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Giovedì, 28 Marzo 2024
La storia

Come la Svizzera ha salvato dai talebani la squadra femminile di ciclismo

Fondamentale l'iniziativa dell'Unione internazionale e il supporto dello Stato elvetico. In tutto fatte fuggire dal Paese 38 persone

Nonostante ormai i talebani abbiano ormai il totale controllo dell'Afghanistan e tutte le truppe stranuiere siano da tempo fuori dal paese, continuano i tentativi di salvare dal regime islamico quante più persone, e soprattutto donne possibile. Anche il mondo dello sport sta provando a fare la sua parte. David Lappartient, Presidente dell'Unione Ciclistica Internazionale (Uci) e Philippe Leuba, consigliere del cantone Valdese della Svizzera, sono riusciti a mettere in salvo e a far fuggire dall’Afghanistan 38 persone tra cui ventuno membri della squadra di ciclismo femminile. Il piano è andato a buon fine grazie all'appoggio della confederazione che, a differenza di altri Paesi si è distinto per la sua velocità ed efficacia e ha concesso asilo politico ai rifugiati. Secondo il capo dell'Uci l'iniziativa è stata un successo grazie all'"agilità che la diplomazia di un Paese non può avere".

Grazie all’operazione, inizialmente ideata per salvare le atlete, sono stati evacuanti anche un giudice incaricato di indagare sugli abusi sessuali in Afghanistan, diplomatici, giornalisti, difensori dei diritti umani, artisti e un pianista di appena 13 anni. Nell’epopea, iniziata il 16 agosto scorso, sono stati coinvolti un filantropo canadese-israeliano, la Fifa (la Federazione Internazionale di Calcio), alcuni paesi del Medio Oriente e tre consiglieri federali svizzeri. Durante il lungo e surreale viaggio alcuni dei protagonisti della vicenda hanno rischiato la loro vita, due uomini hanno finto di essere gli zii di due minori non accompagnati e i premi assicurativi sono stati triplicati affinché l'aereo potesse decollare da un aeroporto senza controllo del traffico aereo.

“Sono stato coinvolto perché avevamo un’atleta al Centro Mondiale di Ciclismo, Masomah Ali Zada, che è andata alle Olimpiadi con la squadra dei rifugiati. È diventata l'emblema della lotta delle donne afgane", ha raccontato Lappartient a La Tribune de Genève. "Prima delle Olimpiadi di Tokyo, quando abbiamo parlato con il suo allenatore questa estate, abbiamo capito che era stressata. I talebani stavano cominciando ad avanzare e a conquistare tutte le province dell'Afghanistan. Una volta che gli americani hanno annunciato la loro partenza, non sarebbe durato molto tempo prima che Kabul cadesse. Sua sorella era ancora lì, con suo marito e i loro due figli. È stato allora che ho iniziato a intervenire”, ha spiegato.

Preoccupato e angosciato per il futuro delle cicliste ha deciso di lanciarsi in quest’impresa per salvare la vita e la carriera delle atlete con l’aiuto di Philippe Leuba. Le operazioni sono state estremamente complicate e hanno coinvolto decine di persone. “Sylvan Adams, il proprietario del team Israel Start-Up Nation, mi ha informato di un'operazione in corso. Ho subito chiesto cosa si poteva fare", ha detto Lappartient. “Attraverso la federazione ciclistica afgana, ho avuto accesso a una lista di persone, soprattutto ciclisti donne, che dovevano essere evacuati perché erano in pericolo. All'inizio avevamo 35 posti. L'operazione si è trascinata e abbiamo pensato a come farli uscire dal paese, sapendo che le frontiere erano chiuse", ha raccontato, ricordando di essere "un consigliere di stato non un diplomatico e non lavoro per le Ong, questo non è il mio lavoro. Non so come far uscire la gente dall'Afghanistan”.

Le ragazze, assieme ad un altro centinaio di persone sono riuscite a lasciare la nazione controllata dai talebani grazie all’autorizzazione di imbarco datagli da uno Stato confinante, sono poi sbarcate in Albania e, una volta arrivate all’aeroporto di Tirana, sono state raggiunte dal consigliere valdese che ha passato lì cinque giorni prima di riuscire a far imbarcare 38 persone, tra cui le 21 atlete della federazione ciclistica, in un volo EasyJet diretto in Svizzera.

Ora i rifugiati si trovano tutti in centri di accoglienza e le atlete si uniranno presto al Centro Mondiale di Ciclismo per poter continuare i loro allenamenti. "C'è un vero progetto di integrazione attraverso lo sport. L'Evam (stabilimento valdese per l’accoglienza dei migranti, ndr), a Losanna, è stato messo a disposizione per assicurare la loro integrazione nello stile di vita occidentale”, ha affermato il presidente dell’Uci dicendo di sognare che il prossimo anno la squadra afgana possa partecipare al Giro di Romandie femminile.

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