponibile nell’accoglienza di questa massa di rifugiati, al punto che alcuni analisti stanno iniziando a domandarsi se la Polonia abbia le risorse necessarie per mantenere nel proprio territorio tutte queste persone per un periodo di tempo indefinito.

Si è trattata di una pulsione di solidarietà inusuale, per uno dei governi da sempre più restio all'accoglienza di chi scappa da fame o guerre. Anche i cittadini a migliaia si sono recati al confine con l’Ucraina per portare cibo e altri aiuti, caricandosi personalmente nei veicoli i profughi. Le autorità di Varsavia hanno incentivato l’atteggiamento accogliente dei polacchi, incassando i dividendi politici di una mossa che le ha messe sotto una luce migliore a Bruxelles (dove il Pnrr polacco è ancora bloccato a causa delle violazioni degli standard democratici Ue).

E, nel quadro della risposta europea all’emergenza della guerra, i profughi ucraini possono rimanere in Polonia e lavorare fino a 18 mesi (prorogabili), possono usare gratuitamente i mezzi pubblici e hanno accesso al sistema sanitario e a sussidi per i minori. L’Ue ha garantito ai rifugiati dall’Ucraina uno status di protezione speciale per 3 anni.

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Ma il trattamento riservato ad altri profughi, sull’altro confine esterno della Polonia, è diametralmente opposto. La frontiera è sorvegliata da migliaia di guardie di confine, agenti di polizia e militari. Ed il governo sta accelerando i lavori per completare una recinzione di metallo e filo spinato lunga oltre 186 chilometri, avviata lo scorso ottobre e che deve diventare “impenetrabile”.

Quando lo scorso autunno il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha invitato decine di migliaia di profughi mediorientali nel proprio Paese per poi spingerli verso i confini Ue, gli Stati membri limitrofi (Polonia, Lettonia e Lituania) hanno risposto chiudendo le frontiere. E non sono mancati i respingimenti illegali, con le autorità polacche che spesso non prendevano neanche in carico le richieste di asilo. Ora la tensione si è allentata e la maggior parte dei migranti sono stati rimpatriati da Minsk, ma ce ne sono ancora lungo il confine, dove hanno passato l’inverno.

Qual è la differenza? Per Stanislaw Zaryn, portavoce del ministero dei Servizi speciali, quello che arriva dalla Bielorussia è “un movimento migratorio artificiale creato dal regime di Lukashenko e orchestrato dai servizi bielorussi”, che è “diverso dal movimento di coloro che fuggono dalla guerra condotta dalla Russia contro l’Ucraina”.

Una spiegazione che però non convince l’opposizione. Janina Ochojska, eurodeputata del Partito popolare europeo (che osteggia il partito di governo polacco, l’ultra-nazionalista PiS, che siede con Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e riformisti), ha parlato di una “grossolana ipocrisia”. Secondo lei, la differenza sta nel fatto che gli ucraini sono “bianchi, cristiani e parlano una lingua simile”, al contrario dei profughi iracheni, siriani, afgani e yemeniti che arrivavano dalla Bielorussia.

Le autorità di Varsavia negano anche le pratiche illegali di respingimento: “Se troviamo dei migranti li aiutiamo, non ci sono respingimenti. Se qualcuno vuole chiedere di rimanere in Polonia, lo accettiamo”, ha dichiarato Anna Michalska, portavoce della guardia di frontiera polacca. “Ma la maggior parte di queste persone vuole solo andare in Germania. Vogliono i benefici che ci sono lì. Non siamo un servizio di taxi”.

Ochojska ha smentito anche questa versione. “Abbiamo visto tre siriani respinti otto volte dalle guardie di frontiera polacche”, ha detto. “Stavano chiedendo, in dichiarazioni scritte in polacco, asilo in Polonia. Abbiamo chiamato le guardie di confine e loro sono venuti, ci hanno spinto da una parte, hanno preso i passaporti di quelle persone e le hanno portate via in un camion”, ha aggiunto. “Il giorno dopo il portavoce della guardia di frontiera ha negato che avessero avuto i documenti”.

La guardia di frontiera ha detto che l’anno scorso ha arrestato 2.744 immigrati illegali e ha impedito 33.776 tentativi di attraversare il confine bielorusso. Secondo gli attivisti, oltre 20 persone sono morte tentando la traversata. Droni, telecamere a infrarossi, elicotteri e circa 13mila soldati pattugliano il muro.

Dall’altra parte del filo spinato, chi aiuta i migranti mediorientali a varcare la frontiera viene arrestato e rischia diversi anni di reclusione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (con l’area chiusa a giornalisti e gruppi per la tutela dei diritti umani). E continuano i respingimenti verso un Paese che la Russia usa come base per gli attacchi in Ucraina. Mentre, sull’altro confine, i volontari che aiutano gli ucraini a fare lo stesso sono lodati dal governo, e i militari polacchi forniscono aiuto e materiale ai rifugiati.

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